di Renato Bona
Con la Poligrafica di Venezia, per la Edizioni Turismo Veneto, nel dicembre del 1993 Dario Fontanive, un caro amico, specialista in fotografia pubblicitaria, impegnato, col meritato successo, nel settore delle problematiche e storie della montagna, pubblicista e socio del Gruppo italiano scrittori di montagna, dava alle stampe con la collaborazione di Santino Ganz e Rizzieri Luciani la preziosa pubblicazione dal titolo “I tesori di Vallada” (in copertina la riproduzione di un particolare de “L’ultima cena”, affresco conservato nella chiesa monumentale dei santi Simone e Giuda Taddeo. In premessa viene precisato che il lavoro “è stato realizzato per far conoscere i piccoli ‘gioielli’ di storia e d’arte che Vallada ha così gelosamente custodito nei secoli… Opere che ci consentono di dare una visione più completa della grande importanza storico artistica che Vallada e la sua chiesa hanno assunto nel trascorrere dei secoli tra queste valli dolomitiche”. Nella presentazione, Alberto Luchetta dato atto a Fontanive di aver ben indovinato il titolo per la sua pubblicazione, sostiene che “Vallada è in realtà per l’osservatore attento un piccolo scrigno di tesori che si offrono continuamente agli sguardi dei visitatori più esigenti. Ed oltre al ‘tesoro di San Simon’, ecco le altre testimonianze d’arte e di fede: la chiesa di San Rocco con la sua storia, le pitture votive ai balconi delle case più antiche, le ‘Triol’, segnali fisici della religiosità della nostra gente.”. Così che “percorrendo i vecchi itinerari paesani, accanto al patrimonio religioso ed artistico agli occhi dei visitatori apparirà un villaggio che ha conservato, per buona parte, le caratteristiche urbanistiche ed architettoniche del passato l’armonia dei fienili nei toni bruni del legno bruciato dal sole, le piazzette minuscole con le fontane, le viuzze che contornano abitazioni seicentesche, impreziosite sui fori da stipiti in pietra bianca della Cava dei Maserez”. E concludeva: “Questa è Vallada ed il merito di questo lavoro di Dario Fontanive è di aver avvicinato il turista, spesso frettoloso, e di accompagnarlo, con semplicità e discrezione, lungo questi itinerari”. Nella prefazione don Angelo Crepaz, premesso che da questa terra è iniziato molto tempo fa il cammino più bello degli abitanti della Valle del Biois, affermava che “La testimonianza che ci hanno lasciato è ricca e viva… se sappiamo meravigliarci di fronte a tante opere sentiremo pure la bontà del cuore dell’uomo che sempre ricerca l’armonia, la pace e la serenità espresse così bene nell’arte che ci circonda”. Ed allora vediamoli, sia pure in sintesi, questi “Tesori di Vallada” ai quali si è dedicato Dario Fontanive, dopo aver tracciato una breve storia del paese che sorge sulla sinistra orografica del torrente Biois ed è il comune più orientale dell’omonima valle, conta circa 560 abitanti e il suo territorio si estende su poco più di 134 chilometri quadrati; il nome probabilmente deriva da vallata, perché il suo sviluppo urbano si adagia lungo i lievi pendii erbosi della piccola valle che si incunea tra i monti Frena e Celentone, chiusa a nord dalle pendici del Monte Pezza”. Le prima notizie della chiesa di San Simone e Giuda apostoli – scrive – sono datate 18 ottobre 1185: una bolla pontificia di Lucio III cita l’edificio sacro di cui non si esclude un’origine molto anteriore dandola per esistente già nel nono secolo d.C. La notorietà della chiesa consegue al fatto che all’interno custodisce un ciclo di affreschi eseguiti nel 1542-43 dal trevigiano Paris Bordone, allievo del cadorino Tiziano. Non va trascurata la presenza di opere di Valentino Rovisi. Molto opportunamente l’autore ricorda che nel 1894 l’ufficio regionale dei monumenti d’Italia rende noto per la prima volta il ciclo di affreschi della chiesa valladese dichiarandola monumento nazionale. Nel 1966 fu gravemente danneggiata dalla rovinosa alluvione che infierì in modo particolare sull’Agordino. L’ex Oratorio della Confraternita dei Battuti, che qui si riunivano per le loro funzioni, è edificio di piccole dimensioni, il primo ad essere sorto in Val Biois. Ora è adibito a magazzino. Vi sono affreschi di autore sconosciuto, fra cui quello che rappresenta l’Annunciazione di Maria, ed una tela raffigurante la Madonna dei Battuti, opera probabilmente di Francesco Frigimelica, del XVII secolo. Il Sacello dei Gat” è struttura purtroppo deteriorata ed abbandonata che proponeva comunque alcuni affreschi di grande interesse, sia all’interno che all’esterno. Chiesa di San Rocco: sorge nella frazione Celat; voluta dalla gente dopo una epidemia di peste nel 1567, risulta essere stata consacrata il 9 giugno 1576 dal vescovo Giovanni Battista Valier. Ospita affreschi dell’agordino Lorenzo Paulitti. La Triol Nova, lungo la stradina che da Celat sale a Sacchet vi è il sacello che si vuole essere stato costruito nel luogo dove si era arrestata l’epidemia di peste che aveva causato molte vittime a Celat. Ignoti hanno trafugato diversi anni fa l’antico Cristo su croce lignea che lo impreziosiva. Nel 1990 per intervento degli ex Alpini, il sacello è stato rimesso a nuovo. Dario Fontanive conclude con Le pitture murali “che ancora si intravvedono sulle pareti esterne delle vecchie case e dei rustici”. E sottolinea che “Proprio a Vallada si registra la più alta concentrazione di questo tipo di pitture, peraltro diffuse in tutta la valle del Biois. Il fatto, indubbiamente positivo, è conseguenza della grande cura nella conservazione del patrimonio urbanistico del passato, 1600-1700 dedicata dai valligiani”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libretto “I tesori di Vallada”): la copertina della pubblicazione; l’autore, Dario Fontanive con l’artista Franco Murer e la figlia Sveva; una panoramica di Vallada; la chiesetta della Madonna Immacolata di Lourdes a Toffol; quella che ad Andrich è dedicata a san Giuseppe; la chiesa monumentale di san Simone e Giuda Taddeo; affresco sul martirio dei due Santi; pala di San Bartolomeo di Valentino Rovisi; l’Oratorio della Confraternita dei Battuti; l’antico sacello “dei Gat”; la chiesa di san Rocco a Celat; la “Triol Nova”; Madonna in trono con Gesù Bambino e Santi opera attribuibile a Zanbattista Costoia, visibile nella località Andrich; Madonna con Gesù, san Giovanni, san Paolo e sant’Antonio da Padova, pure attribuibile a Costoia, visibile a Sacchet; “Arcangelo Gabriele”, particolare dell’affresco sulla parete ovest interna; Beata Vergine dei Battuti, tela attribuita a Francesco Frigimelica.