di RENATO BONA
Ha compiuto vent’anni nel maggio scorso il libro di Ivano Pocchiesa (purtroppo scomparso) e Mario Fornaro: “Igne, Paese del fuoco” che, con il patrocinio del Comune di Longarone (all’epoca guidato dal sindaco Pierluigi De Cesero), è stato stampato nel 2002 ad iniziativa del Gruppo Volontari Igne. In questa occasione ci soffermiamo su due capitoli certo non secondari: “1915-18; il tempo dell’invasione” e “La seconda guerra mondiale”. Partiamo dalla Grande Guerra per ricordare con gli autori che questa “toccò anche tutto il Longaronese e in uno dei momenti più tragici, dal 2 al 9 novembre 1917, quando avvenne la tristemente nota ritirata di Caporetto”. Se il generale Piacentini, che comandava la fortezza Cadore-Maè, diffidava la gente a non circolare, un manifesto del sindaco di Longarone, cav. uff. Ottorino Nobis, diffondeva la raccomandazione alla calma… La verità terribile venne lentamente a galla suscitando sgomento e disperazione: l”’Esercito italiano era in ritirata e abbandonava la terra longaronese all’invasore”. Avvicinandosi l’invasione, le tradotte costituivano l’unico mezzo di scampo e così molte famiglie chiudevano le case, si portavano appresso le cose trasportabili e partivano alla ventura, sperando di salvare la vita. Per i soldati la complessa operazione di ripiegamento prese il via il 27 ottobre ma la rotta militare si stava manifestando di proporzioni inaudite, basti dire che che al passo Sant’Osvaldo ottomila uomini dovettero darsi prigionieri non avendo vie di scampo. Si registrarono alcuni episodi in cui gli italiani prevalsero con onore ma gli austriaci non demordevano: incendiarono infatti le segherie Protti e una casa a Faè e gli italiani risposero facendo saltare in aria la centrale elettrica di Roggia per non lasciare in mani nemiche strumenti preziosi. Quando la battaglia si spostò verso la pianura, si raccolsero i morti e senza prelevare le piastrine di riconoscimento vennero gettati in fosse comuni a Dogna, Codissago e Longarone: “Morti ignoti al mondo, noti a Dio” (come ricorda una lapide nel sacrario militare di Pian dei Salesei a Digonera). E mentre veniva istituito il razionamento dei viveri si susseguivano le requisizioni: prima le lane, poi il rame e quindi ogni oggetto di lega o altro metallo. Gli occupanti non evitarono, anzi, atti di vandalismo; per dirne uno: divelsero il busto di Jacopo Tasso dalla piazza di Longarone, evidentemente “memori di un periodo risorgimentale italiano che li vide sconfitti”. Tempo un anno e la situazione si capovolse e, per restare nel Longaronese, la Compagnia di Sardi che per prima la notte del 24 ottobre passò il Piave, sferrò l’attacco “dando prova mirabile di coraggio tra Longarone e Castellavazzo”. La resistenza accanita del nemico alla fine è vinta. A ricordo della memorabile battaglia fu murata una lapide nell’atrio del palazzo comunale di Longarone e al comandante, il tenente Angelo Maria Terenzi fu concessa la Croce di guerra. Ivano Pocchiesa e Mario Fornaro dedicarono qualche pagina anche al secondo conflitto mondiale, fra l’altro ricordando che: “I paesi della terra longaronese, Igne compresa, vennero tragicamente coinvolti anche dagli avvenimenti della seconda guerra mondiale 1940-45, in particolare dopo l’8 settembre 1943 quando l’esercito tedesco divenne il nuovo nemico e gli itliani erano divisi in due fazioni: una che prese a battersi con gli anglo-americani, l’altra rimasta fedele ai nazisti tedescui e che combattè sistematicamente il movimento armato della Resistenza, con vittime spesso innocenti provocate anche per vendette personali. Sotto i bombardamenti morirono Pietro Pagogna e Giovanni De Cesero; il 4 ottobre 1944 toccò a Serafino Battaglia, Alfonso Casagrande e Giovanni Sacchet. E se Giovanni Teza ‘Sé’ viene arrestato ma con uno stratagemma riesce a fuggire e tornerà in paese a guerra finita, conobbero le celle di isolamento e i penosi interrogatori Bianca Zuliani e Renato Tessari e nelle prigioni di Baldenich a Belluno furono ospiti nel marzo 1944 i longaronesi Camelinda Deon, Giuseppe Celso, Libero Cornaviera, Aldo Dall’Armi, Mario De Bastiani, Francesco Longoni, Giorgio Pioggia e Angelo Tessari; in un rastrellamento vennero arrestati don Bortolo Larese, Giuseppe Bertoia, il dott. Giuseppe Fagarazzi, rilasciati dopo alcuni giorni. Il 19 giugno mentre stanno rientrando per il coprifuoco, vengono colpiti a morte in piazza Gonzaga Vincenzo Tesa e Felice De Cesero. Nella pineta di Cajada si consumò un altro dramma e una lapide ricorda: “De Bona Giacomo fu Agostino, De Bona Agostino, Mazzucco Elio di Felice il 25 giugno 1944, passarono avviati dall’ideale di libertà alla luce del martirio”. Erano entrambi di Igne. Il 14 ottobre tocca allo studente Ettore Losego impiccato alla colonna di casa Celotta nella via Roma. Una delle ultime vittime fu Giuseppe Celso colpito in combattimento a Pieve di Cadore: i resti furono tumulati a Longarone. Il servizio si chiude con la riproduzione di una copertina del periodico La Tribuna Illustrata che documenta l’uccisione il 24 marzo 1942 a Rdeci Kamen (Novo Mesto) in Jugoslavia di Giovanni Bez ‘Cest’ di 42 anni, prelevato e fucilato dai partigiani di Tito con due compagni di lavoro, pure loro civili, che come lui stavano marcando alberi che dovevano essere abbattuti.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Igne Paese del fuoco” di Ivano Pocchiesa e Mario Fornaro): coscritti “di ferro” di Igne della classe 1910; i loro “colleghi” del 1915 in festa; tempo di guerra per gli Alpini di Igne nel 1917; è il 1918 un gruppetto di coscritti posa felice a guerra conclusa; il “carabiniere reale “Pietro Bez ‘Batti’; Adi Agher, Etiopia, anno 1936, da sinistra: Luigi De Bona ‘Titon’ con il compaesano Noè De Bona ‘Soldado’ e un commilitone della “campagna d’Africa”; anni ’70 il monumento inaugurato a Igne in memoria dei Caduti; Giacomo De Bona di 23 anni; il sedicenne Gustavo De Bona; la copertina della Tribuna Illustrata del 31 maggio 1942.