DI RENATO BONA
Giustamente, il sindaco di Longarone nonché presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin in occasione della cerimonia ufficiale per ricordare le vittime della catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963, ha esaltato le figure della giornalista Tina Merlin e del giudice istruttore del Tribunale Mario Fabbri, che ebbero una parte importantissima nella denuncia dei pericoli, l’una, nell’accertamento delle responsabilità penalmente perseguite, l’altro. Di rilievo, a mio modesto avviso anche, fra altri, il collega e mio primo caposervizio a Il Gazzettino, Fiorello Zangrando, anch’egli purtroppo scomparso come gli altri due. E non a caso – come viene ricordato nel libretto intitolato “Fiorello Zangrando. In occasione della consegna di una medaglia da parte dell’Associazione Stampa Cadore” edito nel marzo 1980 (stampa tipografia Piave) a cura di Gloria Fiori e Mario Ferruccio Belli – “Portando avanti il discorso sulle responsabilità della caduta della frana del monte Toc che provocò duemila morti, è stato per un paio d’anni inviato de Il Gazzettino a L’Aquila (dove si è celebrato il processo per la sciagura –ndr.) ottenendo per tali servizi il “Bagutta di giornalismo” nel marzo 1969 (“Premiolino”, giornalista del mese). La pubblicazione si apre con una immagine di Fiorello e della sua famiglia, seguita da un profilo dove si ricorda che il nostro nacque a Perarolo di Cadore in provincia di Belluno il 1. dicembre 1934; ha studiato a Belluno, Trento e a Padova dove nel 1959 si è laureato in giurisprudenza discutendo una tesi in Storia del diritto italiano. Ha anche superato l’esame di procuratore legale, ma dopo un anno d’iscrizione all’albo ha preferito rinunciare alla professione di avvocato. All’età di 16 anni ha cominciato a scrivere ed ha pubblicato nel 1951 un opuscolo dedicato alla storia del paese natale. E’ seguita una serie di collaborazioni proseguita per tre lustri. Poi è stato capo redattore del quindicinale Il Cadore dal 1955 al 1957 ed ha collaborato con la redazione bellunese de Il Gazzettino della quale è divenuto redattore proprio nel 1963 (professionista nel 1965), e capo redazione l’anno seguente. In precedenza aveva svolto il compito di assessore nella Magnifica comunità di Cadore e di funzionario della Camera di commercio. Dopo la parentesi bellunese è approdato alla redazione centrale di Venezia del quotidiano fondato dal cadorino Gianpietro Talamini, occupandosi di argomenti come la Biennale del cinema, il processo per le bombe del 1969, il caso Marzollo. La settantina di pagine del libretto contengono quindi testimonianze di: Nicolò De Sandre, presidente dell’Associazione stampa Cadore, Dino Conti, Il Gazzettino; Giovanna Svaluto, insegnante elementare; Serafino De Lorenzo; la mia che espongo il ricordo di un collega-amico; Giovanni Fabbiani, storico. C’è quindi l’elenco dei libri: “Note sulla storia giuridica del Cadore”, Firenze 1960; “Ombre italiane. Storia dei disegni e pupazzi animati”, Milano 1968;”Vajont, memoria di una distruzione”, Bologna, Tamari, 1973, fotografie di Giuseppe Zanfron; “L’Italia di cartone” in collaborazione con Pietro Zanotto, Liviana, Padova 1973; “Cadore, un incontro”, Nuovi Sentieri Editore, fotografie di Giuseppe Bruno, Belluno 1978. Seguito da quello di 29 libretti e pubblicazioni antologiche quindi quello delle riviste, ben 158; poi i periodici: cento; ancora: la serie di servizi per Il Cadore degli anni dal 1953 al 1965 e poi degli anni 1977 e 1978; Infine ventuno pagine con l’elenco dei servizi speciali per Il Gazzettino. Estrapolo una frase per ciascuno dei “presentatori” del giornalista cadorino e mi concedo un po’ di spazio in più, non per vanagloria, certo, ma per ribadire il sentimento di stima profonda e amicizia sincera che mi ha legato, fino alla sua scomparsa avvenuta a Venezia nel 1993, al mio primo caposervizio: Fiorello Zangrando, appunto. Nicolò De Sandre: “Fiorello Zangrando: quanto difficile parlare di un amico, del quotidiano lavoro che oggi – professionista stimato – assolve come l’assolse ieri con l’entusiasmo dell’asceta, con l’onestà del puro, con l’equilibrio del montanaro, con la passione di uno che esercita il suo ‘mestiere’ per vocazione, senza incorrere nel rischio di cadere nella retorica…”. Dino Conti: “Nello studente Zangrando, venuto al Gazzettino con i calzoni alla zuava (o, addirittura, corti?) e col foglietto in mano, c’erano il dottore Zangrando, il procuratore, il giornalista, il caposervizio, l’inviato speciale, il critico, lo scrittore, lo studioso. Lui, forse, inconsapevolmente lo sapeva; o ci credeva, che è poi la stessa cosa…”. Giovanna Svaluto: “Sono la madrina di Fiorello Zangrando, gli sono molto affezionata e perciò non vorrei che le mie parole potessero apparire esagerate… Personalmente ricordo con commozione che un tempo atroce per noi, ebbe più volte a scrivere degne ed affettuose parole per mio fratello Renato De Zordo, partigiano torturato e barbaramente ucciso dai tedeschi, perché da Italiano e Cadorino non si difese, non accusò, tenacemente, eroicamente tacque. Gli sono molto vicina col pensiero memore e grato”. Serafino De Lorenzo: “Ebbi fin da quegli ormai lontani anni Cinquanta, la percezione che quel ragazzo alto, disinvolto, sempre simpaticamente sorridente, avrebbe ben presto sfondato dove si riprometteva. Una cosa che mi ha fatto e mi fa sempre piacere”. Giovanni Fabbiani: “E’ sintomatico che uno che nacque e visse alcuni anni a Perarolo (dove un cinema non ‘era), poi a Belluno e certamente con in tasca i pochi soldi d’uno studente da spendere in divertimenti, sia stato in breve capace a saper signoreggiare una produzione abbondante e varia di un tema veramente eccezionale…”. Tocca a me, che all’epoca fui stimolato a scrivere di Zangrando da Mario Ferruccio Belli. “Conoscevo già quello spilungone con baffi. Ci si era visti qualche volta quando il sottoscritto esordiva a Il resto del Carlino, giornale che aveva tentato (senza successo come si sarebbe constatato dopo pochissimi anni) di fare la concorrenza al Gazzettino. E Fiorello era già importante: “vice” di Lucio De Grandis Una conoscenza che divenne rapporto di subordinazione e immediatamente amicizia quando, con la complicità del comm. Emanuele De Polo, capo redattore centrale, e del carissimo Giovanni Lugaresi, accettai l’incarico di corrispondente da Feltre de Il Gazzettino e fui automaticamente ‘dipendente’ di Fiorello “Fiore” Zangrando, nel frattempo subentrato a De Grandis passato al ‘Corrierone’. Era l’epoca in cui a Feltre, con l’eredità pesante di personaggi del calibro di Piazzetta e Sommacal, e anche se eri soltanto un pubblicista, c’era l’ambizione di scrivere un’intera pagina di cronaca di Feltre e del Mandamento… Produrre, produrre… Era una delle sue sollecitazioni, prima e dopo il quotidiano “giro di ombre”. Lui per la sua parte è sempre stato un “produttore” formidabile. Notizie. interviste, inchieste, resoconti; faceva di tutto e sempre bene..”. Fra le sue cose più belle ricordo sovente, con immutato grande piacere, il libro “Memoria per il Vajont. Longarone 1981”- ristampa della prima edizione realizzata per il 9 ottobre 1973 nel decimo anniversario della catastrofe, che conteneva, fra l’altro, “un ammonimento perché il progredire della scienza, spesso soltanto al servizio dell’egoistico profitto, sia più attento alla salvaguardia della vita umana e dei suoi valori, così che in avvenire ogni conquista possa dare qualcosa in più all’uomo e non chiedere il suo sacrificio” – con i suoi testi accostati alle drammaticamente splendide immagini di un altro grande: il fotoreporter Giuseppe “Bepi” Zanfron; libro voluto da Comune e associazione Pro Loco di Longarone con il coordinamento grafico e impaginazione di Eronda e stampato dalla bolognese Arti grafiche Tamari nell’ottobre del 1981 quando “Longarone è ricostruita ma certamente il Vajont non è stato dimenticato”.
NELLE FOTO (riproduzioni dai libri “Fiorello Zangrando” e “Memoria per il Vajont”): il giornalista Fiorello Zangrando con moglie e figli; la targa che gli è stata dedicata nella via Roma a Perarolo di Cadore, paese natale, ad iniziativa de Il Cidolo; Renato Bona, assunto a Il Gazzettino di Feltre, offrì una cena a colleghi ed amici: il “capo” Zangrando è al centro in basso, tra chi scrive e l’allora sindaco Sisto Belli, in piedi da sinistra: Sostene Schena, Ezio Pellizzaroli, Sergio Sommacal e Giovanni Lugaresi; il sindaco di Longarone e presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin; la copertina del libro “Memoria per il Vajont”; la giornalista bellunese Tina Merlin (accanto a lei Zangrando) che per prima denunciò i pericoli rappresentati dalla costruzione della diga del Vajont; soccorritori alla ricerca di superstiti; vigile del fuoco assiste una donna che si è salvata; distruzione ovunque; i feriti portati all’ospedale con elicotteri; il recupero delle vittime; centro di Longarone devastato; alpini, e non solo, mobilitati nelle operazioni di soccorso; raccapricciante panoramica di Longarone devastata dalla furia delle acque; disperazione di una superstite.