La redazione di RADIO PIU’, da tempo, da sempre, ha aderito alla proposta di “Giornalisti d’Azione” affinchè non vengano pubblicate notizie inerenti a suicidio. Concordiamo pertanto con le riflessioni deontologiche e civili poste alla base della proposta e che sono riportate integralmente nella nota firmata da Mario Tursi Prato che pubblichiamo integralmente per una profonda riflessione anche sul senso etico della professione di giornalista.
mirko mezzacasa
“Il suicidio è un gesto estremo. È un atto di profonda disperazione. Ed è un dramma lacerante anche per chi sopravvive al suicida e non riesce a darsi una spiegazione per un atto così conclusivo. “Ci appare come l’azione più personale che un individuo possa compiere, e che viene a configurarsi come una dura sfida al mondo che lo circonda”, spiegano gli psicologi. Sarebbe presuntuoso pretendere di conoscere veramente i sentimenti di chi compie un gesto così estremo che va contro ogni istinto di sopravvivenza. Cosa pensa una persona quando decide di darsi la morte? E quando a suicidarsi è un figlio, come vivono i genitori che, contravvenendo all’ordine naturale delle cose, si ritrovano a sopravvivergli? Questo dolore, questa sofferenza hanno diritto al rispetto della Stampa? Hanno diritto all’oblio, ad essere dimenticate? Quella del giornalista è una professione di grande responsabilità. E i giornalisti lo sanno talmente bene da essere l’unica categoria professionale ad avere avvertito, negli anni, l’esigenza di dotarsi di un grande numero di “Carte dei doveri”: c’è quella di Perugia, quella di Roma, quella di Firenze, quella di Treviso; c’è il Codice deontologico, c’è quello in materia di rappresentazione delle vicende giudiziarie, c’è perfino il decalogo del giornalismo sportivo. Tante “Carte” che hanno un comune denominatore: il rispetto della persona. E qui torna la domanda già posta qualche riga fa: è giusto pubblicare la notizia di un suicidio? La risposta è “no, non è giusto”. Non è giusto perché lo vietano chiaramente le norme deontologiche, secondo le quali pubblicare tali notizie favorisce anche lo spirito d’emulazione (e lo dimostrerebbero I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità); non è giusto pubblicarle perché è profondamente “inutile e crudele cagionare altra sofferenza ai famigliari e a chiunque sia già fortemente provato dal dolore”. Anche per questo motivo “non devono essere divulgate neppure le generalità di chi ha deciso di togliersi la vita e gli altri particolari che rendano il suicida identificabile”, perché il giornalista è tenuto al rispetto della persona, “che è uno dei cardini della professione”, come ricordano i principi della “Carta dei doveri del giornalista”. C’è una sola eccezione alla regola: “…pochi, straordinari casi nei quali il diritto ed il dovere di cronaca prevalgano sul rispetto della privacy…”, intendendo per tali i casi in cui l’atto, ad esempio, venga commesso da un personaggio pubblico. Regole, parole, scritti sempre più spesso inascoltati dai tanti, troppi giornalisti che, in nome di chissà quale ragione di un malinteso senso del commercio, non esitano a profanare il dolore di una famiglia, considerando quella di un suicidio alla stregua di una qualunque notizia commerciabile e spendibile sul mercato delle copie in più da vendere o, nel caso di siti web, di qualche visualizzazione in più, serva di una macabra curiosità. E tutto questo con buona pace delle regole deontologiche e con ulteriori aggravi nel processo di decadimento di una professione, quella giornalistica, sempre meno ancorata al rispetto di quei valori e di quelle regole da cui discende l’autorevolezza, unico riconoscimento a cui un giornalista deve ambire. per (ri)trovare questa autorevolezza è necessario ristabilire il giusto metro di valutazione della “notizia”. E l’Ordine dei giornalisti ha il dovere di garantire al pubblico la serietà e la professionalità dei propri iscritti anche, se necessario, comminando sanzioni a chi continua a derogare ai dettami del codice deontologico. Perché l’ “errore” di un giornalista non si trasformi in un’arma per delegittimare un’intera categoria già fortemente minata dai virus di pressappochismo, improvvisazione e abusivismo. È necessario che alcuni giornalisti vengano recuperati al rispetto della persona. Il primo passo per (ri)trovare quella dignità e, quindi, quella autorevolezza che il giornalismo rischia di perdere. Anche da noi ”.
FONTE: Calabria news
Sul tema dei suicidi l’Ordine dei giornalisti del Veneto raccomanda da sempre una particolare cautela nel trattare le notizie e invita giornali ed emittenti radio-televisive ad occuparsi delle sole vicende di rilevante interesse pubblico, avendo l’accortezza di limitarsi all’essenzialità dell’informazione per evitare di alimentare un pericoloso fenomeno di emulazione. Nel corso del seminario di formazione tenutosi a Padova, lo psichiatra Diego De Leo, esperto a livello internazionale, ha citato l’esperienza ormai consolidata all’estero, suggerendo ai giornalisti italiani la necessità di affiancare ai servizi che si riferiscono ai casi di suicidio, un articolo che, anche attraverso l’intervento di un esperto, possa offrire un contraltare di speranza, una possibile via di uscita. A tal fine è stata ribadita l’opportunità di indicare, all’interno dei servizi giornalistici, anche i numeri telefonici dei servizi ai quali è possibile rivolgersi per aiuto e supporto psicologico. I principali sono i seguenti: – Telefono Amico: 199.284.284 – Telefono Azzurro: 1.96.96 – Servizio regionale per la salute degli imprenditori (Progetto InOltre): 800.334.343 – De Leo Fund: 800.168.678