10 anni fa, come il 7 giugno, mi sono trovato a vivere una delle giornate più drammatiche ed intense della mia attività nel Soccorso Alpino. Una giornata (era in realtà un pomeriggio) di quelle che ti provano, sconvolgendoti nel profondo. Momenti in cui avresti voluto fare tornare indietro il tempo, ridando vita. Non potevamo. Non c’era più nulla da fare. Era tutto già finito. Volevo scappare, ma sapevo che non lo potevo fare, c’era un iter pietoso da seguire, tra l’altro con difficoltà di assoluta complessità. Il dolore commisto ad impotenza era tangibile nel viso di tutti i soccorritori che, raramente, ho visto così provati. Lo ero anche io, senza riuscirmi a scrollarmi di dosso quella tristezza che per giorni ha ammantato le ore successive alla tragedia. Resta ora un ricordo di due volti belli, due persone morte abbracciate nel destino che l’acqua aveva a loro destinato. Restano due giovani sorrisi sospesi nella gioia degli attimi felici.
Un abbraccio arrivi di nuovo ai famigliari e ai parenti, identico a quello che tutti i volontari intervenuti vollero loro dare quella serata, quanto la luce si spense lentamente a Corontola.