Con una dedica stringata ed anche per questo gradita: “A Renato Bona con amicizia e stima profonde”, lo scomparso Lucillo Bianchi classe 1923 (dal 1998 “padovano eccellente”, poeta, scrittore, saggista, pubblicista che ha pubblicato fra l’altro “La storia di Eulalia”, opera di narrativa, e che nel 1986 aveva ricevuto il premio internazionale “Maser”), cadorino trapiantato a Padova, mi faceva dono a Belluno il 12 settembre 1995 del libretto “La storia di Cibiana, dagli inizi del secolo 20° (1900-1905) ai giorni nostri (1950-1955) finito di stampare dalla bellunese tipografia Piave nel settembre del 1992. Un impegno, quello del saggio, che Bianchi (di Cibiana è stato anche sindaco) ha portato avanti in tre momenti: 1984, 1988 e gennaio 1990, per ricordare, in particolare, il fenomeno migratorio che (lo sottolinea nella presentazione Dino Bridda, attuale direttore del mensile Bellunesi nel Mondo, scrivendo: “…l’emigrazione di Cibiana, così come quella di tanti altri paesi della provincia di Belluno, è passata attraverso le vicissitudini di intere famiglie, costrette ad emigrare per cercare un migliore futuro… Famiglie che hanno scritto pagine di storia rimaste per troppo tempo nascoste nei cassetti della nostra timorosa memoria di gente della montagna”) vide verso la fine dell’800 inizi del ‘900 i cibianesi ad imitazione di molti altri abitanti di Valle, Venas, dello Zoldano,emigrare verso i paesi dell’Europa centrale. Bianchi: “I primi emigranti si diceva andassero ‘sull’esempon’ cioè a lavorare come carpentieri per la costruzione delle strade ferrate dell’Europa centrale (da Eisenbahn, ferrovia in tedesco). Poi, pian piano, il flusso migratorio trovò altri canali, si rivolse principalmente verso la Germania, l’Austria, la Polonia ove iniziarono l’attività di venditori di caldarroste, frutta, gelati. Anche la mia famiglia (mio padre Fausto Bianchi con i suoi fratelli Saulle, Dante e Matteo) fu presente in queste prime ‘uscite’ migratorie”. I fratelli Bianchi (del Postin) partirono per la Germania alla ricerca di un avvenire che non sempre fu lusinghiero… Ma da Cibiana non se ne andarono solo i fratelli Bianchi. Vi furono anche i Del Favero, gli Olivotti, i De Zordo ecc. Gestivano gelaterie, negozi di frutta, di coloniali. A Vienna, a Praga, a Varsavia furono in quegli anni presenti emigranti cibianesi o cadorini in genere. Lucillo Bianchi non dimentica la vita che si conduceva in paese dove “L’esistenza non era certo allegra, c’era molta miseria, la gente campava alla meno peggio…”. E passa quindi a richiamare il 1911 quando si aprono per il paese nuove prospettive occupazionali: prevedendo una guerra lo Stato maggiore dell’Esercito, decide la costruzione di una strada che da Forcella Deona (attuale Passo Cibiana) si inerpicasse fino al monte Rite. La strada era il pretesto per costruire alle pendici del monte una caserma per soggiorno di truppe ed in cima una vera e propria fortezza, con diverse postazioni d’artiglieria. I lavori durarono sui 3 anni e costituirono un rilevante fatto economico. Ma… la guerra fu una prova durissima inferta anche alla comunità cibianese e con la disfatta di Caporetto il paese si ritrovò nell’autunno 1917 teatro di operazioni e prigioniero di uno sparuto gruppo di gendarmi tedeschi “che cominciarono a taglieggiare in tutti i modi gli spaesati paesani con soprusi e patimenti inenarrabili per l’inerme popolazione”. Archiviata la parentesi della Grande Guerra, il fenomeno migratorio riprese nel 1920-25 con maggior vigore e le mete preferite furono: Canada, Stati Uniti), Brasile ed Argentina dove i cibianesi andarono a fare gli operai o avviarono fiorenti attività economiche: gelateria, bar, negozi di generi alimentari… Nel 1927 Cibiana conosceva la rivoluzione industriale: nasceva la prima fabbrica di occhiali, la Fioc (Fabbrica italiana occhiali Cibiana) “grazie a uomini come Romano Bianchi, i fratelli Benigno e Modesto Bianchi, Agostino Genova ed Agostino De Zordo”. Intanto si andava consolidando il regime fascista; poi la seconda guerra mondiale… Dopo la liberazione “la vita riprese il suo andamento normale ma passati i primi entusiasmi riprese lo stillicidio dell’emigrazione e tra il 1948-50 lasciarono stabilmente una quarantina di persone, sradicate dal loro paese, dalle loro famiglie, che partivano alla ricerca di un benessere che, spesso, si rivelò fallace”. Il saggio di Lucillo Bianchi dedica le ultime pagine all’esposizione dei flussi migratori da Cibiana anno per anno (a partire dal 1914 dato che prima il fenomeno non era censito), ricostruiti in collaborazione con l’ex impiegata comunale Novella De Zordo.
NELLE FOTO (riproduzioni dal saggio La storia di Cibiana” e dal periodico “Bellunesi nel mondo”): Lucillo Bianchi; la copertina della sua pubblicazione, col viale dei faggi; la retrocopertina col Sassolungo e gli Sfornioi (di U. Olivotti); panoramica del paese; la frazione Col e sullo sfondo l’Antelao; la frazione Masariè con la neve; Municipio e chiesa parrocchiale; Cibiana di Sotto e Strassei con sullo sfondo la catena del Sassolungo.