Cinquant’anni fa dopo due tentativi andati a vuoto. Eugenio Bien protagonista assieme Riccardo Costantini il 14 febbraio 1971
di Giorgio Fontanive
AGORDO L’avventura invernale degli Agordini sulla montagna di casa, palestra dei “Gir”, era iniziata alcune settimane prima di questa data, con una salita interrotta ben in alto, addirittura sulle creste della Cima delle Masenàde, per una violenta tormenta di neve che aveva causato anche un principio di congelamento al “capopattuglia” Eugenio Bien. Era stata poi la volta di un nuovo tentativo prevedendo la salita al Van de le Nevère per i Cantôi de Framónt con un bivacco sotto le Torri del Camp, ma anche in questo caso la meteorologia aveva impedito ogni velleità interrompendo quanto stava a cuore agli Agordini ancor prima d’iniziare l’impresa. Poi……..Eugenio Bien ancora una volta consulta il gruppo dei “Gir” gli amici di croda: invero solo Riccardo Costantini si dichiara disponibile per il fine settimana sulla domenica 14 febbraio. Nonostante questa partecipazione ridotta, sabato 13 febbraio i due amici organizzarono la spedizione, prevedendo il pernottamento nel locale invernale del Rifugio Vazzoler che è raggiunto nel tardo pomeriggio. Finalmente il tempo si mantiene splendido, in regime d’alta pressione; basse temperature ma con un sole accecante. Domenica 14 febbraio sveglia alle ore 4.00 e partenza immediata. Raggiunto in discesa con gli sci ai piedi il Pian de le Taje e attraversata con un poco di attenzione la cengia sotto la Torre Trieste, la salita si svolge per un buon tratto agevolmente poi, alla base delle Nevère, Eugenio perde inopinatamente uno sci che si schianta sugli strapiombi sottostanti. Un attimo d’incertezza ma poi le provvidenziali racchette da neve sostituiscono egregiamente “i legni” e i due alpinisti possono avanzare – seppur con maggior fatica – nella neve farinosa del versante in ombra della montagna fin oltre la soglia del Van de le Nevère dove oggi è ubicato il bivacco Ghedini. Il ripido canalone ghiacciato che conduce all’intaglio di Forcella Castiglioni – Eugenio già lo conosce – non pone eccessive difficoltà: più ardua è l’uscita a lato della cascata di ghiaccio terminale, superata più di forza che di tecnica d’arrampicata invernale. Infine ecco il vasto piano inclinato della Cima Moiazza Sud, accogliente come il piazzale di un rifugio; uno scatto all’intorno distrattamente poi, subito giù per la corda ben assicurata alle rocce del ciglio che porta di nuovo alla forcella. Ma non è finita mentre il sole scompare dietro l’Agnèr: la via del ritorno è sofferta ma sicura, tanto da raggiungere il Vazzoler alle 23 dov’era intenzione di pernottare (altrimenti sarebbe stato più prudente evitare la risalita salita dal Pian de le Taje percorsa al mattino). È la preoccupazione per i familiari a far decidere differentemente: il tempo di un breve riposo poi le tensioni accumulate fanno loro riprendere la lunga discesa per il fondovalle senza sci. E sono le 2.00 del giorno successivo quando raggiungono la statale agordina appena in tempo per poter approfittare di uno strappo sull’automobile di Corrado “Lucky” Ben di ritorno da Falcade dopo una serata da protagonista con il gruppo dei Cardinal’s: l’ultimo atto di una lunga, estenuante ma indimenticabile giornata. Il riposo e la tranquillità dei familiari è la paga della giornata. In questi giorni di 50 anni dopo, in Eugenio Bien c’era qualche velleità di un essere nuovamente in montagna il 14 febbraio 2021 ma, motivi di forza maggiore, hanno fatto decidere altrimenti. In effetti, anche mezzo secolo fa le casualità e gli appuntamenti della vita avevano fatto sentire il loro peso sulle vicende degli uomini non solo nel ripetuto rinvio della salita invernale alla Cima Moiazza Sud. In quel 1971 così promettente e ricco di soddisfazioni, il 17 ottobre precipitava dalla Torre di Babele (Civetta), Renzo Conedera, in quel momento tra i soci più attivi della Sezione Agordina del Cai, al quale, a cinquant’anni dalla scomparsa, va il ricordo di quanti hanno apprezzato le sue qualità umane e alpinistiche