I PAVARUOI 1983
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SAN TOMASO Sabato. Il fornel della casa dei nonni sprigionava calore come un’altoforno. La cucina economica aveva i cerchi roventi ed i camini di Col Zaresè fumavano come le ciminiere del Titanic alla massima potenza. Ero al caldo sul fornel quando, all’imbrunire, papà disse “…dai pareceve che don a vede i pavarui a Cence…” . Mamma disse “…no vegne, le masa fret…” Io e mio fratello ci vestimmo per bene e ci preparammo all’uscita. Mi piaceva l’idea di andare a vedere questi pavarui, ed uscire al buio con quel freddo aveva il sapore di una piccola avventura. Appena fuori di casa, oltre al gelo, si materializzò uno splendido spettacolo. Sopra le cime del Pelsa un tripudio di stelle pianeti e costellazioni. Pareva di poterle toccare tutte quelle luci che decoravano il cielo perfettamente limpido. Salimmo “su inte stradon” alla luce della pila. Non c’era nessun lampione allora, solo un piatto di ferro con una lampadina da 30 Watt sopra la “brenta”. La neve ghiacciata scricchiolava sotto le scarpe ad ogni passo mentre il filo d’acqua che usciva dal tubo di ferro andava ghiacciandosi pressoché istantaneamente, formando astratte sculture di ghiaccio. La luce stanca della lampadina si divideva in infiniti bagliori illuminando quelle strane opere d’arte che il gelo scolpiva con tanta maestria. Salimmo in macchina, papà armeggiò con l’aria e la Ritmo con un rantolo si mise in moto. Scendemmo per pochi minuti lungo la provinciale e ci fermammo sotto a Balestier, alla curva delle “crepe”. Ci chiudemmo bene le giacche a vento e poi affrontiamo di nuovo il gelo. Faceva male il freddo quella sera. Bucava giacche maglioni e guanti come se nemmeno li avessimo avuti addosso. Eravamo vicini ai -20 gradi. Ormai era buio ed i grandi falò andavano man mano accendendosi. Ai “Canet”, a Foch, ad Avoscan. E poi a “Camp”, a “Prademez” e Martin. Ed ancora più su, quasi ad volersi unire a quelle infinite e lucenti stelle. Si scorgevano i fuochi fin sulle cime dello “Spiz de Medodì” e della “Zima de Pape”. Pensai a quanto freddo doveva esserci lassù, che già dove eravamo noi dovevamo battere i piedi per scaldarci. Fu un gran spettacolo, il degno finale delle feste natalizie. Poi i falò iniziarono a scemare e la Ritmo ci riportò a scongelarci a San Tomaso. Una breve sosta sul fornel e poi ci preparammo per il ritorno a Belluno. Le vacanze di Natale erano terminate. Auto con gli sci sul tetto iniziavano una lenta discesa lungo la 203. Il serpente di fari prendeva la via della pianura mentre una notte di gelo scendeva sui paesi. Ancora poche ore e le luminarie di Natale si sarebbero spente. Rimanevano i camini fumanti ed i profondi silenzi dell’inverno.
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