CHEL DAL CAMION
AUDIO
Delivery…take away…espressioni in inglese che vanno tanto di moda in questi tempi bui. Sembra tutto inventato di recente, ed invece poco è cambiato da quei gioiosi e liberi giorni d’estate anni ’80 vissuti a San Tomaso. Non c’erano parole inglesi presenti in ogni frase e non c’era internet. E non c’era nemmeno il “delivery”. C’era invece “chel dal camion”, che era praticamente la stessa cosa. In dialetto però, e senza online. Non ti arrivava la notifica sullo smartphone, era invece un lungo suonare di clacson ad annunciare l’arrivo imminente de “chel dal camion”. Che null’altro era che un venditore ambulante di generi alimentari. Solitamente arrivava da nord clacsonando vigorosamente scendendo lungo la provinciale. Era la nonna la depositaria di giorno ed ora di arrivo de “chel dal camion”. Per me rimaneva un mistero il giorno della sua venuta, in quanto lassù perdevo la cognizione dei giorni della settimana. Solo la domenica era riconoscibile, perché papà passava a trovarci. A metà pomeriggio mi spediva di guardia “su in te stradon”, con l’orecchio teso a captare il suo arrivo. Mi sedevo sulla cordonata della strada ed aspettavo pazientemente. Poi, nel silenzio di quei pomeriggi estivi, ecco il segnale; beeeepppp….beeeeepppp….”nona nona…ven sù, cori che le chel dal camion!!!”. Così, mentre la nonna saliva velocemente la scalinata, il venditore parcheggiava il suo camion a lato della strada, apriva il portellone a destra e le anziane iniziavano a contrattare. Ed io ero contento, perché sapevo che la nonna avrebbe comprato sicuramente qualcosa di buono per me. Perché la spesa da “chel dal camion” non era in fondo una spesa di generi di prima necessità. Pane farina ed olio, ad esempio, venivano acquistati a Cencenighe. Per la verdura c’erano l’orto ed i campi, per il latte c’era la vacca e per la carne c’era il congelatore in cantina sempre ben fornito di carne a “Km zero”. “Chel dal camion” rappresentava un po’ lo sfizio culinario di quei tempi semplici e genuini. La noce di cocco, i bagigi, l’ananas, le albicocche che mi piacevano un sacco. E poi le patatine e la cioccolata bianca con il riso soffiato e le nocciole. Dopo una ventina di minuti il venditore ambulante richiudeva il portellone, salutava le signore e ripartiva in discesa per raggiungere chissà quale mèta, chissà quale paese. Noi invece scendevamo la scalinata con una “sportola” a testa, pregustando la prossima scorpacciata di quelle golose e semplici leccornie. Giorni semplici. Giorni belli. Giorni lontani…Magiche Dolomiti!!