di RENATO BONA
SELVA DI CADORE “Immagini dal tempo. 40.000 anni di storia nella Provincia di Belluno”. E’ il titolo del libro-catalogo edito ad iniziativa del Comune di Belluno con Grafiche Antiga di Cornuda per la stampa, nel luglio del 1992, in occasione di una mostra sull’argomento (Palazzo Crepadona, dal 28agosto al 26 ottobre) promossa da “Palazzo Rosso” con l’assessorato alla Cultura, il Museo civico e dall’associazione Amici del Museo e la collaborazione-consulenza della Soprintendenza archeologica del Veneto ed il dipartimento di scienze geologiche dell’Università di Ferrara. Autori dei testi: Alberto Broglio, Carlo Mondini, Aldo Villabruna, Antonio Guerreschi, Elodia Bianchin Citton e Simonetta Bonomi. Nella presentazione, l’allora sindaco di Belluno, Gianclaudio Bressa, esprimeva fra l’altro viva gratitudine per studiosi e quant’altri hanno lavorato “con intelligenza ed impegno per insegnarci a capire gli appassionanti aspetti dell’archeologia”. Mentre la soprintendente reggente ai beni archeologici del Veneto, Marisa Rigoni, concludeva la prefazione affermando che “Si è oggi in grado di presentare, seppure in via preliminare, una sintesi dei primi risultati di queste indagini che fissano alcuni punti fermi nella topografia della città romana, prospettando contestualmente le nuove problematiche da affrontare nell’ambito delle future ricerche”. Dopo “La preistoria nel Bellunese” (Alberto Broglio, Carlo Mondini, Aldo Villabruna) di cui ci siamo già occupati, il libro-catalogo ospita il capitolo intitolato “Il sito mesolitico di Mondeval de Sora” sul quale l’autore, il prof. Antonio Guerreschi (nato a Nogara in provincia di Verona il 2 novembre 1946, si laurea il 3 dicembre 1971 in Scienze naturali all’Università di Ferrara, già presidente del Comitato scientifico centrale del Club alpino italiano, responsabile fra l’altro delle ricerche di Viotte di Bondone, Andalo, Riparo Biarzo, Cava Romita, Riparo Tagliente, e di Mondeval de Sora in provincia di Belluno) esordisce affermando che: “Sicuramente il sito mesolitico di quota, più importante per il Bellunese è quello di Mondeval de Sora” dove i primi reperti furono rinvenuti nel 1984 da Vittorino Cazzetta dell’associazione ‘Amici del Museo’ di Selva di Cadore, tra il materiale portato in superficie da una marmotta che aveva scavato la propria tana nei depositi preistorici”. L’autore, dopo una illustrazione della conca di Mondeval, tra il Col Duro, la Forcella Giau, il Monte Cernera ed il Corvo Alto, e richiamato il rifornimento idrico sempre assicurato, caratteristica richiesta per gli insediamenti mesolitici, affermava che “ammontano già a 15 in questa conca le tracce di siti mesolitici finora rinvenute” e sottolineava il fatto che “In questo sito si sono ben conservati, per la prima volta, i reperti di origine organica” e “con lo studio di questi sarà possibile comprendere il genere di vita e le motivazioni che spinsero le popolazioni, tra l’ottavo ed i l sesto millennio, a frequentare l’alta montagna” dove: “… la preda preferita era il cervo e in seconda istanza lo stambecco” e “questa constatazione fa pensare che una delle motivazioni del nomadismo stagionale montano fosse proprio la caccia al cerco il quale migra stagionalmente in senso altimetrico, e che probabilmente veniva cacciato nei punti obbligati di passo come appunto le forcelle”. Ancora Guerreschi a dirci che: “Il combustibile usato era il pino mugo oppure il larice” e che “il materiale litico che veniva principalmente sfruttato per costruire gli strumenti era la selce mentre gli altri materiali come osso e legno erano reperibili in loco”. Ricordava quindi che nel 1986 fu rinvenuta una sepoltura che presentava un livello di conservazione molto buono: consisteva in una fossa scavata in un livello sterile, con l’inumato, un adulto di sesso maschile, disteso supino. La parte inferiore del corpo era coperta di pietre selezionate intenzionalmente, solo materiale di origina vulcanica e marna calcarea nonostante nel sito fosse reperibile con abbondanza anche Dolomia di Dürrestein. Gli arti erano tutti ben disposti tranne la mano sinistra che era messa verticalmente sul fianco destro con le dita leggermente ripiegate, come se al momento della sepoltura impugnasse qualcosa. Sul fianco sinistro, all’altezza della mano, una piccola chiazza d’ocra rossa. Sullo stesso fianco, all’altezza dell’avambraccio, un insieme di 33 reperti caratterizzato da alcune schegge e nuclei in selce, 4 estremità di corno con evidenti e differenti tracce di utilizzo, un punteruolo in osso, uno in corno con 4 rigature longitudinali, un arpone a denti alterni in corno, una scapola molto usurata e una vertebra. Dopo l’esposizione di altri elementi, l’autore sottolineava che “La conservazione dello scheletro è buona; erano presenti fratture secondarie tra cui quella del cranio che si presentava sfondato in corrispondenza delle ossa frontali e facciali… I primi studi antropologici (Alciati, Drusini, Delfino Pesce) hanno messo in evidenza che i resti di Mondeval si riferiscono ad un maschio adulto dell’età di circa 40 anni, alto un metro e 67; non si conoscono le cause della morte ma è messa in evidenza la presenza di un’osteopatia deformante a livello dell’emitorace sinistro e di una frattura perfettamente saldata di un dito della mano destra” ipotizzando che: “Dal punto di vista razziale sembra essere uno degli ultimi rappresentanti del tipo Cro-Magnon” (L’uomo di Cro Magnon è il primo esemplare di ritrovato in una grotta della Dordogna in Francia nel 1868. Si chiama così perché i primi resti furono ritrovati in un luogo denominato dalla gente del luogo Cro-Magnon – ndr.). E concludeva: “Questa sepoltura sembra essere attribuibile con buona approssimazione al Complesso Castelnoviano e localizzabile nel sesto millennio, mentre i reperti più antichi rinvenuti a Mondeval dovrebbero essere localizzabili nel settimo millennio. E’ la prima volta che a quote così elevate si rinviene una sepoltura antica, ed è pure eccezionale che in un sito Mesolitico di alta quota si conservino i reperti di origine organica. La sepoltura ed il corredo sono visibili al pubblico nel Museo della Val Fiorentina, a Selva di Cadore, intitolato proprio a quel Vittorino Cazzetta del quale il giornalista bellunese Sergio Sommacal scriveva, fra l’altro, in: “Appuntamento con il destino nella grotta al Piz del Corvo”: “…Vittorino – classe 1947, asciutto, robusto – era uomo di poche parole e pochissime frequentazioni… Raramente consentiva che qualcuno lo accompagnasse nelle sue esplorazioni, che spesso si protraevano per un paio di giorni… Zaino militare d’annata, macchina fotografica, obiettivi, martello, amore totale per le montagne di casa dalle quali mai si allontanava. E, dentro, il fuoco della passione. Quello che – come da più parti è stato rilevato – ha fatto sì che il salto di qualità nella ricerca del Mesolitico, soprattutto nel Bellunese, sia stato merito di osservatori ‘non qualificati’ più che di studiosi accreditati…”.
NELLE FOTO (Museo Vittorino Cazzetta, L’Amico del Popolo, Neveitalia, riproduzioni dal libro “Immagini dal tempo edito dal Comune di Belluno): Mondeval de Sora: in primo piano il masso utilizzato per l’insediamento mesolitico; Vittorino Cazzetta; il museo di Selva di Cadore che gli è stato intitolato; il prof. Antonio Guerreschi; corredo funerario della sepoltura: Arpone, parte funzionale di arma da getto; la sepoltura dopo l’asportazione del riempimento della fossa; rilievo della sepoltura; corredo funerario composto da 33 elementi; particolare della parte superiore della sepoltura; visione frontale del cranio dopo il restauro; nuclei, strumenti, lame, lisciatoio in selce; corno di cervo e punteruolo; punteruoli in corno di cervo posti sopra lo sterno e tra le ginocchia dello scheletro.