Archiviate le tappe agordine, ben volentieri riprendiamo il nostro “viaggio” fra i comuni della provincia, “guidati” dal pregevole volume “Belluno e provincia nelle vecchie cartoline” che il Lions club bellunese ha propiziato, la “Canova” di Treviso ha editato, le Officine grafiche Longo & Zoppelli, pure trevigane, hanno stampato (nel dicembre del 1975) e gli storici Giovanni Fabbiani e Giuseppe Sorge hanno scritto dopo aver selezionato centocinquantasette vecchie cartoline. Ci siamo dunque trasferiti in Cadore, in quella che Fabbiani-Sorge definiscono all’epoca “Una piccola regione (oggi 23 comuni, circa 43 mila abitanti) chiusa fra i monti”. Per arrivarci – scrivono – da sud c’è tutto il ‘canale’ da Longarone in su, per la via del nord tutto il ‘canale’ della Rienza, da Dobbiaco a Cortina d’Ampezzo, o da S. Candido per Sesto e Monte Croce a Padola; da est si può giungere per il Passo della Mauria: ‘canali’ profondi con pendici boscose o passi alti e nevosi per parecchi mesi. Aggiungono che “Una strada al tempo dei romani doveva esserci per il passaggio di uomini e merci da Venezia per la Germania, per Cortina e Cimabanche. Poi la Magnifica Comunità di Cadore prescrisse ai comuni l’apertura e la manutenzione di strade tra comune e comune. Nel 1806 Napoleone ordinò la costruzione di una strada da Vittorio Veneto al Cadore, ma l’esecuzione la curò solo l’Austria per ragioni militari dal 1823 al 1839. Così il Cadore uscì dal suo isolamento. Il suo nome però risuonava nel mondo perché Tiziano si firmava Tiziano ‘da Cador’ e le sue opere erano desiderate dai potenti della terra”. Opportunamente i due autori ricordano che “Naturalmente il Cadore chiedeva alla pianura veneta alimenti e merci che non poteva avere dalla sua terra e poté poi rifarsi della notevole spesa, mandando verso il piano e specialmente a Venezia, il suo pregiatissimo legname che il Piave facilmente trasportava”. La prima immagine cadorina che viene proposta dal libro che non ci stancheremo di definire pregevole, ha per titolo “Perarolo” accompagnato da questa dicitura: “Perarolo fu un tempo il maggior centro cadorino per il commercio del legname. A destra, in fondo, vi era il ‘cidolo’ sul Piave, a sinistra l’altro sul Boite. Sotto ai due colli che nascondono il paese di Damòs, sono le prime due rampe della Cavallera”. Segue “Pieve di Cadore. Rovine del Castello” e in proposito si spiega che “Dell’antico Castello di Pieve di Cadore, roccaforte dei Cadorini, già nel 1865 non rimanevano che i ruderi, come testimonia questa cartolina”. Ed ecco “La casa di Tiziano” con la dicitura: “La casa aveva avuto aggiunto sul davanti un avancorpo. Ora l’aggiunta è stata tolta ed è stato rifatto il poggiolo in legno com’era nel 1700. La fontana è quella che stava ove ora è il monumento a Tiziano, tolta questa, ora è stata ricollocata l’antica fontana con la statua di S. Giovanni Nepomuceno. Dietro la casa di Tiziano il palazzo Sampieri, poi Vallenzasca poi De Pluri, oggi Policardi”. Si prosegue col titolo “La piazza Tiziano” e la seguente dicitura: “Nel 1812 non era ancora stata sopraelevata la casa Jacobi, ora Cassa di Risparmio. Non era stato nemmeno alzato il palazzo della Comunità. Nella cartolina si vede ancora la gradinata della Casa Genova, detta il ‘Casòn’, ora della Banca Cattolica. Nel mezzo della piazza sorge il monumento a Tiziano, opera dello scultore Dal Zotto. I passanti sono rari; accanto al monumento è stata allestita una bancarella”. Tocca ora al titolo “La chiesa arcidiaconale”, accostato alla foto panoramica con dicitura: “Si sta ornando la facciata della chiesa arcidiaconale. La chiesa è stata costruita dal 1761 al 1813, ma solo nel 1876 si terminò la facciata e per questa lungaggine i cadorini alle cose mai finite dicevano assomigliassero alla chiesa di S. Maria, quella di Pieve. La nuova facciata è del Miglioranza, l’affresco è di Goffredo Sommavilla di Belluno. A destra anche la torre della Magnifica Comunità è in riparazione, sta mettendo i merli ghibellini in luogo della piramide di punta, simile a quella del campanile”. L’ultima immagine che proponiamo oggi porta il titolo: “Sport invernali sul Trànego” e questa breve dicitura: “La neve costituiva, già all’inizio del secolo, una attrattiva. I primi sciatori sulle pendici del Trànego: a destra Pozzale”.