di RENATO BONA
Amministrazione comunale e Biblioteca civica di Ponte nelle Alpi hanno curato nel maggio del 1999 (stampa della tipografia Nero su Bianco di Belluno) la realizzazione del libro (impreziosito da settantuno belle fotografie in bianco e nero di Vito Vecellio, “Ponte nelle Alpi: storie, immagini, territorio”, grazie al pregevoler impegno di un gruppo di lavoro e ricerche del quale con Vania Bortot, per l’elaborazione e stesura dei testi, ed Antonella Michielin incaricata della segreteria, facevano parte: Agostino Sacchet, Augusto Modolo , Leandra Viel, Liana Stragà, Marilena Viel, Morena Pavei, Paolo Vendramini (oggi sindaco) il quale ultimo, nella sua veste di assessore alla cultura, aveva firmato il saluto dell’Amministrazione comunale premettendo come “Nel corso di questi ultimi anni è cresciuto e maturato l’interesse, anche da parte dei giovani, per le tradizioni, gli usi e i costumi del nostro territorio” ed esprimendo la convinzione che “Il futuro non può essere costruito senza i valori e gli insegnamenti del passato, senza tenere nella giusta considerazione il trascorso di di una comunità come quella pontalpina, che si è sempre distinta nel tempo per generosità, solidarietà e operosità”,; ancora: Vania Bortot che nell’introduzione, detto che “Il Comune di Ponte nelle Alpi è composto da venti frazioni (Polpet con Nuova Erto, Ponte nelle Alpi con Rione Santa Caterina, Lastreghe, Piaia, Cadola, Canevoi, Paiane, Soccher, Arsiè, Reveane, Casan, Lizzona, La Secca, Vich con Mares e Pises, Cugnan con Boz e Lasta, Col di Cugnan, Roncan, Cornolade Alte e Basse, Quantin, Losego, e popolato da 7 mila 908 abitanti (dato riferito al 31 dicembre 1998) ricordava che le attività maggiormente svolte in passato sono state l’agricoltura di sussistenza, associata, per i più fortunati, l’allevamento bovino – ogni paese aveva una latteria – e l’estrazione della pietra bianca e rossa nei Coi de Pera (che appunto ne conservano il nome); e richiamava il fatto che “i nostri paesi hanno conosciuto una forte emigrazione tanto verso alcuni paesi europei (Germania, Francia, Svizzera, Belgio) quanto verso le Americhe, fenomeno documentato e ricordato dagli anziani come unica possibilità di fuga da povertà e miseria largamente diffuse nelle nostre zone”. Tuttavia – aggiungeva – “nel corso del lavoro ho rilevato l’assenza delle loro esperienze, che pure potrebbero costituire una testimonianza da considerare ed approfondire. Ancora oggi esistono numerosi casi di emigrazione temporanea, che interessa in particolar modo i gelatieri”. Riservandoci di ritornare sulle varie realtà frazionali pontalpine, proponiamo oggi l’articolazione delle oltre 150 pagine dell’interessante volume che parte con il capitolo “Personaggi” (Teti Matìa, sacrestano della chiesa di Casan; Al Colonello; I primi sciatori a Losego; Vincenzo Broi e Luigia D’Incà “Cencio” e “Gia”; Meneghin”); “Storie di paesi” (La chiesa di Casan; Storie sulla rivalità tra Quantin e Losego; Origine della rivalità; Lo scontro delle croci; Al Signor da Losech e al Diaol da Quantin; La leggenda di Quantin); “Il sogno di volare” (L’aeroplano; Storia locale del volo; Quei da le ale); “Ciclo dell’Anno (Bondì la bona man a mi, I gennaio; Cantar le luganeghe, 5 gernnaio; La benedizione dei campi, 6 gennaio; Carnevale; Brusar la vecia; Al doba sant; Al vendre sant; Rogazioni; L’Assension; La raccolta delle “poine” di S. Giovanni, 24 giugno; La festa della falciatura nei campi della frazione; San Nicolò, 5 dicembre; El matutin, 25 dicembre). Si prosegue con: “Fiabe e favole” (Davaltroe; Al malà che porta al san; Pierotolo Misiotolo; Frate Jovani); “Scioglilingua, filastrocche ed indovinelli” (Discorso dei due ciabattini; Discorso della fidanzata tradita; Giorni e dita; Manina bela; Ghiri, ghiri gaia; Man man morta; Maria picenina; La bareta piena de piova; Le campane da Longaron; Filastrocca dei paesi; Indovinelli; Il curareie; preghiera dei bimbi); “Giochi” (Gingiot; Caregheta d’oro; Secio secelo; Piè piedin; Boet; Mort; Saset; Britole; Steca, Stanga; La bela lavanderina; Girotondo; Campanon; Pagarosto; Il gioco pasquale della ‘palanca’). Chiusura col capitolo “Proverbi”. Apre la serie dei personaggi Teti Matia, cioè Celeste De Vettor che, mentre i fratelli erano in Germania, fu fino agli anni Trenta sacrestano della chiesetta di Casan dove viveva solo in una casa “del cortile dei Matìa” (e morì, si dice, prima dell’ultima guerra). Piuttosto piccolo di statura, era gobbetto, portava un cerchiello all’orecchio, che all’epoca era simbolo di virilitò, prestigio ed importanza. Una curiosità: quando sternutiva nella chiesa lo faceva con tanta forza che spegneva le candele. Si occupava, passando di casa in casa, di informare i compaesani a proposito dei decessi e riceveva qualcosa come compenso: un uovo o una fetta di polenta!
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Ponte nelle Alpi: storie, immagini, territorio”): la copertina della pubblicazione; l’allora assessore alla cultura e oggi sindaco, Paolo Vendramini; scorcio di Losego; ingresso del cimitero di Col; la chiesa di Cadola; il Ponte sul Piave; particolare di Cadola; casa Boito di Polpet; chiesa e campanile di Casan; altri scorci di Casan.