NOTTI D’INVERNO
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Succede. Specialmente nelle lunghe e fredde sere d’inverno. In quei momenti che precedono il sonno e la mente è finalmente libera di vagare nell’infinito dei ricordi. Ed è allora che si riscoprono emozioni seppellite dal tempo e consumate dalla vita che scorre. Storie semplici, come quella di un bambino che dorme nella “stua” di una casa in mezzo ai monti. Nel cuore della notte apre gli occhi e scende dal “fornel”. Tre passi ed è alla finestra che ha la vista sulla val Cordevole. Si appoggia con i gomiti sul davanzale di legno e scosta la tenda a fiori. Tende l’orecchio, ed in quel silenzio sente lo scorrere del Ru da Ghisel dall’altra parte della valle. Lo sguardo corre oltre i rami rinsecchiti del ciliegio e vede la sagoma scura ed enorme del Pelsa. Nel cielo limpido di gennaio un’infinità di stelle. Un quarto di luna illumina le cime di Ambrusogn imbiancate dalla neve. Il “fornel” è ancora tiepido ed emana il suo calore così diverso da quello dei termosifoni delle case di città. Fuori, i larici di fianco al tabià ondeggiano leggermente, spinti dal vento freddo che scende dalle cime circostanti. Il bambino decide di ritornare al caldo sul “fornel”, si infila sotto il piumone ed osserva la forma scura dell’abete i cui rami sfiorano i vetri dell’altra finestra della stua. L’oscillare ipnotico del grande albero rapisce la mente del piccolo. Che lentamente scivola nei sogni. Quelli stessi sogni che ancora accompagnano quel bambino, che nel frattempo è cresciuto ed ormai ha la barba bianca. Ma che ogni sera, prima di dormire, si perde nel ricordo di quelle notti lontane passate fra le mura di quella casa in mezzo ai monti.