LA LETTERA
Riceviamo a volentieri pubblichiamo
Del consigliere comunale Raffaele Addamiano
Le ultime, roventi polemiche sulla recente adunata nazionale degli Alpini a Rimini merita, ad avviso di chi scrive, alcune precisazioni. La prima, giuridica: se davvero vi sono stati lo scorso fine settimana degli episodi di molestie sessuali o di altro, illecito genere, questi andranno verificati dalle Forze dell’Ordine in stretto coordinamento con la Magistratura inquirente competente per territorio. Una volta poi accertati, ci dovranno allora essere dei processi in Tribunale rispettosi del dettato costituzionale di cui all’art. 27, II comma, della Costituzione in tema di presunzione di non colpevolezza dell’imputato “sino alla condanna definitiva”. Di sicuro non si possono e non si devono celebrare cause sui giornali o, peggio, su Facebook. Da ultimo, se tali responsabilità emergeranno, dovranno essere comminate dai Giudici (e non dagli influencers) delle pene severe e certe, proporzionate alla reale gravità delle condotte lamentate. La seconda, politica: non è mai ammissibile generalizzare e, quindi, non si può far diventare automaticamente il caso degli alpini ubriachi in Romagna una ideologica campagna nazionale contro le Penne Nere. Stride, infatti, prima con il buon senso e, indi, con la ragione affermare che gli oltre 400.000 Alpini lì presenti erano e sono tutti dei pericolosi molestatori. A mio avviso, le voci accusatorie che si sono levate nell’occasione -addirittura con una interrogazione parlamentare a firma, tra le altre, delle deputate Boldrini, Madia e Quartapalle- tradiscono una indecente e faziosa polemica di natura generalista nonché qualunquista che mira soltanto a gettare discredito su un Corpo militare dal valore unanimemente riconosciuto e indiscusso. La terza, etica: se è vero che la criminalizzazione dell’intero Corpo alla quale si sta assistendo in queste ore è del tutto inaccettabile (allo stato, risultano circa 150 racconti di abusi sessuali, ma molte meno formali denunce all’Autorità Giudiziaria), è altrettanto vero che qualora qualcuno si sia in effetti permesso di macchiare la gloriosa divisa che indossa con comportamenti incivili, questo individuo va punito pure sul piano etico-morale perché ha arrecato un grave danno di immagine a una comunità che da 150 anni rappresenta, al meglio, l’orgoglio di tutte le nostre Forze Armate ed è simbolo di un’Italia solidale, quotidianamente al servizio del prossimo. In conclusione, ritengo che abbia profondamente ragione il Presidente dell’ANC, Ingegner Sebastiano Favero, il quale in una intervista a un importante giornale nazionale così si è espresso: “Se avessi di fronte una delle ragazze molestate, la guarderei serenamente e le chiederei scusa. E le direi che chi si è comportato in quel modo non è un vero alpino” perché un Alpino è colui che senza mai chiedere niente in cambio dona il suo cuore e le sue energie per gli altri, nel pieno rispetto degli altri. Basti qui ricordare che solo nel 2021 sono state 5,4 milioni le ore di lavoro volontario per l’emergenza Covid svolte dalle Penne Nere d’Italia: con buona pace della ministra Elena Bonetti e della sua improvvida affermazione circa una, solo ipotetica, «subcultura della prevaricazione».