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BELLUNO Nel 1967, la rivista Selezione del Centro Studi Emigrazione di Roma definì “concreta e pionieristica” l’iniziativa per il rientro programmato degli emigranti bellunesi. L’Associazione Industriali di Belluno, in collaborazione con l’Associazione Emigranti Bellunesi (Abm), pianificò la creazione di 530 nuovi posti di lavoro entro la primavera del 1968 in otto comuni del Bellunese: Alano, Feltre, Longarone, Mel, Santa Giustina, Ospitale, Ponte nelle Alpi e Trichiana. L’obiettivo era offrire occupazioni a bellunesi all’estero interessati a rientrare. L’Abm pubblicò una scheda di prenotazione sul mensile “Bellunesi nel mondo” per raggiungere i 22mila lettori in tutto il mondo. I posti disponibili includevano settori come meccanica, elettromeccanica, tessile, filatura, lavorazione del marmo, siderurgia e produzione di carta. Ad esempio, ad Alano si cercavano 100 lavoratori (50 uomini e 50 donne) per meccanica, elettromeccanica, alimentari e maglieria. A Longarone, 150 posti erano offerti nei settori elettromeccanico, tessile, marmo e lavorazioni ausiliarie. Altri comuni come Feltre, Mel, Ospitale, Ponte nelle Alpi, Santa Giustina e Trichiana avevano simili opportunità in vari comparti industriali. Questa iniziativa non solo mirava a sfruttare le qualifiche acquisite dagli emigranti all’estero, ma anche a promuovere lo sviluppo economico locale. Il Centro Studi Emigrazione sperava che altre province italiane seguissero l’esempio di Belluno, dimostrando che il ritorno degli emigranti poteva essere una risorsa preziosa per lo sviluppo regionale.
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