BELLUNO L’eclettico monsignor Attilio Zanderigo Jona, Arciprete della Cattedrale e parroco di Belluno-Loreto, Decano del Capitolo della Cattedrale nonché Direttore della Scuola di formazione teologica, ha fatto una bella sorpresa ai fedeli o semplici visitatori della cattedrale-basilica: ha infatti messo in distribuzione il libretto “La cattedrale di Belluno dopo il terremoto del 18 ottobre 1936” in cui – a cura dell’ing. Adriano Barcelloni Corte che fu sindaco di Belluno dal 1951 al 1960, vi sono preziose notizie sulle riparazioni eseguite. La pubblicazione è datata nel senso che è stata stampata dalla bellunese tipografia Piave nel dicembre 1970 in mille copie numerate e firmate e rappresenta dunque, anche per questo, un reperto decisamente interessante. In apertura l’autore ricorda che “Alle ore 4,10 del 18 ottobre 1936 Belluno venne scossa da un forte terremoto; altre scosse si verificarono alle ore 22,50 dello stesso giorno e, più fortemente, alle ore 8,6 del giorno seguente; scosse di minor intensità si susseguirono poi fino al marzo 1937”. Precisa quindi che l’ing. G. Andreotti, nella memoria presentata il 27 dicembre 1936 al R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, classifica il terremoto per la città di Belluno nel grado VIII della scala Mercalli; ne stabilisce la provenienza da oriente e ne precisa le caratteristiche: terremoto sussultorio e ondulatorio, con prevalenza nella componente verticale. Fa notare che i danni più rilevanti si manifestarono nella parte alta della città e cioè Piazza Duomo e piazza Mercato, piuttosto che a Borgo Piave o Borgo Pra; osserva che ciò si è verificato anche nel terremoto del giugno1873 il quale, scrive, fu del tutto analogo ma disastrosissimo, mentre quello del 1936 non sarebbe da classificare neanche disastroso, nel senso considerato dalla scala Mercalli, se nei fabbricati avesse trovato più solidità e cioè non vi fossero state, per quanto lievi, delle lesioni preesistenti”. In proposito non omette di ricordare che: “… Si constatò infatti che dopo il terremoto del 1873, le lesioni furono stuccate con malta ma non vennero per niente riparate con ricuciture dei muri o con cordoli armati, e soltanto parzialmente trattenute con un tipo di tiranti in ferro quasi inefficienti in caso di terremoto”. Dopo l’evento del 1936, invece, vennero eseguite riparazioni a regola d’arte anche perché lo Stato provvide ad estendere a Belluno le provvidenze previste dal regio decreto del 25 marzo 1935 numero 640 che conteneva norme tecniche di edilizia con prescrizioni speciali per le località colpite dai terremoti, distinguendo le zone sismiche di 1. e 2. categoria. Belluno venne inserito nell’elenco della seconda categoria potendo in tal modo beneficiare di contributi specifici. Le riparazioni dovettero ovviamente essere eseguite sotto il controllo del Genio civile. La perizia eseguita dall’architetto Riccardo Alfarè nel 1938 su incarico della Fabbriceria , quantificò i danni in 390 mila 999,79 lire. Il Genio civile la approvò e la Fabbriceria diede la direzione dei lavori allo stesso Barcelloni Corte il 21 gennaio 1939 con avvio del cantiere il 27 febbraio 1940 ad opera della impresa di fiducia Bianchet e Fornasier di Belluno; il relativo contratto porta la data del 15 febbraio 1939; gli interventi – sempre seguiti dall’ing. Capo del Genio civile Praloran e dai suoi funzionari, furono ultimati il 29 febbraio 1940 e la contabilità chiusa nell’importo di 421 mila 493,40 lire. Ad Alfarè vennero liquidate 34 mila 500 lire, a Barcelloni Corte (anche per spese dell’aiuto Giovanni Sovilla) 20 mila. La Sovrintendenza ai monumenti di Venezia se ne interessò costantemente a mezzo del suo soprintendente architetto Ferdinando Forlati, coadiuvato dall’ispettore onorario di Belluno comm. Alessandro da Borso. La direzione lavori desiderò essere assistita per la parte artistica dall’architetto Alberto Alpago Novello il quale prestò l’opera sua, tanto competente e premurosa, in forma del tutto gratuita; egli in particolare si occupò e fece i disegni del nuovo ottagono della cupola grande sopra il coro e della nuova cantoria dell’organo. In chiusura, l’esposizione dei principali lavori di riparazione: costruzione di cordoli in cemento armato che legassero in alto tutte le strutture murarie della chiesa; rifacimento del timpano; cordoli entro la facciata sopra le porte laterali; riprese di varie lesioni e incassati blocchetti di pietra con decorazioni altomedioevali (ritrovati durante i lavori); rimessa in opera delle capriate sui cordoli; demolizione e rifacimento dei tetti delle navate minori; sistemazione degli archi; riparazione delle cupolette in testa alle navate e le semicupole degli altari del S. Sacramento e della S. Spina; demolizione totale dell’ottagono e della grande cupola sottostante che risultava gravemente lesionata; (nel frattempo si studiò il nuovo ottagono perché la Soprintendenza non volle che fosse rinnovato quello ottocentesco; nel 1939 fu chiesto all’architetto Alpago Novello di studiare il nuovo ottagono ed il professionista si attenne di massima a forma e misure di quello del Segusini, ma con prospetto assai semplificato). Ancora: sistemazione della scala a chiocciola in pietra nell’angolo tra il coro e la cappella della Sacra Spina, riparazioni importanti nei fabbricati delle sacrestie e quindi: “si volle poi ridare alla parte anteriore interna della cattedrale la sua vera luce riportando in vista le due grandi finestre gotiche della facciata che erano state coperte dall’organo che venne pertanto demolito”; altri interventi: rimessi a nuovo i serramenti ed eseguite nuove vetrate laterali e quelle due dei rosoni bassi della facciata istoriati con le figure di San Bernardino e dei Santi Ermagora e Fortunato; il rosone alto conteneva, malandata, una vetrata con le figure di S. Martino, S. Joatà e S. Lucano, che venne ripulita, restaurata e rimessa a posto.
NELLE FOTO (Google e riproduzioni dal libretto “La cattedrale di Belluno”): l’arciprete mons. Attilio Zanderigo Jona; copertina della pubblicazione; la cattedrale dopo i lavori; “angoli” restaurati; l’abside dopo il terremoto del giugno 1873; dipinto di Cesare Vecellio del 1570; pianta settecentesca della città di Belluno; stampa del diciannovesimo secolo di Francesco Peluti; cornice e decorazioni esterne; disegno del Segusini; la cupola del coro.