“…EL Dì DEI SECH…”
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Fine agosto 2008. L’orologio del campanile di Cencenighe batte le quattro del mattino. Mi alzo senza problemi perché oggi è un gran giorno. Il giorno del Troi dei Sech sul monte Pelsa. Sono anni che ce l’ho in testa. Ne ho sempre sentito parlare, su internet in molti lo sconsigliano, soprattutto in discesa. La curiosità di percorrerlo è tanta. Salirò con mio padre, che del Pelsa conosce praticamente ogni angolo. Alle quattro e mezza parcheggiamo ai “Bastiegn” e dopo un quarto d’ora siamo al Bricol. Diceva Mario Rigoni Stern che appena prima dell’alba, le rocce, gli alberi e la natura in generale abbiano un fremito. Un brivido che possiamo sentire anche noi uomini. Ed aveva ragione, perché in quei momenti alla base del Pelsa ho potuto vivere questa emozione. Arriviamo veloci alla Roa Bianca e finalmente ci siamo. Qui inizia la vera salita. Guardo in alto e tutto sembra impercorribile. Però la traccia c’è, ed anche qualche bollo rosso. Il sentiero è veramente ripido e l’esposizione è attenuata dai mughi. In diversi passaggi bisogna mettere giù le mani, però è fattibile. Meno drammatico di come immaginavo. L’istinto mi fa tentare di salire più veloce, ma appena provo ad accelerare mi pianto. Quassù non si corre, il terreno è troppo ripido ed impervio. Il panorama però è splendido, Cencenighe è sotto i nostri piedi. Man mano che ci alziamo posso ammirare i luoghi a me famigliari. Però al contrario stavolta. Mai come oggi ho l’impressione di essere non su di una montagna, ma dentro alla montagna. Papà ha l’andatura giusta per questo terreno, e lo conosce bene. Ed infatti saliamo sicuri e senza perdere la traccia. L’arrivo al campanile di Pelsa è spettacolare. Non abbiamo in programma di salire in cima, ma un giro sul sentiero sospeso lo voglio fare ugualmente. E’ metà mattina e mangiamo con calma in compagnia di un panorama impagabile. Qui, seduto sull’erba sotto il Mont’Alt di Pelsa, con tutta la Val del Biois davanti ai miei occhi, mi sento a casa. Anche San Tomaso si svela al nostro sguardo ammirato in tutto il suo essere paese appartato ma ricco di tesori. Poi ripartiamo lungo le banche che portano a Col Mandro. Questo tratto è uno dei più belli e selvaggi che abbia mai percorso sulle Dolomiti. Arrivati alla baita siamo stanchi, fa caldo e la strada è ancora lunga. Entriamo nei cupi boschi del Pelsa e non parliamo quasi più lungo la discesa. Giunti sopra Colàz papà mi insegna una delle sue scorciatoie, così arriviamo alla macchina senza ulteriori saliscendi. E’ terminata un’altra grande giornata e sono felice di essere riuscito a realizzare questo mio piccolo sogno. Ritornerò ancora fra i mughi del Pelsa…magiche Dolomiti!!!