di DINO BRIDDA
…e venne il giorno in cui i resti della Politica italiana si sciolsero alla luce del sole in piena canicola estiva. Sul cumulo di macerie, però, Mario Draghi-Davy Crockett a Fort Alamo-Chigi è rimasto in piedi utilizzando un mix di esperienza-capacità-dignità ed equilibrio che gli valgono la stima del mondo intero. Ma nel tragico epilogo in Parlamento è valso il detto nemo propheta in patria. In questa giornata nella quale il raziocinio è operazione assai ardua, scacciando da noi il panico o «l’avevo detto io», è bene non appigliarsi a giudizi da curva sud, perché in politica non abbiamo bisogno di tifosi bensì di cittadini che abbiano il senso dello Stato.
Di fronte allo sfacelo odierno, cari elettori italiani, siamo sicuri di avere imparato bene la lezione? Abbiamo capito che, per quanto concerne solo questa legislatura moribonda – non escluse però le immediate precedenti – è chiaro e tondo che nel 2018 abbiamo eletto un Parlamento non all’altezza del suo compito? Tanto è vero che, oltre a implorare Mattarella: «Resta!», Palazzo Madama e Montecitorio non sono stati capaci di mettere in piedi un Governo politico. Soluzione: Giuseppe Conte e Mario Draghi, fate voi! Salvo poi cospargere il loro cammino di veleni e tanti chiodi…
Ciò che è stato è stato. È inutile guardare indietro, ricercare colpe, insultarsi a vicenda e continuare a giocare con il nostro destino da incoscienti. Così facendo rischiamo molto in materia di PNRR, bilancio dello Stato, crisi economica, incendi, laghi e fiumi in secca, riforme sociali, situazione della giustizia e della scuola, immigrazione, lotta alla malavita, degrado urbano, e via dicendo. L’elenco è lungo e drammatico e ci sono pure i cambiamenti climatici, la pandemia e la guerra in Ucraina. Già, ma molti sembrano più interessati al gossip del divorzio Totti-Blasi: e chi se ne fr…?
Pensiamo invece ai prossimi fatidici 70 giorni. I partiti si sfideranno a suon di programmi e promesse per guadagnare il voto, ma la loro base elettorale ragiona spesso con emotività ed empatia. Il tifoso vede solo i colori della sua squadra, il cittadino responsabile invece valuta i programmi stessi. Con questa legge elettorale rischiamo l’impasse del 2018, anche se il Parlamento sarà assai dimagrito da 321 (315 eletti e sei a vita) senatori a 200 e da 630 deputati a 400: totale da 951 a 606 (600 eletti e sei a vita). Almeno risparmiamo qualche milione di euro…
Domanda: «Chi ci sarà in lista?». Molti spariranno, non c’è dubbio. Ma chi è nelle segrete cose delle segreterie di partito difficilmente se ne andrà a casa. Ci troveremo, pertanto, a votare per chi ha già fallito? Nomi nuovi? Magari, ma siamo sicuri che saranno migliori dei loro predecessori? Di politici improvvisati le ultime legislature erano piene: vogliamo cadere dalla padella nella brace?
Morale della favola: una classe politica bene formata, istruita, competente e animata da autentico spirito di servizio non si costruisce in 70 giorni, ma ci vogliono anni, come si fece nella tanto vituperata prima Repubblica della quale taluni hanno tanta nostalgia, a torto o a ragione. Se oggi il buio all’orizzonte è dato dal fumo delle macerie della Politica, per il dopo elezioni non vedo di meglio, anche se spero di essere smentito dai fatti e dai nuovi parlamentari: «Non fatemi diventare nichilista, alla Politica alta ci credo ancora. Nonostante voi!».
Chiedendo scusa agli italiani all’estero, che tengono alto il nome del nostro Paese e oggi sono ripagati dagli sberleffi di chi li ha accolti, l’unica parola riassuntiva è quella comparsa oggi a caratteri cubitali in prima pagina del quotidiano “La Stampa” di Torino: «VERGOGNA».