di RENATO BONA
Nel novembre 2003 lo storico lamonese Paolo Conte (del quale ci onoriamo di essere amici di lunga data . ndr.), abitante con la famiglia a Belluno, già direttore responsabile dell’Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, rivista fondata nel capoluogo nel 1929, dava alle stampe con la bellunese tipografia Piave (da mesi ha, purtroppo, cessato, l’attività – ndr.), ad iniziativa dell’associazione Pro Loco Lamon, il libro “Lamon: profilo storico di una Comunità di confine” fra l’altro proponendo nella copertina la miniatura raffigurante San Pietro nell’inventario dei beni della parrocchia di San Pietro Apostolo di Lamon (1529-1533). Al primo degli apostoli fu dedicata l’unica chiesa pievanale sorta su un precedente insediamento tardo-romano. Per secoli il santo patrono e la chiesa costituirono i punti di riferimento della fede e dell’impegno civile della Comunità lamonese. In quarta di copertina: Emo Mazzetti (1870-1936) olio sui tela 105×89, collezione privata, con cui il pittore trevigiano riprende uno scorcio del centro del paese con sullo sfondo la chiesa di San Daniele. Il pregevole volume di Conte (grafica ed impaginazione di Antonio Genuin) sul quale avremo modo e il piacere di tornare, si articola in tre parti: “Lamon: profilo storico di una Comunità di confine con 38 biografie di personaggi noti e sconosciuti”; “Immagini del tempo”; Profili biografici” ed è per così dire – lo ricordava in occasione della presentazione la presidente della Pro Loco, Franca Tollardo – la derivazione da: “Il dialetto storico di Lamon cultura nelle parole” fondamentale studio sulla nostra parlata, curato da Loredana Corrà la quale apriva proprio col breve saggio di Paolo Conte dedicato alle secolari vicende del paese e che ha dato il titolo al libro di cui ci occupiamo nella circostanza. La Tollardo esprimendo gratitudine al Comune di Lamon e al prof. Paolo Conte per la disponibilità dimostrata, concludeva con l’auspicio che “attraverso queste agili pagine gli ospiti e i villeggianti apprendano l’origine e gli avvenimenti salienti della nostra Comunità, i giovani si accostino all’esistenza dei loro antenati traendone forza per vivere consapevolmente il presente e progettare con lungimiranza il futuro, gli insegnanti trovino un’utile guida per avvicinare i loro allievi alla grande storia approfondendo gli eventi e la cultura del microcosmo in cui essi crescono”. Accennavamo più sopra all’articolazione del libro ed allora vediamola: il capitolo “Lamon: profilo storico di una comunità di confine” propone: “Il luogo, l’origine del nome, lo stemma”; “Dai primi abitatori alla romanizzazione del territorio”; “Dalle invasioni barbariche del V secolo alla nascita del Comune di Feltre”; “Dalla diffusione del cristianesimo al calice del diacono Orso, alla fondazione del santuario dei Santi Vittore e Corona”; “La pieve rurale di Lamon; le altre due parrocchie: San Donato e Arina”; “Dal XII secolo alla vigilia dell’egemonia veneziana”, “Questioni fra Comunità: la sentenza arbitrale del 1177; la prima attestazione storica del nome del paese”; “La Regola di Lamon”; “Dal dominio di Venezia alla fine del Settecento: le relazioni dei rettori; la pubblicazione degli statuti cittadini; la ripresa delle vertenze confinarie; ancora dai consuntivi dei podestà; inizia la decadenza economica della città di Feltre e del territorio; riemergono le controversie tra vicini; i provvedimenti sul diritto di pascolo, le ultime relazioni dei rettori, le liti confinarie alla conclusione del XVIII secolo”; “Dalla caduta della Repubblica di San Marco al 1866”; “Dall’annessione del Veneto all’Italia alla grande guerra”; “Dalla fine del primo, al termine del secondo conflitto mondiale”; “Dal dopoguerra al chiudersi del Novecento”. Seguono: “Immagini del tempo”, ”Profili biografici”, “Bibliografia e indici”. Sul luogo, in estrema sintesi, Paolo Conte scrive che la particolare morfologia del vasto territorio – oltre 54 chilometri quqadrati che si distendono dai circa 360 metri sul mare della borgata dei Maoli, ai 2069 del monte Coppolo – ha da una parte favorito la concentrazione degli insediamenti nell’area pianeggiante centrale del paese, ospitante oltre la metà degli abitanti residenti, e dall’altra la loro distribuzione in frazioni e borgate sparse ed arroccate su erti pendii. Quale conseguenza, è derivato per secoli un duplice isolamento: quello creato dalle difficoltà naturali di collegamento verso l’esterno del paese e quello interno fra le quindici frazioni principali, due delle quali, San Donato e Arina (rispettivamente a 9 e a 7,5 chilometri dal capoluogo) sono state per molto tempo le più popolate. Quanto al nome del paese “in passato si è a lungo discusso”: Antonio Cambruzzi immaginò che discendesse da Lamone, figlio di Ercole o, più probabile, da Giove Ammone divinità alla quale in epoca romana, si pensava fosse stato dedicato un tempio sul colle di San Pietro dove venne poi costruita la chiesa. Altri ipotizzarono che derivasse da Aimone o Almone, nome proprio di un signore del posto. Mentre nell’Ottocento il medico lamonese Jacopo Facen accolse la seconda versione di Cambruzzi fatta propria e tramandata dallo storico feltrino Antonio Vecellio. Della questione si occuparono anche il prof. Attilio Dal Zotto nel 1953 e nel 1962 lo studioso Bortolo Mastel mentre nel 1940 il linguista Carlo Battisti pensava alla derivazione da ‘lama’ (concavità del terreno con acqua – ndr.) , ipotesi condivisa in tempi più recenti dal glottologo Giovan Battista Pellegrini. Infine lo stemma del Comune che: “ricalca le origini leggendarie del paese. Proposto dal Consiglio comunale, che accolse i suggerimenti del farmacista e appassionato di storia locale Guerrino Susin, venne approvato nel 1921 con regio decreto: al centro presenta il tempio dedicato a Giove Ammone, sorgente sul colle di San Pietro, con ai lati le fronde di quercia e olivo e sopra la corona ghibellina”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Lamon: profilo storico di una Comunità dfi confine”): la copertina del libro, con miniatura di San Pietro; la quarta di copertina che propone uno scorcio del centro di Lamon opera di Emo Mazzetti; l’autore del libro, lo storico Paolo Conte, lamonese; lo stemma del Comune di Lamon; particolare dello scheletro dell’“Ursus spelaeus” conservato nel palazzo municipale; grattatoi e raschiatoi appartenuti ad abitatori dell’altipiano lamonese 2000 anni circa avanti Cristo; scavo archeologico nella località Piasentoti a San Donato di Lamon (concessione del Ministero per i beni e le attività culturali); avanti e retro di una moneta dell’imperatore Claudio ritrovata nella località Alle Crosere di San Donato; il calice del diacono Orso del sesto secolo; la chiesa di San Pietro con la gradinata d’accesso; interno dell’edificio sacro lamonese con abside e altar maggiore; il medico lamonese Jacopo Facen (1803-1886).