COLLE SANTA LUCIA è stata inaugurata a Colle Santa Lucia la mostra “Emigrazione dalla montagna dolomitica nel corso del novecento”, progetto finanziato e organizzato dall’Istituto Culturale Ladini di Colle S. Lucia, con il patrocinio e la collaborazione dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, che ha sostenuto con entusiasmo l’iniziativa: sono rappresentate con fotografie d’epoca, documenti e lettere, le storie di vita di persone emigrate prima verso l’Australia, l’Argentina, le “Americhe”, e in seguito verso i paesi europei (Francia, Svizzera e Germania erano gli Stati di destinazione scelti da questi paesi soprattutto nel secondo dopoguerra fino agli anni 70 del novecento). La mostra è aperta fino al 15 settembre con i seguenti orari: giugno, luglio e settembre – giovedì, venerdì e sabato dalle ore 16.00 alle 19:00; agosto – tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00. Per informazioni o prenotazioni di gruppi anche al di fuori di quest’orario, si prega di contattare l’Istituto Culturale Ladino “Cesa de Jan” a Colle S. Lucia: 0437/720609; [email protected] – www.istitutoladino.org
1 Le due testimoni Frida Palalbazzer e Lina Murer. 2 Luciana Pall e Denni Dorigo presentano la mostra.3 a testimone Frida Pallabazzer, L. Palla, la presidente dell’Iat. Lad. “Cesa de Jan” Elsa Zardini, la testimone Lina Murer. 4 Due ragazze di Colle S. Lucia in costume ladino, il sindaco Paolo Frena, Luciana Palla, Elsa Zardini presidentedell’Istituto Ladino Cesa de Jan di Colle S. Lucia, Denni Dorigo direttore.
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Emigrazione
dalla montagna Dolomitica nel corso del Novecento
Una mostra fotografica che riscoprire il flusso migratorio dell’area Ladina
BELLUNO L’Istituto Culturale Ladino “Cesa de Jan” offre l’opportunità di visitare la mostra Emigrazione dalla montagna Dolomitica nel corso del Novecento a cura di Luciana Palla. Il fenomeno dell’emigrazione ha colpito l’Italia e il nostro territorio bellunese in quanto i nostri connazionali e conterranei si trasferivano, permanentemente o stagionalmente, in altri Paesi o in altre città italiane per dare una svolta alla propria vita. Un fenomeno che dopo un arresto, ora torna a ripetersi. La ricerca di Luciana Palla si focalizza sulla migrazione nel corso del Novecento nei comuni di Colle S. Lucia, Livinallongo e Rocca Pietore. Come ha affermato lei stessa, il suo studio è il risultato di due anni di ricerca, di cui il primo passato nei libri della Biblioteca delle migrazioni Dino Buzzati (sede ABM) per studiare da zero un fenomeno a lei abbastanza sconosciuto. Ma le sue analisi non si fermano allo studio distaccato del fenomeno. Sa che il fattore umano è importante e, perciò, decide di andare lei stessa alla ricerca di testimonianze dirette parlando con gli stessi abitanti dei comuni sopra citati dalle quali traspare un’umanità complessa, ma utile al suo lavoro con lettere, foto e storie diverse fra di loro. «Ogni comune aveva le sue caratteristiche, che hanno influenzato le modalità e i mestieri dell’emigrazione, ma le mete erano sicuramente l’Argentina, l’Australia, la Svizzera e il Sudtirolo – evidenzia la Palla – Da Livinallongo, ad esempio, le partenze già iniziano a fine Ottocento diventando una tradizione tramandata da padre a figlio». Livinallongo e Colle S. Lucia, per il fatto di essere stati comuni austriaci fino alla Prima Guerra Mondiale, rappresentano una situazione economica e politica diversa che, di conseguenza, influenza gli spostamenti in modo differente. Tra le varie peculiarità, si sottolinea l’emigrazione minorile in Sudtirolo tedesco e ladino, oppure coloro che partivano già con un mestiere imparato e con i propri attrezzi (es. falegnami). «Importante – continua la Palla – è ricordare il ruolo delle donne: mogli e figlie, ma anche ragazze che partono da sole sia in America che in Europa e lavoravano nelle foreste, nelle miniere, nelle campagne, nelle fabbriche tessili o come balie e domestiche». Un altro aspetto che Luciana Palla sottolinea e che ancora oggi esiste, è lo spopolamento, fenomeno che inizia già nel 1945. Per quanto riguarda l’immigrazione, Luciana Palla ha voluto indagare per vedere quanto il nostro turismo e le nostre montagne riescano ad attrarre persone e non solo a lasciarle andare. «Tra chi ce l’ha fatta, c’è purtroppo chi ha fallito e di cui purtroppo si sono perse le tracce, – puntualizza la Palla – ma è anche questo un aspetto che ho cercato di studiare, nonostante le fonti scarseggino». «Uno studio di grande interesse al quale abbiamo dato subito la nostra collaborazione, oltre che il patrocinio – l’intervento del presidente Abm Oscar De Bona – anche perché si conosce poco dell’emigrazione dell’alto bellunese». «Un progetto voluto e sostenuto dall’Istituto Ladino “Cesa de Jan – conclude il direttore Denni Dorigo – anche perché il fenomeno migratorio è di estrema attualità, ma per comprenderlo dobbiamo conoscere il nostro passato». La mostra sarà inaugurata il primo giugno alle 17.00 e rimarrà aperta per i mesi di giugno, luglio, e metà settembre (giovedì, venerdì e sabato dalle 15 alle 19) e agosto (tutti i giorni, sempre dalle 15 alle 19). Un percorso interessante fatto di fotografie, documenti e filmati che esplorano alcuni aspetti del nostro territorio a volte poco conosciuti. Uno spunto di riflessione in una ricerca che, come affermato dalla stessa Luciana, è e sarà sempre in continuo movimento.