BELLUNO “La zattera è il natante più semplice e razionale realizzato dall’uomo”. Comincia così il capitolo “La zattera” della pubblicazione (una cinquantina di pagine con bellissime immagini) intitolata “Lungo il Piave civiltà di un fiume” e realizzata dalla Fondazione culturale Lombardo-Veneto, dalla Fondazione G.E. Ghirardi, dalla Fameja dei zatèr e menadàs del Piave, dal Centro internazionale di studi sulle zattere e dal Circolo nautico Generali in occasione della mostra allestita dal maggio al novembre di trentasei anni fa a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta. E prosegue spiegandoci che “il numero dei tronchi impiegati e le sue caratteristiche costruttive, descritte più di duemila anno or sono da Omero, sono gli stessi utilizzati dagli zattieri del Piave fino agli anni Venti del nostro secolo e chiariscono come per millenni ‘l’uomo non si sia mai liberato da uno schema perfetto’ (Giuseppe Sebesta, 1993)”. Proseguiamo la lettura: “Il modulo seriale di base della zattera bellunese, chiamato ‘còpola’ è infatti costituito – come in quella omerica – da 18-20 tronchi lunghi circa 10 piedi veneti (cioè 4 metri abbondanti)”. Gli zattieri di Codissago, giunti alle prime luci dell’alba alle rive di Perarolo, dopo aver risalito a piedi per oltre 15 chilometri la “strada del Canal” (l’attuale statale Alemagna, che collega la vallata Longaronese al Cadore), sistemano i tronchi di ciascuna ‘còpola’ su appositi scivoli, predisposti lungo la riva del deposito digradante verso il fiume”. E quindi “con grosse trivelle azionate a quattro mani (del diametro variabile in base alle esigenze costruttive, fra i 30 e i 50 millimetri) i tronchi vengono forati sia in testa che in coda, per consentire il successivo incernieramento l’una con l’altra delle quattro o cinque ‘còpole’ che costituiranno la zattera vera e propria”. A questo punto della “storia”, un’opportuna precisazione: “Un’esperienza plurisecolare, ma anche l’abbondanza della materia prima lungo le rive del Piave, ha selezionato la legatura ideale – per duttilità elasticità e resistenza – ricavata da polloni di nocciolo (o, in alternativa, di betulla) snervati e ritorti, Con queste corde vegetali, chiamate ‘sache’ si procede all’assemblaggio di tutte le componenti della zattera, compresi i quattro grandi remi-timoni, due a poppa e due a prua, necessari per manovrarla”. L’illustrazione prosegue così: “A circa un metro dalla estremità delle ‘còpole’ esterne viene fissato trasversalmente un tronco sul quale si innestano gli scalmi (chiamati ‘posteli’) atti a sostenere i remi, saldamente ancorati con le ‘sache’ e con perni e ‘caviglie’ di legno duro (maggiociondolo o corniolo). La corretta effettuazione di queste operazioni, attentamente verificata dal ‘capo-zattera’, era fondamentale per garantire la solidità del natante, lungo oltre venti metri e largo in relazione al numero e al diametro dei tronchi impiegati, dai 3 ai 5 metri”. La conclusione: “Mentre gli zattieri consumavano il loro frugale pasto costituito da polenta, formaggio e salumi, gli operai delle segherie provvedevano a sistemare in sovraccarico sulle tre ‘còpole’ centrali il legname segato in pile di 10-12 tavole, anch’esse forate alle estremità e fissate con caviglie lignee o ‘sache’ di nocciolo. La zattera era così pronta per iniziare la navigazione verso le pianure”. Il capitolo dà infine spazio alla sintetica illustrazione delle “Tipologie di zattere sul Piave” precisando che in relazione alle dimensioni e caratteristiche del legname utilizzato, nonché al numero dei singoli moduli-base (‘còpole’) utilizzati, le zattere bellunesi – fino al secolo scorso chiamate genericamente ‘cavi’ – assumevano nomi diversi: zata: unione di 5 ‘còpole’, costituite da ‘taglie’ o tavole di circa 4 metri di lunghezza; zattiòl: unione di 4 ‘còpole’: barca: unione di 3 ‘còpole’ costituite esclusivamente da travi; faghèra: unione di 10-12 ‘còpole’ costituite da borre di faggio; ras, raso: un’unica ‘còpola’ costituita da alberature per navi, lunga fino a 30-35 metri; rasét: un’unica ‘còpola’ con alberature inferiori ai 20 metri”.
NELLE FOTO (riproduzioni da: “Lungo il Piave civiltà di un fiume” stampato a cura del Circolo nautico delle Assicurazioni Generali presso la “Tipografica srl” in Venezia nel maggio 1994): immagine del 1901: zattiere e famiglia in posa sulla sezione prodiera di una zattera ormeggiata presso le segherie di Venago; recisione dei polloni di nocciolo; zattieri di Codissago incernierano le testate di due sezioni; menadàs e zattieri posano su un ammasso di “taglie”nel porto fluviale di Perarolo; conduttori di zattere immortalati per una cartolina del primo Novecento nel porto trevigiano di Nervesa, con “manarìn”, trivella e funi per l’ormeggio; due momenti della sfibratura dei polloni di nocciolo; fasi di allacciamento del remo-timone al “postèl” di sostegno; momenti dell’allacciamento di due teste di trave forate con la “saca” di nocciolo; il proclama dei Savii ed esecutori alle acque, per porre un freno al paventato interramento della laguna, favorito dalla “lezza, sabbia, terreno et altro” introdotti dalle zattere, impone ai conduttori di provvedere a “ben lavar le medesime” prima di oltrepassare le conche fluviali del Cavallino e della Mira e quindi a smantellarle in Venezia avendo cura di raccogliere tutte le “stroppe”, cioè le corde vegetali con le quali erano state costruite, a conveniente distanza dall’acqua.