BELLUNO La notizia che il 24 ottobre 1917 qualcosa di grave era accaduto a Caporetto si diffuse in un baleno, e fra i primi a ufficializzare la gravità del momento fu il vescovo di Belluno, mons. Giosuè Catarossi. Cadorna, com’è noto, accusò di viltà le truppe, poiché mai ebbe alcun dubbio sulla efficacia del suo Comando e della sua direzione della guerra. Quando le cose non andavano per il verso giusto, era sua abitudine scaricare a cascata su altri le colpe che erano sue. Solo due generali, Giovanni Villano e Gustavo Rubin de Cervin, si tolsero la vita, convinti così di difendere il loro onore di militari. Germanici e austro-ungarici dilagarono fino al Piave, la linea di resistenza che già Napoleone imperatore aveva indicato al suo figlioccio Eugenio de Beauharnais, vicere d’Italia. Sulle rive del Piave, sul massiccio del Grappa, sugli Altipiani gli italiani resistettero e dopo un anno partirono per vincere. Gli abitanti rimasti nelle terre occupate, friulani, bellunesi, trevigiani, veneziani, vicentini, trascorsero l’allucinante ed orribile anno della fame. Altri, profughi, furono dispersi in tutta l’Italia. In montagna quell’anno fu tremendo, proprio ove prima si trovavano fronte e retrovie di una guerra fra le cime che vide episodi di eroismo ed un nuovo tipo di conflitto, quello delle mine. Di questo parla il Quaderno n. 2 della Biblioteca del Biois, che raccoglie – come per il primo quaderno – i contributi di storici, di studiosi e di appassionati che sono stati ospiti, dal 2014 al 2018 della serie di convegni sul tema della Grande Guerra in Val Biois: Cesare Andrich (Come la nostra gente ha vissuto l’anno dell’invasione), Daniele Ceschin (Iprofughi di Caporetto), Luca Luchetta (I periti minerari e la guerra di mine), Bepi Magrin (Cime di guerra: la battaglia del San Matteo), Simone Menegaldo (La gloria non esiste: memoriale di un veneziano sulle Alpi), Loris Serafini (La società nella Valle del Biois). L’immagine dell’ultima di copertina è dell’artista falcadino Franco Murer.