LA GITA “DE LA CORIERA”
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All’incirca a metà delle vacanze estive trascorse a San Tomaso c’era la gita “de la coriera”. L’allora giovane azienda di trasporto locale d’estate organizzava delle gite che avevano come mète le classiche località turistiche delle Dolomiti. Il lago di Braies oppure di Misurina. E le cittadine dell’Alto Adige, come ad esempio Ortisei o Merano oppure Bolzano o Bressanone. Raggiunte rigorosamente valicando i passi. Erano gite allegre e tragicomiche che ricordo con piacere. Non c’era internet, così il biglietto bisognava acquistarlo a Cencenighe un po’ di tempo prima. Poi, il giorno stabilito, una improbabile levataccia segnava l’inizio di una giornata da ricordare. Camminata veloce all’alba da San Tomaso a Cencenighe ad aspettare la corriera che ci avrebbe condotti in qualche meravigliosa località alto-atesina. Solitamente il primo passo da superare era il Falzarego. E fino al bivio di Rucavà tutto procedeva bene. Poi, dopo le prime manovre nei tornanti, iniziavano i malori. Che gli anziani di allora riuscivano a nascondere con grande dignità. In cima ci si fermava per tirare il fiato e comprare qualche gadget tipo un portachiavi con impresse le Tofane oppure una cartolina con scritto Passo Falzarego. Poi si procedeva verso l’agognata mèta. Mi piaceva ammirare quelle grandi montagne a me ancora sconosciute. E mi piaceva pure guardare l’autista impegnato nel continuo girare il volante e cambiare le marce. Non c’erano gli smartphone. Nella corriera c’era soltanto il “sisolare” delle nonne che dicevano ai nipoti di non fare confusione. Che l’autista doveva guidare e non doveva essere distratto. A quei tempi esisteva ancora la parola rispetto. Poi si arrivava a destinazione. Visita alla cittadina, acquisto di una cartolina da spedire a casa e pranzo al sacco con panini e Coca-Cola. Nel pomeriggio il ritorno. Con gli identici ed immaginabili malori dell’andata durante le discese dai passi. Che una volta rimanemmo quasi senza freni a Cernadoi. Gran puzza di bruciato nella corriera e l’autista che disse serafico: “sion en cin senza freni, ma se dovaria rivà du”. E tutti eravamo tranquilli e composti. Perché l’autista, a quei tempi, era un’autorità rispettata e di lui si aveva una fiducia cieca. Ed infatti arrivammo a Caprile sani e salvi. Si arrivava a casa poco prima di cena, con lo stomaco in subbuglio e gli occhi pieni di montagne da raccontare e ricordare per sempre. Momenti di vita semplice. Allegri ricordi di giorni lontani a spasso fra le magiche Dolomiti!!!