di RENATO BONA
Nel libro-catalogo intitolato “Immagini dal tempo. 40.000 anni di storia nella Provincia di Belluno”, edito dal Comune in occasione della rassegna e convegno sul tema a Palazzo Crepadona, dal 28 agosto al 26 ottobre 1992, stampa Grafiche Antiga di Cornuda, Treviso, gli autori. Alberto Broglio, Carlo Mondini, Aldo Vllabruna, Antonio Guerreschi, Elodia Bianchin Citton e Simonetta Bononi – come ben sottolineava in presentazione l’allora sindaco bellunese Gianclaudio Bressa – “con carattere didattico e di rigore scientifico, presentano, illustrano, interpretano i luoghi in cui l’uomo è vissuto, gli oggetti che ha creato, le esperienze di attività, di lavoro, di rapporti sociali, di credenze che, dal passato più remoto hanno preparato il mondo di oggi”. Oggi rileggiamo, e sintetizziamo per chi ci segue su Internet, il capitolo intitolato “L’età del bronzo e la primissima età del ferro” del servizio nel quale Elodia Bianchin Citton illustra “Il popolamento umano del Bellunese dal neolitico alla prima età del ferro” ed esordisce scrivendo che: “L’età del bronzo e i primi secoli dell’età del ferro (XVIII-IX secoli a.C.) sono documentati nel Bellunese da diversi manufatti sporadici rinvenuti in circostanze non sempre note tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, nonché da materiali ceramici recuperati in superficie a seguito di lavori agricoli o in giacitura secondaria per fenomeni di degrado naturale dei siti”. Precisa quindi che “fatta eccezione per alcuni accertamenti stratigrafici effettuati sul colle di S. Anna di Pedecastello di Castion di Belluno (Bianchin Citton, Rigoni 1980) a Ponte nelle Alpi località Le Andreane (Bianchin Citton, Michelini 1988), mancano allo stato attuale estese indagini di scavo in siti dell’età del bronzo e dei primi secoli dell’età del ferro del Bellunese”. La più antica testimonianza di manufatti in bronzo, cioè lega di rame e stagno, è una piccola ascia “a margini rilevati, corpo piatto e taglio molto espanso, proveniente da Paiane in Val Belluna”, un tipo molto diffuso sia a sud che a nord delle Alpi a partire da una fase avanzata dell’antica età del bronzo (XVIII-XVI secolo a. C.). Secondo la Bianchin Citton “un confronto particolarmente significativo è stato riscontrato con un esemplare rinvenuto nella palafitta di Fiavé-Carrera in Trentino (Perini 1987)”. Ad una fase d transizione dall’età del bronzo medio a quella del bronzo recente è datata l’ascia, pure sporadica, da Cesio Maggiore, sulla destra orografica del Piave: l’esemplare è integro, presenta margini quasi paralleli, alette mediane poco sviluppate, lama a taglio poco espanso e trova precisi confronti con esemplari pure sporadici da Crocetta del Montello e Colfosco nel Trevigiano (Bianchin Citton 1989). E’ un tipo d’ascia largamente diffuso anche nell’area nord-alpina, ed assimilabile al tipo Greiner Strudel, molto presente nel sud della Baviera, nell’alta Austria e nel Salisburghese (Mayer 1977). Eccoci all’età del bronzo recente (XIII secolo a.C.) cui si data l’esemplare ad alette mediane decorate da sottili incisioni, tallone distinto, lama molto sviluppata e taglio arcuato da Sospirolo in Val Falcina, diffuso soprattutto nell’Italia settentrionale e sul versante adriatico della Penisola (Carancini 1979). Ad un arco cronologico più ampio, dall’età del bronzo recente a quella del bronzo finale (XII-X a.C.) si datano invece due punte di lancia con innesto a cannone e lama a foglia di lauro con provenienza generica dal Bellunese l’una, da Salce l’altra. Per l’autrice “si tratta di manufatti che testimoniano come la frequentazione del Bellunese non si sia mai interrotta dai tempi tardo-neolitici a tutta l’età del bronzo. Le asce sono da mettere in relazione con le attività di carpenteria del villaggio, nonché con l’esigenza di deforestare zone sempre più ampie per acquisire nuovi spazi da adibire al pascolo e alle colture agricole”. E veniamo alla documentazione archeologica “costituita da industria litica, principalmente elementi di falcetto e punte di freccia nonché da frammenti ceramici riconducibili prevalentemente a grandi contenitori di uso domestico, d’impasto poco depurato di colore prevalentemente rosso-aranciato per effetto di una cottura in ambiente ossidante”. Si segnalano fra i reperti di recente acquisizione quelli rinvenuti nell’abitato di Noal di Sedico: scodelloni-dolio semplici o decorati da cordoni digitati; grandi olle con decorazione a cordoni digitati ad andamento orizzontale o curvilineo. Interessanti anche frammenti ceramici recuperati nell’insediamento di San Pietro in Tuba, riconducibili a grandi scodelloni con orlo semplice o ispessito, con decorazione plastica a cordoni; a un grande dolio con complessa decorazione a cordoni verticali e di un’olla con orlo a tesa. Per Elodia Bianchin Citton “si tratta di insediamenti permanenti, alcuni dei quali fortificati, ubicati per lo più in posizione panoramica di controllo della Val Belluna e quindi di un’importante direttrice di collegamento del Veneto nord-orientale con l’area nord-alpina”. Verosimilmente la Val Belluna è stata colonizzata da gruppi di popolazione già inseriti nella pianura e nella fascia collinare tra il Brenta ed il Piave. Si legge quindi che “Alcuni dei siti dell’età del bronzo medio-recente individuati in Val Belluna sembrano persistere anche nell’età del bronzo finale, prossima all’età del ferro. Indizi in tal senso vengono dal sito Le Andreane (Bianchin Citton-Michelini 1988) e da San Pietro in Tuba nel cui ambito sono stati recuperati oltre a materiali dell’età del bronzo recente, un frammento di scodella ad orlo rientrante ed un piccolo vaso biconico d’impasto fine e superfici lisciate di colore nero, decorato sulla carena da solcature orizzontali e da un motivo elicoidale, vasi “riferibili entrambi ad aspetti culturali del tipo protovillanoviano dell’età del bronzo finale (XI-X secolo a.C.)”. Richiamiamo il fatto che “ai secoli di transizione dall’età del bronzo finale alla prima età del ferro si data pure un ripostiglio di bronzi di eccezionale fattura e conservazione, rinvenuti in un anfratto roccioso del Monte Talvena nella prima metà del Novecento, costituito da due asce ad alette e robusta lama a margini lievemente concavi; da uno scalpello con immanicatura a cannone, desinente in un robusto anello e decorata da cordoni rilevati ad andamento parallelo ottenuti a fusione, lama a sezione quadrangolare e taglio lievemente espanso e affilato; da due cunei… decorati alla stessa stregua dello scalpello, robuste lame a foglia dl lauro. Le asce sono riconducibili (Carancini 1984) ad una foggia largamente diffusa nei contesti della prima età del ferro dell’Italia settentrionale, mentre i coni e lo scalpello “trovano confronto nei ripostigli dei secoli di transizione dall’età del bronzo finale alla prima età del ferro delle zone metallifere dell’Etruria e in ambiente transalpino in Austria e Slovenia”. E concludiamo citando ancora la Bianchin Citton: “Pur in assenza, allo stato attuale, di documentazione diretta di attività estrattive e fusorie di età preistorica, non va ignorata la lunga tradizione mineraria di molte zone prealpine ed alpine del Bellunese, attestate oltre che da numerosi toponimi, dallo sfruttamento di numerosi giacimenti ancora per gran parte del nostro secolo”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Immagini del tempo. 40.000 anni di storia nella Provincia di Belluno”): l’immagine riprodotta nella copertina del libro-catalogo; ascia in bronzo rinvenuta a Paiane di Ponte nelle Alpi; e quella di Cesio Maggiore; ancora un’ascia, quella recuperata in Val Falcina, Sospirolo; Salce: punta di lancia in bronzo con innesto a cannone; Ponte nelle Alpi località Le Andreane: parti di grandi macine a sella in porfido; Monte Talvena: strumenti in bronzo; Noal di Sedico: scodelloni, olle semplici o con decorazioni; San Pietro in Tuba:scodellini, parete di grande dolio decorato da cordoni verticali, olla con orlo a tesa.