di RENATO BONA
Ci siamo occupati nei giorni scorsi – dopo l’esordio con “Feltre piccola città degli uomini grandi” – di Alano di Piave, e, sempre in ordine alfabetico – di Arsiè, Cesiomaggiore e Fonzaso. In questa occasione ci soffermiamo sui comuni di Arsiè e Pedavena, accompagnati in questo viaggio sui generis dal libro-guida “Feltre e il feltrino” con i testi di Sergio Claut e Gigi Bertoldin e la grafica dello studio Scottini, edito anni fa dall’Azienda di promozione turistica del Feltrino con la “Panfilo Castaldi srl” (fotolito di Artistudio, fotografie di: Scottini, Frescura, Dalla Corte, Resegatti, Fuss, Nicolao, Claut, Merli, Bortolot, Facchinato, Passarella, Perco, Zandonella, Doglioni, Lasen, Svegliado, Callegaro, Vaccari, Bertoldin e Quick Time). Eccoci dunque a Lamon dove l’abitato – puntualizzano gli autori – “si sviluppa sulla terrazza prativa compresa tra i solchi tracciati dai torrenti Senaiga e Cismon, sotto la piatta cresta rocciosa del monte Coppolo” che si eleva a quota 2058. Quanto agli abitanti, circa la metà è distribuita nel centro, il resto nelle frazioni, una ventina, alcune anche parecchio distanti dal paese come nel caso di Arina e San Donato, a circa nove chilometri dal capoluogo, “ricordate per le loro peculiari caratteristiche tipologie architettoniche e organizzazione urbanistica, con abitazioni ancora ben conservate”, come può notare il visitatore. Da segnalare, a pochi chilometri da San Donato, le grotte carsiche della località Val Nuvola, al confine tra le province di Belluno e Trento. Proprio in queste grotte – viene opportunamente segnalato – “Pochi anni fa venne ritrovato uno scheletro intatto dell’Ursus spelaeus attualmente esposto nell’atrio del Municipio”. Quanto alle origini dell’abitato lamonese si legge che “risalgono ad epoche antichissime, forse pre-romane. In età imperiale Lamon era attraversato dalla via Claudia Augusta Altinate, strada militare che collegava l’emporio adriatico di Quarto d’Altino con il Danubio, costruita nel primo secolo dopo Cristo, della quale sono visibili ancor oggi alcuni tratti”. Si specifica quindi che “Due sono gli edifici di particolare interesse artistico: le chiese di san Pietro e di san Daniele”. La prima, sul colle omonimo sarebbe sorta sulle rovine di un accampamento romano. All’interno furono rinvenuti affreschi cinquecenteschi probabilmente opera di Marco da Mel, e vi sono tele di Pietro Marascalchi, Frigimelica, Zocco e Zigantello. E vi è conservato un prezioso organo settecentesco. La chiesa di San Daniele sorge invece al centro del paese. Risale al ‘600 e fu eretta su una preesistente cappella; caratteristico il campanile a guglia. L’interno era impreziosito da tele che oggi sono custodite nella nuova parrocchiale e nella casa canonica. Fra gli autori, il bassanese G.B. Volpato ed il bellunese Giroalmo Moech. Non più luogo di culto, l’ex edificio sacro è utilizzato per concerti, conferenze, esposizioni. La Canonica conserva il prezioso calice argenteo del Diacono Orso, uno dei più antichi dell’Occidente, risalente al V-VI secolo e “fortunosamente ritrovato nel 1836 in un anfratto roccioso nei pressi di San Donato, ma forse di provenienza esterna a quest’area”. Di notevole interesse dal punto di vista turistico, la Grotta di San Donato, visitabile solo con accompagnatori esperti del posto che illustreranno in un’ora e mezza le caratteristiche concrezioni calcaree dagli affascinanti colori, gli stretti passaggi, ruscelli, laghetti, saloni, sifoni e quant’altro. Concludiamo la tappa sottolineando che Lamon, in passato quarto paese della provincia di Belluno, in conseguenza del continuo calo di popolazione col passaggio dalla realtà agricola a quella industriale ha registrato l’abbandono di una storica attività come la pastorizia. E la stessa produzione del famoso fagiolo nelle varietà “calonega” e “spagnolet” è praticata su scala molto ridotta. Ed eccoci a Pedavena dove ricche e nobili famiglie feltrine eressero sui colli la propria residenza costruendovi case padronali e sontuose ville nelle quali tra ‘600 e ‘700 “si svolse una fervida vita mondana e culturale che attrasse anche la nobiltà veneta oltre a quella locale”. Su tutte “pretende una visita la Villa Pasòle eretta nel XVII in forme grandiose, inconsuete nel bellunese, da una delle più influenti famiglie feltrine che proprio sulle montagne sopra Pedavena possedevano boschi e terre. Vi ebbe sede l’Accademia degli Erranti che nei saloni e nel parco della residenza discussero d’arte, filosofia e letteratura. La villa è circondata da un grande parco-giardino con peschiera”. La guida ricorda poi che “Pedavena è anche meta turistica per al vicina Birreria, attiva dal secolo scorso, cui sono annessi vasti e singolari locali dalle pareti grandiosamente dipinte, scaloni, colonne, banconi di mescita in rame. Di sicuro interesse il grandioso affresco del “Giardino d’inverno” opera di Walter Resenterra, ispirata alle leggende dolomitiche narrate da Wolf. L’offerta turistica è rappresentata anche da “una trama continua di strade consente di visitare le colline circostanti con villaggi, rustici e ville; le chiese conservano qualche opera d’interesse locale”. E poi ecco il Monte Avena (1454 metri) o il Col Melon dove sono installati impianti di risalita a servire piste di discesa. D’estate poi funzionano alcune malghe con alpeggio mentre facili sentieri consentono riposanti passeggiate tra le praterie ed i boschi con vista continua sulla vallata del Piave e le Vette Feltrine.
NELLE FOTO (riproduzioni dalla Guida “Feltre e il Feltrino”): dall’alto, panoramica di Lamon; la chiesa di san Daniele; la chiesa di san Pietro; il fagiolo, simbolo di Lamon; scorcio della grotta di san Donato; e quello del lago del Senaiga; panoramica di Pedavena; la facciata di Villa Pasole; lo stabilimento della Birreria; l’interno; particolare del giardino; Pedavena vista dall’alto; Monte vena in versione invernale; obiettivo su Passo Croce d’Aune.