di RENATO BONA
Nel suo pregevole libro “Selva di Cadore come era” (in ladino: “Selva da nosakàn”) del quale ci siamo già occupati, convinti come siamo della validità del lavoro dell’autore, il prof. don Lorenzo Dell’Andrea, agordino proprio di Selva, nel capitolo intitolato “Case, stalle e fienili” sottolineato che “la casa era bene fondamentale e anche bene molto curato” ricordava che quelle di una volta constavano essenzialmente di tre parti. E le descrive: la ‘stua’ che era la parte centrale dell’abitazione; la ‘ciesa da fuók’, o cucina, variamente strutturata, con focolare; le ‘cáune’ o camere da letto. Ancora: “Le case più antiche sono caratterizzate da muri molto spessi e dalla presenza del volto, sia nelle strutture interne che nella porta principale di accesso. Il pavimento della cucina era in terra battuta (‘salesa’), la ‘stua’ era invece foderata in legno, spesso con sagomature artistiche, specialmente nel soffitto (‘zelór’), ed era sempre provvista del ‘fornél’ che garantiva durante l’inverno un calore costante per tutta la giornata e la notte”. Dell’Andrea scriveva quindi nel purtroppo ormai introvabile prezioso volume edito nel novembre 1993 dall’Union de i ladiñ de Selva – dopo la mostra fotografica dell’agosto 1985 – con la bellunese tipografia Piave: “Il culto della casa ha fatto sì che gli abitanti di Selva, a differenza di quanto è capitato in altri paesi, anche vicini, tenessero l’abitazione rigorosamente distinta dalla stalla e dal fienile”. E così, a parte pochissimi casi, case e fienili erano costruzioni autonome e separate l’una dall’altra, anche se collocate quasi sempre a poca distanza, così da facilitare il lavoro con spostamenti brevi e facili dall’abitazione alla stalla e al fienile e viceversa. Questo fatto “ha creato un’altra caratteristica delle ‘vile’ di Selva: la coesistenza nello stesso tessuto urbano delle case e dei fienili. Dopo questa premessa, proseguiamo la nostra ricognizione tra le immagini, in particolare di fienili, con le eloquenti didascalie e partiamo con la facciata nord della canonica vecchia di Santa Fosca, “con portone centrale in legno massiccio e il portale, che dà sul corridoio centrale, ad arco, maggiormente rilevato dalla decorazione circostante e dal fregio sporgente al di sopra”: In alto, la porta che dava sull’ampia sala della Regola era raggiunta da una scala esterna; sulla facciata, numerosi gli affreschi; a sinistra il Leone di San Marco con la data 1696, sopra: la “Vergine col Bambino” Stessa costruzione, facciata sud: la porta in corrispondenza del corridoio centrale è ad arco e le finestre hanno lo sguancio; nella parte bassa sporgono le travi su cui era costruito il poggiolo; sullo sfondo, a sinistra, il villaggio di L’Andria. E siamo al “tabie de i Dàdina”, a Zardin: tipica costruzione ladina. Il fienile è del tipo più antico, a due piani sovrapposti, con la parte inferiore adibita a stalla e costruita non in muratura ma a travi di legno; il piano superiore è costituito dal ‘palanzìn’ completamente aperto su tre lati eccetto la parte nord; il sottotetto costituisce il cosidetto ‘aucèr’. Pure della raccolta del Museo di Selva di Cadore la immagine successiva che presenta fienili di tipologia ladina a Solator; quello di destra presenta in alto un’ampia apertura per l’illuminazione e l’aerazione. Della raccolta del Museo anche la foto del lato nord del fienile “de ki de Gepo” sempre a Solator: quando i fienili si alzarono, fu necessario costruire il ‘pont de tabie’ costituito da un terrapieno a muro secco di contenimento e da un pontile di travi, per permettere ai carri di essere trainati all’interno ‘inte era’ per lo scarico del fieno. A seguire, della raccolta di Lorenzo Dell’Andrea,viene presentato uno ‘stalót de I kuco, a Toffol (tabie de la Negozia): nella parte bassa del fienile, accanto o davanti alla stalla, era spesso collocalo l stalót per tenervi il maiale (ma talora usato anche per le pecore). Di nuovo il Museo a proporre “Il Tabie de Angelo de Gildo (al centro) e de i Nodèr (a sinistra)” a Rova. In molti casi, si legge, come per i due fienili, che sono costruiti sotto la strada di Rova, per il ‘pont de l fen’ non era necessario il terrapieno: bastava il pontile in legno con accesso diretto dalla strada; altre volte invece il terrapieno aveva lunghezza e dimensioni notevoli, come per i tabie de i Medana a Zernadoi, dove si deve superare un dislivello di circa sei metri. Da notare i tetti in scandola, il faèr a otto stanghe, la bambina in primo piano con il fazzoletto sulla testa e la gerla sulle spalle. Poi ad illustrarci il “tabie de la Michela” pure a Solator, con la parte bassa costituita da quella in muratura della stalla; la parte mediana formata dalla ‘zopa de l fen’ con le aperture; il ‘palanzìn’ è realizzato esclusivamente nella parte superiore, a destra pieno, a sinistra col poggiolo aperto e una stanga che delimita al centro tutta la superficie di apertura, nella parte superiore si nota la doppia grata a maglia molto larga. E quindi a mostrarci e spiegarci “Il fienile a Pescul”, precisando che nella facciata a nord in genere i fienili non presentano particolari caratteristiche ad eccezione, come in questo caso, della doppia ‘barkonela’, tipica apertura per illuminare ed aerare. Infine per offrirci la visione del “Fienile de i Piaia”, pure a Pescul: dello stile più recente, la parte della ‘zopa de l fen’ agli angoli che ha come materiale costruttivo la muratura a sostegno del ‘palazin’ mentre le grate di aerazione ai tre lati contribuiscono a una gradevole simmetria e semplicità di linee”. Ci fermiamo dopo aver osservato “Fienili a Pescul” di cui Lorenzo Dell’Andrea (la foto da lui scattata fa parte della personale raccolta) scrive: “Entrambi i fienili sono simmetricamente divisi in due parti, sottolineando anche con gli elementi architettonici la divisione tra due proprietari. Due sono le aperture de l’‘aucer’ divisi in due elementi eguali i ‘palanzin’; la parte centrale in muratura della’zopa de l fen’ divide simmetricamente lo spazio tra le due ‘zope’: due sono le porte di stalla e due le finestre, pure disposte simmetricamente e con le imposte che si aprono l’una a destra e l’altra a sinistra”.
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