KM 21.070
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Appena superata La Muda iniziavo ad annusare l’aria dell’Agordino. Superato il ponte del Torner mi aggrappavo al sedile e guardavo le gallerie del treno dall’altra parte del Cordevole. Spesso chiedevo di quella ferrovia che mai avevo visto in funzione e sempre ricevevo una paziente spiegazione. Eppure continuava a sembrarmi impossibile che di là potesse essere passato un treno. Intanto la 127 color del cielo ringhiava rabbiosa lungo la salita dei Castei. Superavamo a bomba il dosso sotto i paravalanghe verdi ed in un attimo arrivavamo alla casa cantoniera. Frenata e scalata di una marcia ed imboccavamo quel ponte che per me era la vera “porta” d’ingresso dell’Agordino. Poi, alla fine del ponte, scalata in seconda e curva a sinistra in accelerazione. Che il rettilineo successivo era buono per fare i sorpassi. Ma d’estate, quanto descritto fin qui non accadeva mai. Attraversare quella “porta” esigeva il pagamento di un prezzo salato: l’ingorgo. Ed ecco allora che lungo la salita dei Castei si materializzava il più terribile incubo automobilistico: la corriera. Non quella di linea, che gli autisti bellunesi passavano veloci nella gola, incuranti del baratro che si apriva a bordo strada. L’incubo, preceduto da una nube nera di gasolio, era la corriera dei villeggianti. Che c’era sempre. E così si saliva lungo la “riva” a 30 km/h, con la tenue speranza di non doversi fermare prima del ponte. Ed invece, al km 21.070 lo stop diventava una crudele certezza. E guardavo i passeggeri sulla corriera trattenere il fiato mentre l’autista tentava di prendere una decisione. Il formarsi del temuto ingorgo era questione di attimi. Le ventole posteriori del pullman soffiavano aria calda nella 127 con i finestrini aperti. E così, oltre al caldo, saliva pure il nervosismo. Ed erano pacche sui sottili volanti in bachelite ed imprecazioni di vario tenore e genere, che cambiavano di tono in base al livello di fretta che avevano gli automobilisti. Intanto l’autista della corriera iniziava un dialogo a colpi di fanali con la colonna ferma dall’altra parte del ponte. Passo io, passi tu. E non passava nessuno. Momenti che parevano eterni, con il canto del Cordevole che veniva sovrastato da un concerto di clacson e trombe bitonali, mentre dai finestrini aperti delle auto ferme usciva fumo di sigarette fumate nervosamente. Solo i gerani rossi e bianchi posati sui davanzali della cantoniera ingentilivano quell’ambiente divenuto rovente. Poi, quando l’esaperazione era giunta a livello di guardia, accadeva il miracolo. L’autista gettava il cuore oltre l’ostacolo e dava inizio all’ardita manovra. Osservavo lo sbracciarsi sull’enorme volante di quel bus dotato di un preistorico servosterzo. Invadendo entrambe le corsie finalmente la corriera superava la curva di uscita del ponte. Pian piano il nervosismo calava e ricominciava la corsa lungo l’Agordina. La fatidica “porta” era ormai superata e si correva sotto montagne che diventavano sempre più alte e possenti. Un quarto d’ora e saremmo arrivati a “Cence”. A continuare il sogno di un’estate da trascorrere fra le Magiche Dolomiti!!