“Speciale e notevole è in queste valli – scrive il Brentari nella sua guida del secolo scorso – la industria dei chiodaiuoli, i quali sono uniti nella Società Industriale Zoldana per la lavorazione del ferro”. Essa sorse nel 1873. E’ una società cooperativa formata da circa 600 operai, i quali furono aiutati sul principio da qualche privato e dal Comun di Forno per lì acquisto dei materiali di fabbrica, e per regolare la forza d’acqua necessaria alle officine. Gli operai hanno una diretta cointeressenza e comproprietà nel capitale sociale, essendo tutti concorsi a formarlo. La società è retta da uno statuto. Ha un capitale nominale di Lire 130.000, possiede uno stabilimento laminatoio a cilindro, a turbine della forza di 62 cavalli per la cilindrazione del ferro in lamine e verghe di varie dimensioni, quattro forni per la fusione, 20 officine per la fabbrica dei chiodi, tre fabbriche di caldaie di ferro ed attrezzi rurali e da cucina nonché una fabbrica di pesi”. Quanto precede è riportato nel libro “Belluno e provincia nelle vecchie cartoline”, autori gli storici bellunesi Giovanni Fabbiani e Giuseppe Sorge, edito da Canova per i tipi delle officine grafiche Longo e Zoppelli pure di Treviso, nel dicembre del 1975. La lunga introduzione-dicitura di una serie di immagini della vallata prosegue: “Ciò malgrado la povertà di mezzi e di risorse, le difficoltà di comunicazioni, la lontananza dai grandi centri hanno costituito altrettante remore per uno sviluppo della valle Zoldana”, aggiungendo: “Alta è all’inizio del secolo , la percentuale di emigrazione. Gli uomini durante l’inverno si recano per lo più a Venezia, Padova, Milano, Genova, Roma, ad esercitare il mestiere di ‘offelliere’, prestinaio, o venditori di dolci e frutta cotta. Il turismo poi incomincia a scoprire le bellezze di questa valle: montagne, boschi, pascoli, valli e corsi d’acqua. A FORNO DI ZOLDO, qui riprodotto in questa cartolina del 1920, sul finire del secolo scorso,vi era soltanto un albergo, quello di Angelo Cercenà, chiamato ‘Stella delle Alpi’ con circa 25 letti. Vi era però la possibilità di prendere in affitto, sia in estate come in autunno, varie case civili ammobiliate. Oggi, però, la gente zoldana è nota in tutto il mondo per la particolare abilità nella fabbricazione dei gelati. E il territorio si è decisamente affermato”. Segue una sintetica carrellata di diciture per le fotografie (qui riprodotte, scusandoci per la scarsa qualità) su varie realtà caratterizzanti la vallata: FORNESIGHE, di cui si ricorda che “Nel 1887 aveva 47 case con 708 abitanti”, e si sottolinea che in fondo alla valle domina la massiccia mole del Pelmo ‘El caregòn del Signor”; CASA RUSTICA: l’eleganza dell’edificio “è data soprattutto dalla funzionalità degli elementi architettonici e decorativi… lungo il muro la legna è già stata accatastata per sopperire alle esigenze del lungo inverno”; DONT: paesino che sorge alla confluenza del Maè con il Duran; qui vi erano i forni fusori del ferro di Canazzè; si ricorda quindi opportunamente che “in una contrada vicina a Dont nacque il famoso scultore in legno Andrea Brustolon”; FUSINE: con la precisazione che: “… Anche se il paesaggio oggi è cambiato, Fusine resta ancora quella serena oasi di pace nel verde della montagna che era un tempo”; MARESON: sul finire del secolo era composto da 37 case e 257 abitanti e risultava la frazione più grossa di Zoldo Alto; la chiesa, del quindicesimo secolo, “contiene alcuni fra i più preziosi lavori del Brustolon”; infine PECOL: di cui si ricorda: “E’ da Pecol quel Simeone De Silvestro, detto ‘Piovanel’, cacciatore di camosci, che tra il 1855 e il 1860, con due o tre compagni, salirà ripetutamente in cima al Civetta precedendo di qualche anno Francis Fox Tuckett, autore della prima ascensione alpinistica ufficiale della Civetta, dal versante zoldano con le guide Melchior e Jacob Anderegg”.
gli storici Giovanni Fabbiani e Giuseppe Sorge nel libro fotografico del 1975 “Belluno e Provincia nelle vecchie cartoline”