di Renato Bona
La singolare vicenda è richiamata nel libro di Giovanni Angelini “Pelmo d’altri tempi” edito da Nuovi Sentieri Il compianto professor Giovanni Angelini, autore, fra l’altro, del libro “Pelmo d’altri tempi”, edito nell’ottobre 1987 per Nuovi Sentieri Editore di Bepi Pellegrinon, da Arti grafiche Tamari di Bologna, riproduzioni fotografiche di Foto De Santi di Belluno, ha dedicato un capitolo al Pelmetto. Premesso che “Tardi il Pelmetto (2990-2981 m. si affacciò all’orizzonte delle aspirazioni alpinistiche: massa rocciosa possente, appena disgiunta dalla gran mole squadrata del Pelmo dal nitido spacco de ‘La Fessura 2726 m. verso la sommità e dalle gole che ne discendono ripide, quella di neve e di gelo verso settentrione e quella a tratti innevata ma spesso calcinata dal sole verso mezzogiorno” spiegava che “Il Pelmetto continua e completa lì’armonica figura del Pelmo a occidente, proteso come pilastro a segnare il termine di due valli: a settentrione quella cadorina o Val Fiorentina, a meridione quella bellunese o Val di Zoldo; dalle rosse rocce di occidente si riverbera il fuoco del tramonto sul piedistallo delle ghiaie e giù sulle pendici boscose intorno al Pian dei Buoi, sui molli umidi prati di Pala Favèra e di Staulanza, di Fontana Freda e di Bela Mont, sulle dolci alture e forcelle che spartiscono le acque degli opposti solchi e aprono l varco al venti di tramontana apportatore del sereno…” formulava l’ipotesi che “Probabilmente l’individualità del Pelmetto come cima secondaria e come nome (‘piccolo Pelmo’) è moderna, dell’‘era alpinistica’ e nessun no,e gli venne attribuito nelle carte topografiche che segnarono la modernità della rappresentazione di questo territorio montano…”. Ricordava quindi che “Non fu nominato il Pelmetto nelle relazioni degli alpinisti pionieri degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, né nelle guide degli anni Ottanta, né comparve il suo nome sulle diligenti e complete Guida storico-alpina del Cadore (1886) e Guida storico-alpina di Belluno, Feltre, Primiero, Agordo, Zoldo (1897) di Ottone Brentari”. Eppure, evidenziava Angelini, “Da tempo il Pelmetto, come la montagna madre alla quale appartiene e di cui ripete la conformazione, era percorso nelle lunghe cenge che lo circondano a varia altezza da camosci e cacciatori. Questi ben sapevano salire i suoi Scaloni che digradano a mezzogiorno sopra il Cadinàt e offrono il più alto terreno di sussistenza ai più alti larici, al sole e al caldo delle rocce, dove i camosci un tempo amavano pascolare. Nel suo mirabile spiegare la realtà del Pelmetto anche ai “non addetti ai lavori”, Angelini proponeva quindi una relazione di Francesco Spada, medico condotto di Zoldo Alto nominato nel marzo 1896 autore della prima ascensione, l’8 luglio 1896, sul Pelmetto o Cima Spada (come lo aveva ribattezzato dandogli il proprio nome, “usufruendo delle esplorazioni fatte dalla guida Angelo Panciera “Mago”(nome che peraltro non si affermò e trovò riscontro solo nella seconda edizione della Guida del Cadore e della Valle di Zoldo curata dal Brentari il quale riferendo i dati alpinistici del Pelmo riservava un piccolo paragrafo alla Cima Spada, definendola “guglia irta e difficile che sorge a sera del Pelmo, verso la Staulanza, nota col nome di Piccolo Pelmo. Spazio quindi per il “Mago” Panciera (1854 circa-1922-23), soprannominato anche Geremia, di Fusine di Zoldo Alto “una singolare figura di montanaro buonuomo, dalle abitudini piuttosto solitarie e irregolari: chi l’ha conosciuto lo diceva un po’ ‘lingera’, usando il gergo alpino dei nostri tempi,. Di statura un po’ bassa e tarchiato, era baffuto. Pare che il suo motto fosse ‘poco pane molto vino’. D’inverno campava la vita a Venezia, dove andava per le case a spaccare la legna; ma con la buona stagione non resisteva alla nostalgia dei suoi monti,. Spesso girovagava in alto da solo e dormiva fuori, sotto un massi, senza ripari né coperte; accadeva d’incontrarlo lassù all’improvviso, ed egli balzava fuori allora lanciando con voce chioccia una caratteristica invettiva, Tuttavia ebbe nella valle rinomanza e fu ricercato come guida di montagna; fu tra quelle nominate nella Guida alpina di Belluno del Brentari e nell’elenco delle guide iscritte nel ruolo della Sezione Cai di Belluno”. E poi c’è la figura di Clemente Callegari (1838-1917) da Caprile, boscaiolo e guida di prima classe dal 17 gennaio 1871; appartenne al gruppetto delle prime tre guide iscritte nel ruolo della Sezione di Agordo; le altre due erano Pellegrino Pellegrini (1820-1891) da Rocca Pietore, e Giovan Battista Della Santa (1825-18902) da Caprile.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro”Pelmo d’altri tempi” di Giovanni Angelini, edito da Nuovi Sentieri): il Pelmetto e il Pelmo in un unico massiccio, al tramonto, da Pécol di Zoldo (foto G. A. 1950); il Pelmetto con il suo “Vant” alla base. Di fronte alla croce sbocca il Ru Bianch” (G.A.); Pelmo e Pelmetto da sud-ovest, dorsale del Crép de Pecol) (G. A.); tra Pelmetto e Cròt, la Forcella di Staulanza e in alto a destra, sopra le cenge superiori la rampa con il “Salt del Mago” (G. A.); la fotografia di fine secolo (A. Simon di Belluno, archivio Sezione Cai di Agordo) mostra la Casera Staulanza a quota 1766); il “Pian dei Buoi” (Búsi) ai 1800 metri delle pendici del Pelmetto (G.A.); il “Casót de le Somasse”, in prossimità del “Ru Bianch” (G. A. 1966); il Pelmetto e la “cengia del Mago” dalla cresta ovest del Pelmo sotto la cima, 3000 metri circa, sullo sfondo la Civetta e la sommità di Zoldo Alto (G. A. 1917); sulla porta del rifugio San Marco, da destra a sinistra: le guide alpine Angelo Panciera detto Geremia e più comunemente Geremia, e Giuseppe Pordon “Masarié” di San Vito di Cadore ed Angelo Del Favero “Aucel” pure di san Vito, custode del rifugio (foto G. Francescon, Mestre, raccolta G.A.); la guida Clemente Callegari di Caprile con gli attrezzi per salire la Marmolada (da Cesare ed Emilio Pollazzon di Alleghe); antica carta geografica che riporta il nome Pelmetto (raccolta G.A.).