di RENATO BONA
Nel dicembre di 20 anni fa il Comitato frazionale, l’Amministrazione comunale e la Pro Loco di Ponte nelle Alpi davano alle stampe (progetto grafico e copertina di Paolo Munarin, stampa con la tipografia Nero su Bianco di Belluno) il libro “La festa e la memoria. Un secolo di emigrazione del paese di Soccher”, realizzato da Erminio Pierobon, Luciana Carniato, Augusto Modolo e Daria Burigo con i quali hanno validamente collaborato gli abitanti del paese fornendo date, nomi, documenti (in proposito, un particolare ringraziamento è rivolto ai fratelli Mario e Orlando Sechi, e viene onorata la memoria di Bepi Mares “Piola”). Nella presentazione, il Comitato frazionale esordiva affermando che “Il centenario della Festa dell’Emigrante è un compleanno che merita di essere ricordato, anche perché in questi ultimi anni tale festa continua a essere sentita sia dalla gente di Soccher sia da quella dei paesi limitrofi” ed è perciò “un fatto importante per la storia pur essendo limitata all’argomento dell’emigrazione dei suoi abitanti”. Riporta infatti documenti inediti e svariate note concernenti la festa, desunti da bollettini parrocchiali datati e propone uno studio genealogico di quasi tutte le famiglie che nel paese hanno vissuto le difficoltà ed i sacrifici conseguenti al dover “cercare miglior fortuna lontano dalla propria terra”. Dunque “un ricordo commosso di tutti gli ‘Esamponari’ vivi e scomparsi, che in ogni luogo, anche il più lontano del mondo, hanno portato e diffuso i valori della nostra cultura montanara”. Concludeva auspicando che questo libro “entrando nelle nostre case, porti i figli e i nipoti ad amare sempre più la nostra terra, le nostre tradizioni e i sacrifici di quanti ci hanno preceduto, per poter affrontare con più serenità le difficoltà che si presentano ogni giorno”. Seguivano gli indirizzi di saluto del sindaco Vittorio Fregona; della Bellunesi nel Mondo nella persona del presidente Gioacchino Bratti; del presidente della Comunità montana Bellunese, Luigi Roccon; del presidente della Provincia (Oscar De Bona (oggi al vertice proprio della Abm – ndr.). Premesso che “Questo lavoro si propone di raggiungere due obiettivi: il primo è di portare a conoscenza e rammentare che a Soccher di Ponte nelle Alpi (Belluno) c’è una ‘festa’ che compie cento anni; essa si tiene in gennaio ed ha lo scopo di salutare e di ricordare gli emigranti del paese. Il secondo obiettivo è quello di realizzare un desiderio e mantenere una promessa fatta tante volte, in occasione di feste, di mostre fotografiche, di ricerche storico-culturali e di incontri e colloqui: quella di ‘mettere sulla carta’ ricordi, fatti, avvenimenti della ‘nostra’ storia, raccontati da persone che amano richiamare alla mente tante esperienze di vita vissuta”, va detto che il libro si articola nei seguenti capitoli: “Questa ricerca”; “La ‘Festa degli Emigranti’”; “Oltre un secolo di emigrazione”; “L’asilo, il monumento, la piazza”; “Famiglie ed emigranti”; “Lettere e documenti”; “Ringraziamenti” (quest’ultimo dedicato a quanti, compresi molti cittadini di Soccher, hanno generosamente contribuito – ndr.). La prima immagine di una festa è quella che precede il capitolo “Oltre un secolo di emigrazione”: risale al 1936 è mostra, da sinistra: Marcello, Maria, Aurelia, Luciana (Fagarei), Linda, Maddalena, Camillo, tutti Pierobon, quindi, in basso: Maddalena De Bortoli, Aurelia, Palmira e Luisa, pure loro Pierobon. Ed eccoci ai dati sul movimento migratorio veneto con la sottolineatura che “L’emigrazione da Soccher non deve essere stata particolarmente differente da quella della regione in cui il paese si trova”: l’emigrazione veneta per l’estero durante il periodo dal 1904 al 1923, con destinazione Europa, Africa, Stati Uniti del Nord, Brasile, Argentina ed altri Paesi presenta le seguenti cifre: 1904-1906 emigranti 97.542; 1907-1909 emigranti 93.017; e poi nel 1910 quasi 93 mila; nel 1911 poco più di 97 mila; nel 1912 poco più di 114 mila; nel 1913 quasi 124 mila; nel 1914 quasi 114 mila; nel 1915 emigranti 11.684; negli anni 1916, ‘17, ‘18 e ‘19 rispettivamente 2.846, 1.025, 695 e 15.383; nel 1920 gli emigranti veneti sono poco più di 60 mila; nel ’21 si scende a 26 mila; nel ’22 sono quasi 58 mila e nel ’23 quasi 80 mila. Quanto alle motivazioni del partire “va comunque sempre tenuto presente che tra le molle che spingevano ad emigrare c’erano non solo la necessità di sopravvivere, ma in alcuni casi anche il bisogno di indipendenza, l’iniziativa imprenditoriale, il fascino della novità” come scriveva in uno studio lo storico Ferruccio Vendramini”. E non vanno dimenticate le spinte ad emigrare che potevano venire dagli esempi e dai sostegni dati da parenti e da amici già ricchi di esperienze positive. A volte, anche, ci si è allontanati (o si è stati mandati via) per motivazioni politico-ideologiche. Certo è – ad esempio – che “La difficile situazione del secondo dopoguerra spinse a riprendere la strada dell’emigrazione e quando gli sbocchi all’estero furono riaperti ricominciò l’esodo. In proposito viene citato ad esempio l’emigrazione di donne in Svizzera: vennero occupate nel settore tessile e ospitate in convitti tenuti da suore, o per continuazione di una precedente esperienza familiare oppure grazie all’interessamento di don Giacomo Viezzer, arciprete di Cadola di cui si cita il bollettino santa Maria di Cadola del dicembre 1977 in cui il sacerdote scriveva, sotto il titolo “Operazione lavoro”: “Per qualche anno, dal ’46, sono stato ufficio di collocamento ambulante non solo della parrocchia (comune) ma della provincia. Quante donne e quanti uomini furono occupati in Svizzera e in patria! La canonica era presa d’assalto. Il Vescovo, il prefetto, la Questura mi raccomandavano operai da occupare in Svizzera. Quanti viaggi, quante peripezie, quante storie!”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “La Festa e la Memoria” e archivio Renato Bona): la copertina del libro per i 100 anni della festa dell’emigrazione a Soccher di Ponte nelle Alpi, che propone “Donne alla fontana nella piazza di Soccher”, di Osvaldo Monti, 1881, per gentile concessione del Comune di Belluno; foto-ricordo per il gruppo Pierobon nell’edizione del 1994; il monumento agli emigranti, a Cadola; la targa di Piazza “all’Esempon” a Soccher; uno fra i tanti emigranti di Soccher: Angelo De Bortoli “Canon” (Bortoi), nato nel 1900, mancato nel 1983: scalpellino, impresario, muratore, capo squadra muratori, emigrato (dal 1929 al 1961) in Francia, regione parigina, e a Martigny in Svizzera; suo figlio Ferdinando, classe 1929, mancato da qualche anno (emigrato dal 1946 al 1989) carpentiere, capo squadra, falegname, capo cantiere a: Castel Verres in Valle d’Aosta, Campobasso, Martigny; l’arciprete di Cadola, Giacomo Viezzer, che molto si prodigò per gli emigranti; gruppo di famiglia dei Pierobon “Agati”; i “Barba” dei Pierobon “Agati” a fine ‘800: in piedi da sinistra Giuseppe e Domenico, seduti Giovanni e un altro non identificato; Gruppo dei Pierobon “Checuth”; Aurelia Pierobon “Ciani” emigrata in Svizzera due volte; nel camioncino della ditta con compagne di lavoro; superstiti dell’affondamento della “Principessa Mafalda” nel 1927: si riconoscono Giovanna Pierobon “dei Pasqueta” e, ultimo a destra: Luigi-But Viel, di Quantin di Ponte nelle Alpi; famiglia di Giuseppe e Umberto De Bortoli “Poloni”.