L’autoimprenditorialità non va più di moda ? Pare di sì. Almeno in Veneto. Se in Italia, infatti, il popolo delle partite Iva ha ripreso ad aumentare dopo il 2020, annus horribilis caratterizzato dallo scoppio della pandemia, nella nostra regione, invece, la platea dei lavoratori indipendenti è continuata a diminuire. Tra il 2019 e il 2023 (in entrambi i casi i dati sono riferiti ai primi 9 mesi dell’anno), in Veneto la contrazione del numero è stata pari a 16.600 unità (-3,5 per cento). Da noi, pertanto, il cosiddetto popolo delle partite Iva è costituito da 462.300 unità. Un dato che, seppur in calo, rimane inferiore solo a quello della Lombardia (863.200) e del Lazio (464.900) (vedi Tab. 1). A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Se negli ultimi tre anni in Italia il numero dei lavoratori autonomi “classici” (ovvero gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori) ha subito una costante riduzione, a condizionare positivamente il dato complessivo nazionale delle cosiddette partite Iva è stata la crescita di quelle senza albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio, etc.
In Veneto, invece, hanno continuato a diminuire sia i primi che i secondi. Negli ultimi 8 anni, infatti, anche i lavoratori indipendenti “classici” presenti nella nostra regione sono scesi di 58.930 unità (-14,8 per cento) (vedi Tab. 2), con punte di riduzione che a Rovigo hanno toccato il -18,3 per cento, a Vicenza il -17 per cento, a Belluno il -16,8 per cento e a Verona il -15,6 per cento (vedi Tab. 3).
Scomponendo il dato tra artigiani, commercianti e agricoltori, la contrazione più “pesante” ha interessato i primi. Tra il 2014 e il 2022, infatti, il loro numero in Veneto è diminuito di 30.228 unità (-17,3 per cento), con punte di decremento che hanno toccato il -23,6 per cento a Rovigo, il -20,5 per cento a Verona e il -18,5 per cento a Vicenza (vedi Appendice A).
Più contenuta ma altrettanto pesante è stata la contrazione registrata dai commercianti. Sempre negli ultimi 8 anni, in regione lo stock è sceso di 24.355 unità (-13,9 per cento). La provincia più colpita è stata ancora una volta Rovigo con una contrazione del -18,8 per cento. Seguono Belluno con il -17,4 per cento e Vicenza con il -16,1 per cento (vedi Appendice B).
Gli agricoltori, infine, in Veneto sono diminuiti nel periodo monitorato di 4.347 unità (-9 per cento). La provincia più penalizzata è stata Vicenza con una variazione negativa del -13 per cento. Seguono Venezia con il -12,6 per cento, Padova con il -11,6 per cento e Verona con il -9,8 per cento (vedi Appendice C). In tutte e tre le categorie appena richiamate (artigiani, commercianti e agricoltori), i dati includono le posizioni Inps dei titolari dell’azienda, dei soci e dei collaboratori familiari.
Perché mai in Veneto il popolo delle partite Iva ha risentito maggiormente di altre aree del Paese gli effetti negativi della pandemia e del boom dell’inflazione? Secondo l’Ufficio studi della CGIA, ciò è avvenuto a causa del crollo dei consumi delle famiglie che in questi ultimi anni nella nostra regione è stato più marcato che in altre realtà territoriali. Lavorando prevalentemente per il mercato domestico, una volta “franati” i consumi delle famiglie, anche il fatturato di tantissimi lavoratori autonomi ne ha risentito negativamente, provocando la chiusura di tantissime piccole attività.
Non solo, ma ciò che si fa fatica a spiegare è che il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi in questi ultimi tre anni in molte altre regioni d’Italia è avvenuto grazie alla ripresa economica maturata dopo l’avvento del Covid. Crescita che ovviamente ha interessato anche il Veneto, ma non al punto tale da dare una spinta positiva anche al nostro mondo del lavoro autonomo. Sicuramente in Italia ad allargare la platea del popolo delle partite Iva ha concorso anche il fisco. L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85 mila euro ha reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Infine, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica dei lavoratori indipendenti sia riconducibile anche all’incremento delle “false” partite Iva. Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni, infatti, è probabile che le “finte” partite Iva siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato in Italia attorno alle 500 mila unità. Una soglia che avevamo già raggiunto una ventina d’anni fa. Insomma, in Veneto i fenomeni appena enunciati non sono riusciti a dare un impulso positivo sullo stock, perché, purtroppo, la mortalità delle micro imprese è stata superiore alla natalità.