STORIE ANNI ’80 – LA PEGNATA A PRESION
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C’era la drammatica e cruda realtà del lesso che si materializzava allo scoccare dell’ora di cena. Che veniva superata in tragicità solamente da altri due terribili piatti: il brasato e la “panada”. Ma il lesso era il lesso. Triste, austero cibo di parecchie sere d’inverno. Quando, aldilà dei vetri, la strada ghiacciata rifletteva la luce dei lampioni e in cucina andava svanendo il vapore del ferro da stiro. E il profumo dell’appretto veniva in breve sostituito da quello del brodo. Luce giallina di lampadina a filamento da 60 Watt e note d’arpa che suonavano la musica dell’intervallo RAI che proveniva dalla TV Grundig in bianco e nero. Quella nera con le due antenne ed i tasti posti sul retro. Che per cambiare canale occorreva un estremo gesto di contorsionismo. E poi i compiti da terminare: un problema di aritmetica ancora da risolvere, un disegno da finire di colorare. Mentre, sotto la “pegnata a presion”, la fiamma blu del gas riscaldava il malinconico cibo che, di lì a poco, avrebbe fatto bella mostra di sé, sformato e fumante, nel vassoio al centro della tavola. Oltre, nella scala della tristezza culinaria, soltanto la “panada”: ovvero quella densa brodaglia capace di scatenare gesti inconsulti, sia verbali che fisici. Già, la “panada”: certe sere il fischio della valvola arrivava improvviso poco dopo le diciannove. Seguito dal richiamo perentorio della mamma. “…le pronto…vegnì a magnà…” Entravo in cucina e la “pegnata a presion” era ancora appoggiata sopra il fornello ormai spento. Era lei la protagonista di quelle tristi cene d’inverno. Muta sfinge d’acciaio, impassibile e severa. Incuteva una certa soggezione alimentata da cupe leggende urbane che si tramandavano di casalinga in casalinga. Si narrava di fragorose e terribili esplosioni che nemmeno le bombe sganciate sul Carso durante la Grande Guerra avevano sortito tali effetti nefasti. Si raccontava di giovani madri dilaniate da schegge di acciaio inox 18/10, che le pubblicità ti martoriavano continuamente con questo prodigioso inox 18/10. E poi ustioni da fuoriuscita di minestroni a centoventitrè gradi. Era un oggetto da maneggiare con estrema cura, con l’apertura del coperchio che assomigliava al disinnesco di un ordigno bellico inesploso. Chissà cosa conteneva la “pegnata a presion”, mi chiedevo perdendomi in mille fantasie. Forse l’ancora accettabile passato di verdure. Oppure l’avvilente “menestron da fasoi”. C’era sicuramente qualcosa di liquido, perché in tavola c’erano i piatti fondi ed i cucchiai. Poteva anche essere la terrificante”panada”, la più orrenda condanna culinaria. Solo la mamma era la silenziosa custode del grande segreto. Poi, appena seduti a tavola, il momento solenne dell’apertura del coperchio. Pochi istanti ed il mestolo, anch’esso di acciaio inox 18/10, affondava in quella densa poltiglia beige. Era “panada”. E la disperazione prendeva il sopravvento mentre nella TV in bianco e nero partiva la sigla del Tg di TeleBelluno. “…dai magna…” diceva la mamma con voce suadente. E con la prima cucchiaiata era subito ustione a palato ed esofago. Ero stoico nel trattenere le lacrime di disperazione mentre tentavo di nutrirmi di quella poltiglia fumante e semiliquida. In cucina si udivano solo i soffi sui cucchiai roventi e in sottofondo le notizie del tg locale. Al secondo lamento giungeva un drastico “…dai tasi che hai da scoltà le notizie…”. Ed allora, con estremo atto di coraggio misto a rassegnazione, mi accingevo a porre fine al crudele supplizio della “panada”, immaginando che come premio facesse la sua comparsa in tavola un secondo da acquolina in bocca. Ed invece, mentre il tg di TeleBelluno era ormai giunto alle notizie sportive, arrivava la frase che poneva crudelmente fine ad ogni illusione. “…inte frigo le formai se te vol…” Momenti tristi, pregni di una malinconia grigia come i vetri appannati della finestra della cucina. Mi alzavo e andavo alla finestra: c’era sentore di neve. Pulivo il vetro dalla condensa e di colpo svaniva la tristezza della cena. Ritornavano euforia e sorrisi. “…el filiskèa…” . E così passavo qualche minuto alla finestra ad ammirare i primi fiocchi di neve che subito imbiancavano strade e cortili. Erano attimi di felicità vera e pura. Ed alla “pegnata a presion”, e al dramma culinario che avrebbe inevitabilmente contenuto, ci avrei pensato la sera successiva.