di RENATO BONA
BELLUNO Concludiamo la “rilettura” del libro curato nel 1934 dal vice prefetto Carlo Riva (e stampato il 21 aprile, anno dodicesimo dell’era nello stabilimento tipografico Panfilo Castaldi di Feltre) per conto della Regia Prefettura di Belluno e della Federazione fascista per fare il punto su “La Provincia di Belluno in regime fascista” con relazioni sull’“attività svolta e opere compiute sotto il regime dalle amministrazioni e dagli enti della provincia”. L’ultimo capitolo dell’ormai introvabile volume è riservato alla Società forze idrauliche Alto Cadore e illustra l’impianto idroelettrico Piave-Ansiei, preceduto peraltro da quello che si occupa della S.A. Idroelettrica Bartolomeo Toffoli con sede in Calalzo. E partiamo proprio da questo per ricordare che la società venne costituita nel giugno 1926 per utilizzare parte dell’asta del torrente Molinà e distribuzione dell’energia nei comuni del medio Cadore “dove le industrie più specialmente ne sentivano il bisogno, con l’assunzione della fornitura dell’energia per la trazione elettrica della Ferrovia Calalzo-Cortina-Dobbiaco per i cantieri dei grandi impianti Piave-Ansiei” la relazione spiega che “sviluppò il primitivo programma in modo da utilizzare tutta l’asta libera del Molinà e del suo affluente Vedesana” e che gli impianti di produzione erano tre: sul torrente Oten (alto Molinà), sul torrente Vedesana, sul torrente Molinà, con i primi due che fanno capo alla centrale di Ciampato costruita in modo da sfruttare i due diversi salti dell’Oten e del Vedesana, il terzo alla Centrale di San Giovanni, tutti e tre in territorio di Calalzo. Ed eccoci all’impianto idroelettrico Piave-Ansiei che, cominciato nell’ottobre 1929 è stato portato a termine nel novembre 1931. Il 4 novembre, alla presenza del prefetto di Belluno Costanzo Gazzera, veniva alzata la bandiera sulle dighe del Piave e dell’Ansiei: “salve di 21 colpi salutavano la vita di queste opere su cui il segno littorio ammonisce: ‘Romae ad maiorem gloriam’. Solo 26 mesi sono bastati per compiere quest’impianto che comprende la diga a gravità sull’Ansiei e la diga a volta sul Piave, sette chilometri circa di galleria, la Centrale di Pelos e 52 chilometri di linea elettrica”. Segue la descrizione dell’impianto: la diga dell’Ansiei, detta di Santa Caterina dalla località su cui si trova, è al limite inferiore della frazione di Cella (Auronzo). Diga a gravità, non presenta certo una novità nel campo idroelettrico, pur tuttavia è una costruzione solida ed imponente. Misura 180 metri in sommità tra spalla e spalla e metri 53 di altezza totale; l’inclinazione del paramento a monte è del 6 per cento e dal 69 per cento quello a valle. Due batterie di sifoni composte ciascheduna da tre scaricatori del tipo Hetch-Hetchy, a dente, regolano lo scarico di superficie… Speciali studi furono fatti per questi sifoni: essi possono smaltire, nel caso di piena catastrofica, una portata di 400 metri cubi al secondo. Di alto interesse in questo impianto è l’ardita diga del Piave, costruzione arcuata, fatta con cemento d’alta resistenza, misura m. 1,20 di spessore in sommità sotto il cornicione e metri 8,65 alla base. Gli sfioratori a bicchiere sono 12 con uno a sezione quadrata, con una paratoia dal lato della valle capace di smaltire in caso di piena catastrofica una portata di 800 metri cubi al secondo. Gli sfioratori sono divisi in due batterie: una da otto che immette nello scarico di fondo, l’altra formata dai tre a valle, più quello a sezione quadrata che immette nello scarico di mezzo fondo. Il lago artificiale che ne risulta “è di una bellezza paurosa tra la strettoia dei monti, vero budello che segue per lungo tratto e sfiora in molti punti la strada del Comelico”. Le due dighe hanno 35 metri di ritenuta; dalla prima si stacca una galleria di collegamento a sezione circolare di 2 metri e mezzo di diametro e tagliando il monte sotto Pian di Namos, esce poco a valle della diga del Piave, all’altezza della galleria della strada del Comelico. L’attraversamento del fiume è fatto con due tubazioni in ferro del diametro di 1,65 metri ciascuna, su passerella a tralicci; la galleria di derivazione del Piave è di 2 metri e 90 nel primo tratto, e di metri 3,60 di diametro allorché riceve le acque dell’Ansiei, dopo l’attraversamento. Il pozzo piezometrico è scavato nel Col di Pelos e da esso parte la galleria che alimenta la doppia condotta forzata costituita da due tubi in ferro del diametro di 2 metri e 10 ciascuno. Il complesso delle gallerie è di 7.125 metri di lunghezza, la distanza massima tra le due finestre successive è di 1300 metri di galleria. Scendendo lungo la condotta forzata, appare nella valle la centrale di Pelos, architettonicamente elegante. Il sistema è stato progettato per una portata massima in relazione a 10 ore giornaliere di lavoro di 354 metri cubi al secondo. La centrale è su un solo piano, a due corpi principali di fabbricato e una sala di 30×54 metri con altezza di 15 nella sala alternatori e di oltre 20 in quella trasformatori; qui le macchine “con le loro linee armoniche costituiscono vero ornamento, e gli apparecchi, le sbarre, gli isolatori e le protezioni invece di deturpare costituiscono veri elementi decorativi”. L’impianto risulta atto a produrre nella centrale di Pelos circa 90 milioni annui di Kw ora di energia stagionale e tali quantitativi potranno in avvenire essere aumentati coll’immissione delle acque del torrente Piova, affluente del Piave presso Pelos con un secondo serbatoio a monte del primo sull’Ansiei, a Ponte Malon. In chiusura, la relazione presentata dal vice prefetto Riva sottolinea che per la diga a gravità di Santa Caterina vennero gettati circa 94 mila metri cubi di calcestruzzo con punte di 1750 nelle 24 ore, e per quella ad arco sottile del Piave, più di 30 mila metri cubi di calcestruzzo con punte di 750 nelle 24 ore, cifre che costituiscono veri record e che “la perfetta efficienza tecnica degli impianti e la moderna concezione di essi potevano consentire, ma che solo la volontà, l’intelligenza e lo sforzo diuturno dei dirigenti, prodigatisi con vera abnegazione, potevano ottenere. Prova di stile non confondibile. Il numero degli operai impiegati giunse fino a 3000; questi lavoratori validi e perfetti furono disciplinati ogni dire e coraggiosi nei lavori che si svolsero spesso in condizioni di disagio e difficili, quali ad esempio lo scavo nel greto del Piave che giunse a 30 metri di profondità sotto il letto naturale del fiume, e non trascura di ricordare che “In pari tempo si procedeva alla costruzione di 52 chilometri di linea trifase alla tensione di 135.000 volt , su tralicci in ferro, tra Pelos e Fadalto, con campata media di 290 metri e massima di 714 e la linea telefonica su pali in cemento armato. Speciale menzione va fatta, oltre che del personale tecnico e della mano d’opera esclusivamente italiani, del macchinario e del materiale fornito tutto da ditte nazionali sia per ciò che riguarda la parte meccanica ed elettrica che per quella civile”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “La Provincia di Belluno in regime fascista”; Elvis Del Tedesco): la copertina dell’introvabile volume curato dal vice prefetto Carlo Riva e stampato da Castaldi di Feltre nel 1934; la diga a gravità sull’Ansiei, ad Auronzo, della Società Forze idrauliche Alto Cadore; il lago artificiale di Auronzo; la diga sul Piave lungo la valle del Comelico; interno di una galleria in curva; veduta della centrale e delle condotte forzate a Pelos; due immagini della centrale di Pelos, oggi.