Dopo l’apertura della via sulla Gateway Ridge ci concediamo una giornata di riposo. “Girovaghiamo” con l’Ice Bird lungo in Neumayer Channel e la Borgen Bay, binocolando le pareti e i ghiacciai: Harbour Glacier, William Glacier, Hooper Glacier, Thunder Glacier… Di tanto in tanto facciamo riprese con il drone. Intorno a noi, balene che spuntano e si immergono di nuovo, pinguini che balzano fuori dall’acqua e saltano sugli iceberg, foche che condividono gli iceberg con i pinguini… Per i giorni successivi prevediamo di effettuare in nuove zone i prelievi per il progetto con il Consiglio Nazionale delle Ricerche; per questo programmiamo un paio di salite scialpinistiche che, tra l’altro, ci regaleranno qualche bella discesa in sci. Il 19 saliamo sul Noble Peak. Come al solito, la partenza è rigorosamente in ramponi dal filo dell’acqua, per risalire un pendio a 45° e arrivare sul pianoro glaciale. Dapprima saliamo lungo il versante nord. I grandi crepacci perpendicolari alla linea di salita ci costringono a continui zig-zag, visto che spesso, quasi come se il ghiacciaio volesse prendersi gioco di noi, i ponti si trovano alternativamente all’estrema sinistra e all’estrema destra. Poi, per evitare alcune seraccate, scavalchiamo il filo di cresta e prendiamo un ripido pendio che conduce in prossimità delle cornici sommitali. Aggirandole sulla destra puntiamo alla vetta, prima della quale occorre nuovamente calzare i ramponi. La discesa sul versante NE è strepitosa: le pendenze sono varie e ideali per provare tutti i raggi di curva, pur di far attenzione ai crepacci! Dopo il pick-up da parte di Dave, nello stesso punto in cui la mattina ci aveva lasciato il gommone, eccoci nuovamente a festeggiate sull’Ice Bird. L’indomani partiamo verso il Jabet Peak, per un’altra salita scialpinistica abbinata a prelievi. Anche questa volta la discesa è puro godimento, compreso l’ultimo pendio ghiacciato e ripido, che costringe a curve strette per non perdere il controllo e finire sulla scogliera di turno… Per non farci mancare nulla, decidiamo di dedicare il 20 gennaio al kayak. Modificando un po’ uno spot pubblicitario di una nota carta di credito, mi viene da dire che calare le canoe dalla barca nelle acque antartiche non ha prezzo… ma neppure per tutto il resto c’è MasterCard! Infatti, quello che viene dopo è un’indimenticabile pagaiata in mezzo agli iceberg, di fronte a colonie di pinguini che ogni tanto si tuffano e riemergono uno dopo l’altro in prossimità dei kayak e fra le foche leopardo che vengono a curiosare. Rientrati sull’Ice Bird, facciamo il punto della situazione ancorati vicino a Damoy Point. Scarichiamo l’aggiornamento meteo con la connessione satellitare. Per i tre giorni successivi le previsioni sono buone, poi dovrebbero arrivare tre perturbazioni, che sembrerebbero convergere proprio nello Stretto di Drake. Potremmo fermarci in Antartide ancora 2-3 giornate, ma questo significherebbe o affrontare la traversata del Drake nelle peggiori condizioni immaginabili o il rischio di dover aspettare altri giorni il ritorno di una finestra favorevole e perdere il volo di rientro da Ushuaia. Decidiamo quindi di partire, in modo da avere alle spalle il tratto più critico della navigazione quando arriverà il maltempo. Togliamo le ancore e costeggiamo il versante SO dell’Anvers Island, lungo il Bismark Strait, fra la Biscoe Bay, dove arriva il gigantesco ghiacciaio Marr Ice Piedmont, e le Wauwermans Islands. Alle nostre spalle spuntano Cape Errera e il Dayne Peak verso nord e le torri di Cape Renard verso sud. È iniziato il nostro rientro attraverso lo stretto di Drake.
collaborazione Antonella Giacomini