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TAIBON Al laghetto delle Peschiere è iniziato il disboscamento, come ormai è chiaro viste le decisioni del passato (fin dal 2011) e considerato che ormai i lavori sono stati appaltati non ci sarà nessuna retromarcia, l’arena verrà realizzata e le amministrazioni del futuro dovranno fare in modo di gestirla nel migliore dei modi evitandone il degrado, le scritte, il lerciume in una zona ancora incantata come testimoniato dallo scrittore Maurizio Reberschak, professore alla Cà Foscari di Venezia che ieri tra Agner e Framont ha registro un intervento che ascoltiamo nei notiziari di oggi, tra l’altro in attesa che il sindaco, SIlvia Tormen e il suo vice Loris De Col responsabile dei lavori pubblici, convochino la popolazione per dare gli ultimi dettagli sull’operazione Peschiere (300 mila euro di cofinanziamento oltre a quanto stabilito dal mega progettone dei Fondi di Confine).
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La strage degli innocenti al laghetto delle Peschiere.
Il laghetto delle Peschiere all’inizio della valle San Lucano è un luogo di pace immerso nella natura. Si tratta di una vera e propria oasi naturaleche rientra nel Sistema 3 delle Dolomiti Unesco patrimonio dell’umanità. Il lago si trova in un’area omogenea più vasta denominata complessivamente le Peschiere, costituita da un vasto margine di residuo morenico formatosi 19.000 anni fa con il ritiro dei ghiacci che occupavano tutta la valle. L’origine del laghetto in realtà si fa risalire a 10.000 anni fa, dopo un’ulteriore glaciazione al cui scioglimento vennero depositati ancora detriti morenici che, ostruendo il deflusso delle acque, determinarono la formazione del laghetto. E’ ben noto che in quell’area sono stati avviati i primi interventi per la realizzazione di un progetto di costruzione di un Auditorium nelle piane a ridossso del laghetto. Questi lavori hanno già compiuto un massacro naturale, una vera e propria strage degli innocenti, con l’abbattimento di bosco formato da larici, abeti, latifoglie. Una vera e propria distruzione sistematica della natura. A testimonianza di questo primo intervento, al quale purtroppo dovrebbero seguirne altri a continuare e completare il sistematico genocidio della natura, stanno i monconi dei morti – cioè i ceppi dei tronchi tagliati -, il deserto di segatura creato dai tagli – sembra un deserto sahariano di segatura invece che di sabbia -, la temporanea sussistenza dei segnati a morte – individuati con numerazione rossa i tronchi già annientati, blu quelii destinati all’esecuzione, con la variante per alcuni di questi ultimi di scortecciatura preannuncio di sterminio definitivo. L’eccidio sta avvenendo su due aree pianeggianti che si trovano verso nord, sul versante orografico sinistro oltre la sponda del lago. Le piane sono divise da una piccola scarpata, evidente segno di un resto di fronte morenico, forse probabili residui di altrettanti laghetti glaciali. Nella piana inferiore subito al di sotto della morena si individuano facilmente alcune piccole microzone umide, evidenti segnali di limitate risorgive che stanno ad indicare la presenza di falde sotterranee. C’è da chiedersi cosa suiccederà di queste falde quando entreranno in funzione le ruspe per livellare la superficie delle due piane, con la conseguenza della facilmente ipotizzabile sparizione del fronte morenico essitente: in poco tempo si distruggerà quello che la natura ha costruito in millenni. Ma la stoltezza umana sa fare male in pochissimo tempo quello che la sapienza naturale ha realizzato nel corso di millenni. All’accesso della zona del laghetto delle Peschiere si trova un pannello di legno dove sono affissi avvisi e insegne. Uno di questi avvisi, che in vita al rispetto e alla pulizia del luogo, termina con queste parole scritte in caratteri cubitali: «PIU’ CIVILTA’ PIU’ BELLEZZA». Ma da che pulpito arrfiva la predica? Forse «più civiltà più bellezza» significa distruzione totale della natura, intervento dissennato che porta all’alterazione degli equiilibri, sostituzione di bosco-acqua e flora-fauna con manufatti di cubature artificiali? C’è proprio da chiedersi: a chi giova tutto questo obbrobrioso sterminio?
Maurizio Reberschak