di RENATO BONA
Nel dicembre 1989 – in occasione del convegno dell’1 luglio dello stesso anno, svoltosi in quel di Mel, Palazzo delle Contesse messo a disposizione dal Comune – Grafiche Longaronesi stampavano per la Comunità montana bellunese, ad iniziativa della Libreria Pilotto editrice di Feltre, il volume “I castelli del Bellunese”, a cura di Bruno Fontana e Dario Dall’Olio, con contributi di Luisa Alpago Novello, Enrico Perego, Mauro Vedana, Marino Baldin, Mirco Minella ed Eldo Candeago (tutti relatori del convegno in terra zumellese), foto di: Adriano Alpago Novello, Marino Baldin, Sergio Pivetta, Anna Tazzara, Dario Tonet, Claudia Trevissoi e Mauro Vedana, impostazione grafica di Melarte, in sovracopertina disegno di Ornella Fiabane. Per dirla con l’allora assessore alla cultura della Comunità montana, Luigino Boito, dai Castelli (che cita in presentazione: Zumelle, Castelvint, Casteldart, Sant’Anna di Castion e Belluno “di cui rimane, esile traccia, il volto dei sotterranei che fiancheggiano il Palazzo delle Poste nel capoluogo”- ndr.) “… emana il fascino di antiche vicende che ci è stato fatto rivivere nel convegno di Mel dagli illustri relatori”. A sua volta Dario Dall’Olio precisava che “Il testo vuole costituire uno stimolo ad occuparsi in maniera maggiormente e doverosamente rispettosa di beni che, dopo ave costituito il fulcro d’una nostra nobile vicenda storica, ancor oggi possono essere punti di forza dì’uno sviluppo culturale armonico delle nostre zone”. Col suo articolato contributo nell’introduzione, il co-autore Bruno Fontana opportunamente ricorda, fra l’altro, che: “Ogni castello presenta naturalmente un’identità propria e peculiare, ma in tutti ritorna una caratteristica comune: tutti sovrastano dalle alture, o comunque punti di rilievo, colli, monti, sassi, rive di torrenti. In tutti ritorna cioè una specie di leitmotiv, ossia l’importanza di erigere castelli in punti quotati a scopo difensivo” per puntualizzare quindi che il libro, che “risulta una sorta di ‘collage’ ottenuto con vari interventi stesi poi in una relazione compatta e unitaria come qui si presenta, è quello di suscitare nel lettore l’interesse per questo patrimonio artistico con cui fortunatamente conviviamo. Un’informazione adeguata quale si prefigge questo saggio, correlato da un’indagine scrupolosa e condotta con un preciso metodo tecnico, può rappresentare l’opportunità di volgere uno sguardo di interesse al territorio nel quale viviamo, al fine di poter apprezzare tramite un approccio storico-archeologico questo notevole patrimonio artistico di cui la nostra provincia è straordinariamente ricca”. Non è dunque un caso che “Alcune delle relazioni presenti in questo ‘reportage’ mettono in rilievo proprio questo aspetto, ossia l’assoluta necessità di un recupero funzionale del castello, in una prospettiva di valorizzazione storico-ambientale della terra che ci ha dato i natali”. Il Bellunese infatti – scriveva ancora in conclusione – “pullula di numerosi castelli che il tempo e forse il disinteresse del passato hanno deturpato irrimediabilmente. Per la suddetta ragione attraverso questo ‘programma di sensibilizzazione’ verso i beni culturali della nostra provincia, si vuole lanciare un chiaro messaggio agli Enti locali e alle Sopraintendenze, ma soprattutto a noi tutti con l’obiettivo di un recupero adeguato e solerte, di una rivalutazione corretta, di un interessamento completo e professionale che oggi sappiamo possibile anche grazie a particolari tecniche di rilevamento a cui Mirko Minella dedica un capitolo di questo volume”. Ricordato che il pregevole volume si articola nei capitoli: “Il Castello di Zumelle e la linea difensiva della Val Belluna”, di Luisa Alpago Novello; “Il Castello di Feltre”, di Enrico Perego; “Belluno città fortezza: fra assedi e assalti…”, di Mauro Vedana; “Il Castello di Andraz: il restauro di un bene architettonico ed ambientale”, di Marino Baldin; “Beni culturali tra conservazione e sviluppo”, di Eldo Candeago; “Catalogazione e gestione dei beni culturali: il supporto informatico”, di Mirco Minella, ci soffermiamo in questa occasione su quello che si occupa del Castello di Zumelle (cui l’amico Edoardo Comiotto ha dedicato a mo di dicitura per un’immagine, questa breve lirica: “oh… Torre/ che sfidi il vento/ e il tuono minaccioso,/ che copri con l tua vista/ le valli e i rii,/ tu che ricordi…/ …ricorda per noi…/”). Luisa Alpago Novello esordisce scrivendo che “Quando si comincia ad interessarsi della storia antica della Val Belluna, il primo monumento che colpisce l’immaginazione è il Castello di Zumelle, che troneggia isolato e possente, ricco di storia e di affascinanti leggende” aggiungendo: “Ma, allargando le ricerche, ci si accorge che gli storici locali dei secoli XVI-XVIII (Bonifaccio, Piloni, Cambruzzi, Montebello) ci parlano di un gran numero di castelli, e di altri ancor oggi affiorano qua e là i ruderi…”. Dopo un inquadramento storico che va senz’altro letto e memorizzato, così come, del resto, i dettagliati riferimenti agli altri, numerosi castelli del Bellunese, l’autrice del capitolo scrive nello specifico del Castello di Zumelle: “Strettamente legato al passaggio della via Claudia per Praderadego è il Castello di Zumelle, il ‘Castrun Gemellarum’ dei documenti più antichi, la ‘Rocha de Mel’ nella traduzione volgare. Va ricordato che ‘Gemellae’ era il nome romano di Mel, la cui fondazione risale probabilmente all’età di Cesare. Dalla planimetria e dalle sezioni risulta chiara la posizione naturalmente forte del castello, circondato su tre lati dal torrente Terche, e ulteriormente difeso da mura e torri” poi, con riferimento ad una piantina allegata al testo, spiega che “Col punteggiato si è messo in evidenza il lungo e profondo fossato semicircolare, tutto mirabilmente tagliato nella roccia. Nella pianta, con tratteggio nero, è indicato il castello attuale. Al di sotto del mastio centrale, alla profondità di tre metri, sono apparse le fondazioni della primitiva torre, leggermente più piccola e con diverso orientamento, avendo un lato parallelo al fossato la penso costruita contemporaneamente ad esso”. Più avanti, Alpago Novello rammenta che: “Il Piloni attribuisce la costruzione del castello con torre al tempo del re goto Vitige (anni 536-40 d.C.) e riporta all’inizio del secolo VIII (periodo longobardo) la leggenda di Murcimiro di Zumelle e della bella Atleta”. A proposito della quale leggenda la libera enciclopedia Wikipedia, attribuendola allo storico bellunese Giorgio Piloni scrive che “Il valoroso Murcimiro, conte di Zumelle, si innamorò di Atleta, la bellissima figlia del conte Tucherio di Calteldardo, promessa sposa di Azzone, conte di Feltre. Murcimiro, travolto dal desiderio, giurò che l’avrebbe avuta anche a costo di morire. Alla testa dei suoi uomini tese un agguato al corteo che stava conducendo Atleta a Feltre: durante il terribile scontro il conte uccise Orleo, fratello della sposa, e rapì quest’ultima conducendola nel suo castello. Accecato dall’odio per la morte del figlio, Tucherio mosse il suo esercito contro il castello di Zumelle, le cui difese erano state nel frattempo potenziate. Non riuscendo a far uscire Murcimiro, devastò i vicini paesi di Tiago e di Villa, poi tornò a Casteldardo, inseguito dagli uomini del nemico. Quache tempo dopo tentò un nuovo assedio, ma la fortezza resistette. Frattanto, Atleta aveva sposato Murcimiro e gli aveva dato un figlio: Adelardo. Lo zumellese sperava che il lieto evento potesse placare l’animo di Tucherio. In effetti seguì un periodo di quiete e Murcimiro abbassò le difese, congedando molti dei suoi uomini. Era però una trappola: consigliato da un ex soldato di Zumelle, dopo tre anni Tucherio attaccò il castello e lo devastò senza difficoltà, uccise lui stesso Murcimiro e successivamente incendiò la fortezza. Atleta fu ricondotta a Casteldardo con il figlio, poi fu data in sposa ad Azzone. A lungo gli Zumellesi discussero su come risollevare le sorti della contea. Alla fine decisero di nominare conte l’erede diretto di Murcimiro, Adelardo, e di restaurare il Castello. Fu dunque inviata un’ambasceria a Tucherio, che accettò le richieste degli Zumellesi e addirittura diede loro 25 marche d’argento per finanziare il Castello. Riportò quindi il piccolo Adelardo a Zumelle, affidandolo alla tutela di Ermenfredo”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “I Castelli del Bellunese”, Wikipedia): la copertina del volume; visione di Praderadego col tracciato della via Claudia Altinate; il castello di Zumelle nel disegno di Alberto Alpago Novello, autore anche della planimetria e della pianta; uno scorcio dall’antico mulino; panoramica del maniero zumellese; la rocca di Zumelle; ancora il castello; la storica Luisa Alpago Novello, autrice dell’ottimo primo capitolo del libro; suggestiva immagine notturna del Castello.