Dedicata ai santi Severo e Brigida (lui dodicesimo vescovo di Ravenna, nel secolo IV e Brigida d’Irlanda fondatrice e badessa di un grandioso monastero vissuta nel V secolo), la parrocchia di Tisoi (parroco è don Gemo Bianchi) porta quale anno di fondazione il 1834, ma la storia va molto più indietro nel tempo dato che è accertato che già nel 1430, nella ridente frazione bellunese vi era una cappellania. La chiesa infatti fu eretta una prima volta nel ‘300 e nel 1765 fu ricostruita. In proposito il sito asbfc.webiblio.net citando “Chiesette alpine: Tisoi” dello storico agordino prof. don Ferdinando Tamis scrive: “Risale al sec. 15. l’edificazione della chiesa di Tisoi, quando i regolieri di Tisoi, Azei e Giazzoi fondarono la cappelania suburbana, separandola da quella di Bolago e Antole. Della chiesa originaria rimane probabilmente la tavola di Paolo da Tisoi (1519), mentre gli arredi dell’attuale chiesa, riedificata nel 1765, provengono in parte dalla chiesa dei SS. Gervasio e Protasio di Belluno”. Di questa parrocchia si è occupato anche Vincenzo Caputo, valente autore di diverse belle pubblicazioni tra le quali il libro “Capitelli e immagini sacre a Belluno” edito dall’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali nel settembre del 1989 per i tipi della tipografia Piave, nel quale le ha dedicato un corposo capitolo corredato da una serie di immagini. Caputo scrive che nella via per Libano di Tisoi si incontra un capitello in pietra del XIV secolo, in discreto stato, intitolato a san Nicolò di Bari, santa Giustina Martire, san Simon e san Bernardino da Siena. E prende atto dell’esistenza dell’affresco discretamente conservato di san Nicolò di Bari, e di quelli di santa Giustina Martire, san Simon e san Bernardino da Siena, precisando: “Questi affreschi sono rivolti ognuno in corrispondenza dei quattro punti cardinali: san Nicolò da Bari rivolto a nord, santa Giustina martire ad est, san Simon a sud e san Bernardino da Siena a ovest. Precisa quindi che “sono stati più volte restaurati e da ultimo dal pittore Luigi Vardanega, come si capisce da una scritta sul capitello stesso: “Luigi Vardanega rest. A.D. MCMLXXIV”. Proseguendo nell’esposizione, l’autore si sofferma sul capitello in pietra del 1910, in buono stato, che sorge nella via Zeneghe di Collungo e illustra l’opera all’interno: “Il sant’Antonio da Padova con Gesù Bambino, è composto da 16 soggetti di cui una statua in legno, un crocifisso in metallo, una cornice in legno che racchiude la Madonna e Gesù Cristo in metallo, una cornice in legno con il monogramma di Gesù, 10 quadri tra i quali una con cornice in metallo, con dodici immagini sacre, del 1910 e anni successivi, il tutto ben conservato. Quanto ai santi si tratta di sant’Antonio da Padova con Gesù Bambino, Crocifisso, Madonna con Gesù Cristo, sant’Antonio abate, la Sacra Famiglia, Madonna con Gesù Bambino, san Pietro, Gesù del Sacro cuore e santi vari. Un’annotazione: “Questo capitello, ristrutturato nel 1962, fu eretto da Corona Gioacchino con l’aiuto di altre persone, in sostituzione di un altro capitello esistente poco distante, da tempo diroccato. Nella via Zei troviamo il capitello in muratura del 1904, in discreto stato, intitolato a san Giorgio. All’interno un quadro con immagine del 1904 ed un Crocifisso in plastica su Croce in legno, collocato nell’ultimo dopoguerra, discretamente conservati. Il capitello di San Giorgio è stato realizzato dal muratore De Martin Giuseppe per conto della Fabbriceria di Tisoi, allora composta da: Lorenzo Giozzet detto Lorenzon da Tisoi, e da Luisetto Bortolo. Nel 1925 fu restaurato il manto di copertura ed in seguito alcune piccole manutenzioni sono state fatte da una persona anziana: Emilio Nai. Sempre lungo al via per Libano, nei pressi del cimitero è visibile un altarino in legno del 1984, in buono stato, con un Crocifisso in metallo su croce in legno. Questo altarino posto per devozione ed all’attenzione dei passanti da Bortot Franco, qualche tempo fa subì un atto vandalico con la rimozione del Cristo, che ritrovato nella vicina scarpata, fu ricollocato al suo posto. Concludiamo la carrellata, col “botto”: nella località Santa Giustina è stata edificata la chiesetta di santa Giustina, opera in pietra del XIV secolo, parzialmente diroccata. Nella stessa zona è stata rinvenuta l’impronta del piede della Santa su un blocco di pietra. Vincenzo Caputo scrive che “Era tradizione che il giorno 7 ottobre di ogni anno si festeggiasse tale ricorrenza con l’accorrere della popolazione nei pressi di questa chiesetta ormai in rovina e nei pressi di questa antichissima pietra dove la leggenda indica l’impronta del piede di Giustina. Tradizione protrattasi fino al 1935”. Specifica che su una lapide in marmo con incisioni ancora leggibili, all’entrata della chiesetta si può leggere una frase latina che dice: Questo capitello rovinato dal terremoto nel 1936 è stato rifatto e restaurato con il contributo della parrocchia nel 1938”. E conclude: “Si tramanda che l’acqua sorgiva raccolta nell’incavo di questa antichissima pietra dove si dice esservi l’impronta di santa Giustina, servisse a sanare coloro che soffrivano di qualche malattia agli occhi e che, una volta bagnati ne avessero un miracoloso beneficio”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Capitelli e immagini sacre a Belluno, di Vincenzo Caputo): il capitello dei santi Severo e Brigida a Tisoi; gli affreschi di san Nicolò di Bari, santa Giustina Martire, san Simon, san Bernardino da Siena; facciata ed interno del capitello in pietra di sant’Antonio da Padova nella via Zeneghe di Collungo; il capitello di san Giorgio nella via Zei e l’interno con quadro e crocifisso; l’altarino con crocifisso nei pressi del cimitero; la chiesetta in pietra di Santa Giustina, parzialmente diroccata e, nei pressi, l’antichissima pietra con l’impronta della Santa Giustina: secondo la leggenda dall’incavo della pietra si poteva raccogliere acqua per sanare chi soffriva per malattie agli occhi.