Nel 1962 la Montecatini chiuderà gli stabilimenti e con essi un’epoca di storia di una comunità forte e laboriosa
RIVAMONTE Sì, moltissime famiglie di quella che un tempo si chiamava Riva (ora Rivamonte Agordino) possedevano un appezzamento di terreno che coltivavano (in particolar modo le donne, ma anche vecchi e bambini) per i consumi di famiglia, utilizzavano prato, pascolo e anche bosco per nutrire gli animali e fare provvista di legna da ardere e, perché no, di legna da costruzione, ma… “Il grosso del reddito proveniva alla comunità – come evidenziava Raffaello Vergani nel libro fotografico “Riva de na òlta paés de cònze e de canòp” – dalle attività minerarie e metallurgiche di Valle Imperina. E’ per questo che le sorti del paese, a partire dal ‘600 e fino quasi ai giorni nostri, sono rimaste strettamente legate alle sorti di quelle attività”. Che registrarono purtroppo una notevole crisi nel periodo 1774-76 a seguito del crollo di una parte delle miniere con inevitabile disoccupazione. Ma è probabilmente allora – scriveva Vergani – che si delinea, per la prima volta nella storia di Riva, una corrente di emigrazione temporanea in direzione della pianura veneta”. Coinvolti nel fenomeno, per lo più seggiolai ambulanti, specialità nata nella vicina Gosaldo e poi diffusasi gradualmente anche nei paesi circonvicini: “sono i ‘conza’, portatori di una cultura manuale e persino di un proprio gergo specializzato che tante tracce hanno lasciato nella tradizione orale di questi paesi. Da allora in poi, i ‘conza’ saranno una costante del paesaggio umano di Riva”. Lo scrittore aveva diligentemente spiegato che “La crisi di quegli anni viene riassorbita verso il 1790-91, ma subito dopo comincia il periodo delle guerre napoleoniche con le difficoltà economiche che esso comporta”. Per fortuna “La situazione si stabilizza nuovamente verso il 1815, quando si apre per Riva un periodo di pace e di relativa prosperità economica che dura fino al 1866. Poi, un lungo declino, che trova nella diminuzione progressiva della popolazione uno dei suoi segni più evidenti: 2048 residenti nel 1871, 1484 nel 1961, 914 nel 1981. Il motivo di fondo è il fatto che, a partire dal 1860, le miniere di Valle Imperina non sono più competitive sul piano internazionale”. Aveva dunque ragione il sindaco Domenico Del Din quando in conclusione della sua presentazione del volume voluto dall’Amministrazione comunale col contributo della Parrocchia e dell’Azienda autonoma di soggiorno e turismo Conca Agordina in occasione della mostra fotografica “Riva de na òlta . Estate 1983” evidenziava che “La civiltà industriale ha soppiantato le vecchie attività agricole ed artigianali dando inizio all’epoca del consumismo, del benessere economico diffuso” aggiungendo: “Poco o nulla è rimasto come una volta, perfino le stagioni sembrano cadenzate da un ritmo diverso. Tanta gente se n’è andata in cerca di un posto di lavoro rispondente alle nuove esigenze di vita…”. Ma su questo che è l’elemento più importante, torneremo, ancora con Vergani, condividendo, come facciamo senza esitazioni, le parole di Del Din quando sosteneva che “La conoscenza del passato è un indispensabile strumento per programmare in modo equilibrato il futuro”, esprimendo l’auspicio che il libro “sia di gradimento a tutti, in particolare agli emigranti che hanno dovuto lasciare Riva non per una loro libera scelta ma perché costretti dalla necessità di un posto di lavoro”. E a proposito del libro edito da Nuovi Sentieri di Bepi Pellegrinon con la Litografia Antiga di Cornuda, Giuliano Laveder che ne ha curato le riproduzioni fotografiche per proporre “Un ricordo in 66 foto 1888-1950”, esprimeva l’opinione che “Non è da escludere che l’iniziativa possa essere ripetuta con l’aggiunta di tante altre significativa fotografie che, sono certo, ‘dormono’ ancora in tanti cassetti o, peggio, in qualche scatolone in soffitta, pronte per essere distrutte o dal fuoco o dal tempo. Sarebbe un vero peccato se questa mostra non riuscisse almeno a rinfocolare una maggiore attenzione verso quel grande patrimonio di storia e cultura che è rappresentato dalla fotografia”.
NELLE FOTO (riproduzioni da “Riva de na òlta: paès de cònze e de canop”): fabbricati esterni delle miniere: cinque secoli di storia di una comunità; visione generale degli stabilimenti di pirite cuprifera; gruppo di minatori all’ingresso principale; un ingresso secondario delle miniere ad inizio secolo; canòp in gruppo per la foto-ricordo; le Fusine ad inizio ‘900; quattro chiacchiere durante una meritata pausa di lavoro; addetti e carri per il trasporto del minerale; scavi all’interno della miniera; una visita agli stabilimenti gestiti dalla società Magni; interno della miniera; scarico filovia; minatori di Riva in Belgio nell’ultimo dopoguerra; un primo maggio degli anni ’50: a Vallimperina la vita era ancora fiorente e si trovava modo di far festa nonostante il duro lavoro nel sottosuolo; nel 1962 la Montecatini chiuderà gli stabilimenti e con essi un’epoca di storia di una comunità forte e laboriosa.