AUDIO
LA PANCHINA
L’umido dell’autunno portasti quella sera
dentro il mio cuore infranto che ancora si dispera,
lasciasti la panchina tu, gravida di pioggia,
forse verso un destino composto di altra foggia,
là sotto quell’ombrello, scortata dai lampioni,
ti dileguasti esausta, negli occhi i lucciconi
per tutto il tempo perso stando dietro a un vigliacco
come ero io in quegli anni, oppresso e sotto scacco
per un legame spento che non volli troncare
e che al tuo folle amore mi spinse a rinunciare.
Dopo, sai, mille giorni passai su quella panca
dove aspettasti invano la mia ombra sfatta e stanca,
odiando quel me stesso, sì, titubante e ignavo,
vittima di incertezze e di un contratto schiavo.
Solo su quella panca da cui ti allontanasti,
con altre piogge addosso a pianger sui miei guasti.
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