INIZIO D’ESTATE…(pensieri a caso)
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Il bagagliaio della Ritmo, al termine del carico della merce necessaria al trasferimento estivo in agordino, era un esercizio di stile. Un mosaico perfetto. Un Tetris di pregevole fattura. Era preciso papà, forse caricare la Ritmo lo considerava un pò come uno di quei giochi della Settimana Enigmistica dove ogni cosa doveva avere necessariamente il suo posto preciso. La TV Mivar nell’angolo destro con il monitor girato contro il retro del sedile e a fianco la grande valigia color vinaccia. Poi la borsa nera da palestra ed i sacchetti dell’Eurospar con i giochi e i miei libri preferiti. Portavo con me le fondamentali macchinine, il pallone Super Tele e gli inseparabili Lego. Nella borsa dei libri era presente “Il grande Libro del Sapere” che era un volume enorme con la copertina gialla e che conteneva tutto il sapere umano utile ad un bambino: la geografia con l’Unione Sovietica e la Jugoslavia, un po’ di storia ma non troppa, parecchia astronomia con le avventure lunari che leggevo e rileggevo. E poi gli animali, da quelli più grandi a quelli più piccoli. E fra tutti gli animali proposti quello che preferivo era il capodoglio. Poi c’era qualche libro più specifico utile a soddisfare le mie curiosità; un volume prettamente fotografico che aveva come tema le Dolomiti, il Manuale delle Giovani Marmotte ed un altro che spiegava la geografia italiana, con i nomi delle catene montuose ed i fiumi più lunghi ed importanti. C’erano descritte le Alpi Graie ed Orobiche, le Dolomiti le saltavo perché le potevo ammirare uscendo di casa. Infine le Alpi Giulie ed il Carso. Oltre il Carso, l’ignoto. Nella classifica dei fiumi ovviamente “vinceva” il Po. Ma anche il Piave che lambiva Belluno non se la cavava affatto male con i suoi duecentoventi chilometri di percorso che attraversava l’intero Veneto. E poi il Piave aveva la sua Storia gloriosa a renderlo importante, forse il più importante di tutti. Fiume Sacro alla Patria, e la maestra questa definizione la pronunciava con una certa enfasi. Un ultimo sguardo all’ineguagliabile bagagliaio divenuto mosaico e papà metteva in moto la Ritmo. Aveva una voce seria e cupa la Ritmo grigia. E sessanta forzuti cavalli per trasportare noi e l’indispensabile mercanzia delle vacanze. Pareva davvero di mettersi in viaggio, con mamma e papà che si mettevano le cinture di sicurezza anche se ancora non erano obbligatorie. Dopo l’incrocio della Baita l’asfalto tremolava mentre papà scaricava i sessanta cavalli lungo la salita di Mussoi. Era triste la Ritmo. Severa. Con quella voce profonda ed il caratteristico “uuhhhhhh” che poi era il cambio che produceva quell’inconfodibile suono. Me lo spiegò Toni Meccanico una volta che eravamo in officina a cambiare l’olio e registrare le punterie. Lo ascoltavo attento e guardavo ammirato le sue mani robuste che frugavano sicure nel motore. E pensavo che sarebbe piaciuto anche a me fare il suo lavoro. La Ritmo era la macchina che ci portava al mare a Bibione, che quello sì era viaggio serio, dei matrimoni vestiti bene e di qualche funerale. La Ritmo era l’esatto opposto della 127 color del cielo: un po’ come mettere a confronto l’arte funeraria con l’allegro stile liberty. Si respirava allegria nella 127 color del cielo lanciata a manetta sull’asfalto della 203 con i deflettori aperti che facevano entrare il buon profumo dell’erba appena tagliata a Candaten. Era bello ascoltare la sua voce grintosa e ribelle lungo la “Riva dei Castei”. C’era vita nella 127 con i sedili neri che ustionavano le cosce. La Ritmo invece aveva il sedili beige e quelli anteriori per un periodo furono ricoperti dagli iconici copri-sedili a palline di legno per non sudare. Che mica c’era il climatizzatore e a Cencenighe si scendeva che sembravamo usciti da un altoforno, iper-sudati e felici. E bisognava correre in casa a cambiarci che “varda de no ciapà aria che tes sudà”. Arrivati a “Cence” papà provvedeva a disfare quel mosaico che aveva creato nel bagagliaio della Ritmo. Operava con perizia e metodo, forse un pò gli dispiaceva distruggere la sua pregevole opera d’arte. Io invece non ero triste, anzi! La chiusura del portellone della Ritmo era il primo ciack del film di un’estate anni’80 tutta da vivere. E che non avrei dimenticato mai più…Magiche Dolomiti!!