di Renato Bona
Siamo sinceramente grati, e sono davvero numerosi i suoi estimatori, al prof. Flavio Vizzutti per aver realizzato nel settembre 1999 a cura delle parrocchie di Cadola, Polpet-Ponte nelle Alpi, Col di Cugnan, Quantin, con valide collaborazioni, in primo luogo quelle dei parroci, il libro “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola” con documenti di storia e d’arte (stampa della bellunese tipografia Piave, referenze fotografiche di Giancarlo De Santi di Belluno e d’archivio). Se nel precedente servizio abbiamo sinteticamente detto del prezioso volume riportando lusinghieri passaggi delle presentazioni dell’arciprete di Cadola don Cesare Vazza e del sindaco di Ponte nelle Alpi, Vittorio Fregona, in questa occasione, anche se lo spazio è sempre tiranno, vediamo di conoscere unm po’ della storia della “Chiesa arcipretale di Santa Maria del Rosario di Cadola” di cui Vizzutti scrive in apertura: “Avendo già appurato che il primitivo tempio intitolato alla Madre di Dio risale a prima del Mille, nulla però conosciamo sino al 1340 anno in cui – pur indirettamente – viene ricordata la presenza del sacro edificio collegato alla Scuola dei Battuti”. E aggiunge: il 7 maggio 1519 il vescovo Galeso Nichesola (1509-1627) compie la prima visita alla pieve rilevando anche la situazione dei beni patrimoniali (dotali) della chiesa; possessi che all’epoca erano in genere costituiti da fondi agricoli o appezzamenti boschivi dati in periodico affitto alla gente del luogo. In tal modo si ottenevano i proventi indispensabili per le necessità connesse al culto, al mantenimento dello stesso edificio, alle opere assistenziali e di altro tipo. Qualche anno dopo, altra visita e “nel verbale del vescovo Giulio Contarini (1542-1575) giunto a Cadola il 18 luglio 1553 per incontrare i fedeli ed il pievano Giambattista Salatini, per ispezionare lo stato di manutenzione della matrice e delle chiese filiali diffuse sul territorio parrocchiale, si accenna al fonte lustrale che verrà rifatto nelle nobili forme tutt’oggi ammirabili da don Sebastiano Salatini (fratello del precedente) nel mese di aprile 1585”. Altre notizie a volo d’uccello: sotto il dinamico pievano Sebastiano Salatini – titolare dell’incarico dal 1561 al 1585 – si completano i principali lavori per l’ingrandimento del tempio (la matrice è infatti divenuta insufficiente per l’incremento demografico) ed il 26 agosto 1577 il vescovo Giovanni Battista Valier (1575-1596) consente alla richiesta di poter eseguire in pietra il dossale dell’altar maggiore, destinato ad ospitare nel 1581 la pala di Cesare Vecellio, tutt’oggi in loco… Dopo diversi anni, tutto è messo in regola ed il 29 agosto 1594 il vescovo consacra la nuova pievanale. Il 26 settembre 1627 giunge a Cadola il vescovo Giovanni Dolfin (1626-1634) che apprezza i restauri del campanile, loda poi l’artistico tabernacolo, gli arredi, il bel pavimento di pietra ed il senso di decoro generale “dovuto alla sagacia dei vari amministratori e alle cure del pievano Vincenzo Oregne. E siamo alla mattinata di martedì 6 agosto 1754 quando il vescovo Giacomo Costa (1747-1755) concluse la visita alla parrocchiale dove “trovò il tutto decentemente tenuto”. Saranno invece gravi offese quelle inferte a campanile e chiesa durante il bombardamento del 23 marzo 1945 ma: “la tenacia e l’amorevole attaccamento della gente” avranno ragione dei nuovi danni se nell’autunno dell’anno successivo tutto è stato ripristinato con il massimo decoro anche grazie all’intraprendenza dell’arciprete Giacomo Viezzer. La chiesa madre torna all’originario splendore ed il 2 febbraio 1947 il vescovo Girolamo Bortignon (1944-1949) ne presiede la consacrazione. Il 2 febbraio 1997 – conclude il prof. Vizzutti – in occasione delle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della consacrazione, è stata infine scoperta una lapide, eseguita dallo scultore Franco Fiabane, murata vicino all’ingresso principale.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola”): architrave dell’antica sacrestia ora murata sopra l’ingresso della vecchia canonica; visione dell’esterno; visione generale dell’interno; dall’Archivio arcipretale: Catastico della chiesa di Cadola, 1783; porte dell’ingresso principale, opera dello scultore Valentino Riva; Statuti Scuola Battuti, 1758; Penitenti, in pietra di Cugnan, ai lati dell’ingresso principale; di scultore veneto, in marmo di Carrara: San Domenico di Guzman e San Tommaso D’Aquino, ai lati dell’arcata trionfale; Beata Vergine del Rosario in legno laccato e parzialmente dorato, di Valentino Panciera Besarel, primo altare minore di sinistra; di anonimo bellunese: Santi Sebastiano, Rocco e Stefano, olio su tela, pala del secondo altare minore di sinistra; di anonimo del secolo XVII: Angelo custode e Santi, olio su tela, pala del secondo altare minore di destra; di Cesare Vecellio (1581): Vergine in trono tra i Santi Giovanni Battista e Girolamo, olio su tela, pala dell’altar maggiore; di Antonio Mussner (1928): Santi Giuseppe e Giovanni Battista, legno laccato, ai lati dell’altar maggiore; Francesco Frigimelica “Il Vecchio” (Camposampiero di Padova 1570 circa – Belluno post 1646) l’autore di “Madonna dei Battuti”, parete di destra dell’aula: particolare di quest’opera.
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