di RENATO BONA
“Cansiglio. Il Bosco dei dogi”. E’ il titolo di un prezioso, splendido volume di Fulvio Roiter realizzato con Vianello libri (grazie anche al contributo dell’Azienda regionale foreste del Veneto), nel marzo 1989 nello stabilimento delle Grafiche Vianello di Ponzano, su progetto grafico e coordinamento editoriale di Livio Scibilia e Mimmo Vita. Frutto di un’idea del direttore dell’Azienda regionale foreste Ettore Bonalberti, é presentato sotto il titolo “Le quattro stagioni del Cansiglio” da un personaggio della cultura come Mario Rigoni Stern; le didascalie sono opera di Vittorio De Savorgnani, Giulio Mezzalira e Mimmo Vita. Oltre a quelle del grande Roiter, veneziano di Meolo (primo libro fotografico: “Venise a fleur d’eau” pubblicato a Losanna nel 1954) sono proposte anche immagini di: Lou Embo Roiter, Paolo Fioratti e Daniele Cavadini, Dopo un richiamo alla frase; “Gli alberi sono lo sforzo della terra per parlare al cielo in ascolto” del poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano Rabindranath Tagore nato il 7 maggio 1861 a Calcutta e morto il 7 agosto 1941 a Jorasanko Thakurbari, sempre in India) e prima del pensiero di Rigoni Stern, il bellunese Renzo Fant, che all’epoca era presidente dell’Azienda regionale foreste del Veneto, ricorda che: “…Già dal secolo XVII gli alti fusti dei faggi del Cansiglio avevano impressionato i responsabili del Serenissimo Arsenale e nella relazione sullo stato del bosco presentata al Doge in data12 marzo 1608, il podestà di Belluno Alvise Mocenigo, si preoccupava di sottolineare che essi ‘devono essere carissimi a guisa di pretioso tesoro’. Un tesoro sintesi di legno, acqua, oro: cioè i faggi remi delle galere veneziane; l’acqua del Mediterraneo, via dei commerci con le Indie; oro, rendita dei negozi”. Ed evidenziava che “Se la funzione produttiva era primariamente cara ai ‘moderni governatori del bosco dell’Alpago, quella protettiva ha ricevuto dalla loro opera grande giovamento giacché il terreno dell’altopiano apre qua e là profonde ferite, i ‘bus’, a dimostrazione della carsica eziologia. L’albero trattiene, coagula, per certi versi convive simbioticamente con la terra: senza di lui essa frana”. E la gente tutto questo lo sa, ma… “per necessità taglia il bosco perché il legno produce denaro e calore”. Avviandosi a conclusione Fant sottolineava come “Oggi di tutto ciò resta prevalentemente la memoria storica e l’uomo della città cerca in Cansiglio anche nuovi beni: oasi di pace, di svago, di ricerca interiore”e la foresta registra così gioiose invasioni perché qui il bosco è ancora bosco e l’ambiente è ‘com’era una volta’, com’è sempre stato almeno da mille anni a questa parte, ma “al prezzo delle quotidiane privazioni dell’uomo di montagna che merita perciò vero rispetto e concreta solidarietà”. Il finale: “Venezia ha cominciato, lo Stato ha continuato, la Regione, tramite l’Azienda delle foreste perpetua, il montanaro presidia e opera. Anche un libro, questo libro che abbiamo voluto di un Veneziano, ed il più bravo, ci aiuterà in questo”. Ed ecco una sintesi di quanto ha scritto Mario Rigoni Stern: “… Il tempo della foresta non è quello del campo, né del frutteto, nemmeno quello della vita di un uomo; le selve, oggi, sono più che mai indispensabili all’esistenza della Terra. Ai nostri nipoti dobbiamo lasciare un ‘Cansiglio’ più bello ancora di questo pure bellissimo che Fulvio Roiter con la sua magica macchina fotografica e i suoi occhi ci fa vedere ‘oltre il paesaggio’. Dobbiamo resistere e superare i tempi delle piogge acide, della Cephalcia arvensis, dell’uomo consumista: è l’invito che ci viene da queste immagini”. Piacevolmente folgorati dalle, tutte, meravigliose immagini, ecco una “fotografia” conclusiva del Bosco del Cansiglio: “Tra le province di Treviso, Belluno e Pordenone, nelle Prealpi Bellunesi, il vasto altopiano del Cansiglio si erge sulla pianura veneto-friulana tra il Piave, il Meschio e il Livenza ed ospita a 1000 metri di altitudine uno dei più vasti, intatti e solenni boschi italiani. Le sue doline ed i profondi inghiottitoi (i ‘bus’), la ricchezza e la varietà della sua popolazione faunistica e della flora che ne ravviva e ne tinge le scabre rocce ed i dolci declivi dei prati, la qualificante presenza della civiltà cimbra, offrono al visitatore attento e rispettoso innumerevoli suggestioni, occasioni di studio come di rilassata contemplazione di un habitat ancora sapientemente preservato dalla mano troppe volte distruggitrice dell’uomo. Ed un’ulteriore ricchezza del Cansiglio è attestata dalla più accreditata etimologia del suo nome: ‘Campus silens’, luogo del silenzio, che qui diventa davvero d’oro se si vuole avere la possibilità di osservare da vicino i numerosi ma diffidenti abitatori del bosco. La foresta del Cansiglio appartiene ora geograficamente alle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Fulvio Roiter: “Cansiglio. Bosco dei dogi”): la copertina del volume; l’autore, il grande fotografo Fulvio Roiter; lo scrittore Mario Rigoni Stern; primavera sui pascoli dell’alto Alpago; propaggini orientali della foresta; Campo di Mezzo in primavera; i boschi artificiali ed innaturali defogliati a morte dal parassita dell’abete rosso; Campo di Sopra: la leggenda vuole che Silla (138-78 avanti Cristo) abbia posto i propri accampamenti; fioritura primaverile dei pascoli del Cansiglio; fioritura di Sassifraghe; il Sedum acre è ornamento frequente delle fessure delle rocce; la foresta con i suoi vecchi alberi ospita diverse specie di picchi; il gregge al pascolo si confonde con le rocce emergenti; Piane del Cansiglio (davanti) e di Valmenera (dietro) e sullo sfondo la parte alta dell’Alpago; il mulo è ancora oggi un efficace mezzo di trasporto della legna in foresta; legname prodotto dal bosco per l’uomo; vista panoramica dalla cima del monte Pizzoch; vento e neve sottopongono gli alberi del bosco ad una continua selezione che risparmia solo i soggetti meglio adattati.