di Renato Bona
Per chi come noi ha sempre avuto a cuore i problemi degli emigranti nel ricordo di una carissima zia materna: Emi Bondioli, ed è stato anche dirigente della “Bellunesi nel mondo”, è risultato decisamente prezioso il contributo del pubblicista prof. Egidio Pasuch che nel libro “Ricordando. Storia e immagini del comune di Sedico”, ha curato il capitolo intitolato “Il fenomeno migratorio a Sedico”. Il volume, edito nel marzo 1986 per i tipi della tipografia Piave, dall’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali presieduto dal prof. don Sergio Sacco è iniziativa apprezzata del Comune di Sedico, all’epoca guidato dal sindaco Sergio De Cian, e della Biblioteca civica, ed ha goduto del contributo di Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, Regione Veneto e Comunità Montana Bellunese. Hanno collaborato alla realizzazione – che seguiva l’allestimento nell’autunno 1984 della mostra fotografica “Ricordando” su aspetti della vita nel comune di Sedico tra Ottocento e Novecento – oltre agli autori dei singoli capitoli, Dolores Cortina e Farzia Taglietti, componenti del Comitato della Biblioteca. Pasuch esordisce affermando che una storia dell’emigrazione in comune di Sedico nasce condizionata da difficoltà enormi nel quantificare il fenomeno pur se esistono alcuni dati approssimativi e condizionati da incertezze e distinguo, e tuttavia ciò che le fonti e l’occasione consentono è la ricerca in sede comunale di un riscontro o di una serie di riscontri a quello che è il fenomeno migratorio nel Veneto e nel Bellunese. Analizza quindi il fenomeno dell’emigrazione nella montagna veneta, poi quello specifico dell’emigrazione nella Val Belluna ricordando che “Fu l’America ad abbagliare i primi emigranti che decisero di lasciare definitivamente la patria. Ma non per questo venne a mancare il peso comunque rilevante, seppur di gran lunga inferiore a quello di altri distretti dell’emigrazione”. Infatti: “Fin dalla prima guerra mondiale l’emigrazione, quasi sempre temporanea, si diresse soprattutto verso Austria, Germania, Svizzera e Lussemburgo. La guerra ridusse notevolmente le proporzioni dell’emigrazione temporanea che divenne insignificante, negli anni del conflitto, ma che riassunse subito dopo quote elevate. Nuove furono questa volta le mete: Francia e Belgio avevano una domanda di manodopera molto elevata, dati i danni apportati dal conflitto. E l’emigrazione parlò per qualche anno soprattutto francese”. Segue la “fotografia” dell’emigrazione da Sedico prima della Grande guerra (secondo dati forniti dall’Errera e relativi al 1869 vi erano a Sedico, all’indomani dell’unità, 232 emigranti su una popolazione di circa 3700 abitanti, la massima parte dei quali dediti al lavoro dei campi dal momento che i primi stabilimenti “industriali” non erano in grado di dare lavoro che a poche decine di operai e altre attività artigianali o industriali di rilievo Sedico non poteva vantarne. L’emigrazione sedicense pertanto ritrova le sue cause negli stessi fattori che determinarono il fenomeno in ambiti più vasti. Una curiosità: “Nei registri parrocchiali la prima partenza alla volta di un paese americano risale al 1876. Il 30 settembre di quell’anno infatti partirono per il Venezuela Giovanni Battista Bristot assieme alla famiglia di Giacomo Cugnago, coloni di Bribano…”. Ed eccoci – sempre sulla base di quanto scritto da Egidio Pasuch – all’emigrazione nel primo dopoguerra: “Un quadro piuttosto originale della realtà sedicense è offerto dagli articoli e dalle rubriche che don Luigi Fiori, parroco di Sedico, pubblicò piuttosto frequentemente a partire dal 1925 sul ‘Bollettino parrocchiale’” scrivendo fra l’altro: “Sono contento che la buona parola possa arrivare ai tanti parrocchiani dispersi nelle terre infuocate della Libia, sulle montagne gelate della Svizzera, nei paesi devastati della Francia ed oltre Oceano… Lontani come saranno molti dalle chiese, leggeranno volentieri sul ‘Bollettino’ un pensiero religioso che verrà a sollevare il loro spirito… vada il mio saluto e l’augurio che possano ritornare in seno alle loro famiglie con un giusto compenso delle loro fatiche”. Emerge ad ogni modo che “L’emigrazione non era, come qualcuno allora sosteneva, una scelta di comodo dettata dal desiderio di guadagni. E’ questa la stagione (febbraio) in cui anche tante ragazze corrono nelle città per collocarsi a servizio in qualche famiglia. Uno spettacolo, questo, che sembrava al parroco per lo meno particolarmente triste ‘perché si sa a quali pericoli sono esposte nella loro inesperienza e quanto cambiate (raramente in meglio) ritornano dopo qualche anno’”. L’autore, in conclusione ricorda che: “Nella Relazione sulla struttura e sull’andamento demografico della provincia di Belluno nel 1931 un primo dato risulta con una certa evidenza: il calo della popolazione residente in comune di Sedico tra il 1921 ed il 1931. Gli abitanti nel 1921 erano 6.772; quelli del 1931 erano 6.505. Un calo di ben 267 unità che il Consiglio dell’economato corporativo spiegava con l’emigrazione che la crisi del dopoguerra aveva incrementato) che andava trasformandosi sempre più in permanente”. Ed è per porre fine a questo esodo dalla provincia che “Il Governo aveva preso dei provvedimenti concretizzatisi in un piano di intervento del 1927 che prevedeva rimboschimenti, sistemazioni di bacini montani, miglioramento di pascoli e potenziamento del turismo. Ma più di questi provvedimenti poté la crisi stessa che colpì prima gli Stati Uniti e poi, di conseguenza, l’Europa ancora alle prese con i debiti contratti per la ricostruzione”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Ibrsc: “Ricordando”): la copertina della pubblicazione; emigranti in Venezuela nel 1894; connazionali rimpatriati dalla Svizzera allo scoppio della Grande Guerra; sedicensi a Jalta nel 1929; anche la balia era una emigrante; immagine di fine ‘800: eleganza dell’abito e originalità dei gioielli; due gruppi di italiani in Libia; e tre di emigranti in Francia; ancora una balia: il parroco don Luigi Fiori con le ragazze della prima comunione nel 1930.