SERA A CENCE
AUDIO
Erano sere che arrivavano lente. Con il rumore del traffico che andava sfumando lasciando spazio alla voce del Biois. E c’era un’aria di quasi attesa, aspettando il suono potente eppure dolce della campana grande che suonava le venti. La porta della cucina che dava sul terrazzo era aperta e quella nota squillante di FA entrava in casa con una gradita prepotenza. Sovrastava ogni altro suono presente in quel momento; il tintinnare dei piatti e cucchiai che mamma metteva nel lavandino, la sigla di apertura del TG1. Solo avvicinandosi al televisore si poteva appena udire la voce di Angela Buttiglione che raccontava le vicende del governo di pentapartito. Poi i rintocchi incominciavano ad essere meno potenti e più distanti fra loro. La campana grande stava ormai terminando il suo lavoro serale mentre in TV si parlava di Perestrojka. Uscivo in terrazzo e guardavo la piazza. Qualche rara auto scendeva da Alleghe o da Falcade. La bandiera del Monumento ai Caduti era tranquilla, appena mossa da un vento ancora tiepido che scendeva dalla Val del Biois. Mi allacciavo le scarpe ed iniziavo a scalpitare mettendo fretta a mio fratello per andare a giocare a calcio al campo aldilà del Cordevole. “…ciao mama…a dopo…noi don..!!” E mamma diceva, mentre chiudeva il rubinetto del lavandino e si asciugava le mani “…me racomande…no ste tirà masa tardi…” Si slacciava la traversa e si preparava ad uscire pure lei per andare “du su’n banca” per le chiacchiere della sera. Al campo c’era il vento a mescolare le voci di tanti ragazzi che correvano nella polvere della ghiaia, che allora l’erba praticamente non c’era ed un tuffo in porta era un gesto di coraggio. Ma qualche “scusada” era nulla rispetto al divertimento del giocare all’ombra del Pelsa. Poi il campanile batteva le dieci ed il pallone diventava un’ombra sempre più difficile da rincorrere. Era quasi l’ora di ritornare aldiquà del Cordevole. Dopo tanti “ciao a doman” ci si incamminava verso casa. Sul ponte di Avoscan l’onnipresente folata di vento faceva venire la pelle d’oca mentre via Roma ormai era illuminata dai lampioni. Giunti sul “sagrà” la sera si era tramutata in notte. Qualche anziana si alzava salutando dalla panca in pietra, le mamme più giovani rimanevano ancora un po’ a raccontarsela. Era ancora il battere a martello dell’orologio del campanile a sovrastare quell’ultimo chiacchierare sottovoce. Un altro “a doman” e si rincasava. C’era ancora tempo per ascoltare metà “The Wall” dei Pink Floyd: cassetta da “90”, ed il lato “A” era il mio preferito. Il modo più bello per entrare nel mondo dei sogni. A volte ero ancora sveglio quando terminava la musica. Ed allora ci avrebbe pensato il mormorare del Biois ad accompagnarmi nel dolce sonno di quelle notti di inizio estate.