La bellezza di trentasei anni fa il Centro per la documentazione della cultura popolare della Comunità montana feltrina diede alle stampe con Daniela Perco il “Quaderno n. 4” intitolato: “Balie da latte. Una forma peculiare di emigrazione temporanea”, realizzato con il contributo della Regione. La preziosa monografia, frutto dell’apporto e della collaborazione unitaria ed armonica di alcuni nostri appassionati cultori – come sottolineava l’assessore comunitario alla cultura, Cesarina Perera Corso,”si propone di illustrare un fenomeno storico, sociologico ed economico molto diffuso nel Feltrino e bel Bellunese, quello delle balie, le puerpere della nostra vallata, che scendevamo nelle città ad allattare i figli altrui per compenso, tant’era il bisogno della famiglia rimasta a casa. Un aspetto, forse non molto noto, dell’antico dramma dell’emigrazione, che questa pubblicazione vuole richiamare a testimonianza dell’alto valore umano della nostra gente”. Daniela Perco in premessa sottolinea che “Nel complesso quadro dei movimenti migratori dalla provincia di Belluno, assume una particolare rilevanza, almeno a partire dalla prima metà del secolo XIX e fino agli anni ’50 il fenomeno del baliatico. L’esodo interessa una parte consistente di popolazione femminile dell’area feltrina e medio-bellunese e si rivolge principalmente verso i centri urbani del Veneto, del Piemonte e della Lombardia. Centinaia di giovani puerpere, spinte dal bisogno e attratte da compensi elevati e da un trattamento privilegiato, lasciano i propri figli di pochi mesi per recarsi ad allattare i neonati della medio-alta borghesia e dell’aristocrazia cittadina”. E non trascura di ricordare che “I lunghi periodi di assenza influiscono, in modo talora duraturo, sui rapporti affettivi: i figli naturali, rimasti in paese, provano spesso un senso di estraneità nei confronti della propria madre, mentre, dall’altra parte, i figli di latte si legano profondamente alla balia che li ha nutriti e allevati”. Certo, non è sempre agevole l’inserimento nelle nuove famiglie con molteplici differenze e distanze da superare rapidamente, e la curatrice del Quaderno richiama l’assunzione di un codice linguistico (l’italiano) di cui raramente la balia ha competenza, la necessità di adeguarsi a comportamenti e a tempi inusuali, l’accettazione di norme spesso in contrasto con le consuetudini del proprio paese. Ma è un fatto che la maggior parte delle balie prolunga la permanenza oltre il periodo dell’allattamento, assimilando più facilmente atteggiamenti, espressioni, idee proprie delle classi sociali con cui esse sono venute a contatto. Ma – è ancora la Perco a scriverlo – molte sono le variabili che favoriscono o, al contrario ostacolano questi processi acculturativi; non sempre è agevole distinguere l’incidenza che tali esperienze di lavoro hanno avuto sulla personalità e sulla cultura di queste donne. E’ comunque un fatto che “Il baliatico si configura nel tempo come un importante veicolo di trasformazione dei costumi e della mentalità della gente bellunese, contribuendo altresì a innalzare il livello di vita nelle campagne…”. Un vero peccato che negli archivi pubblici e nella documentazione a stampa rimangono pochi indizi di questa particolare emigrazione femminile. Pertanto diventa difficile, tra le altre cose, quantificare in modo attendibile l’entità del flusso e individuare con precisione le cause del suo intensificarsi in determinati periodi. Il ricorso alle fonti orali appare, in un certo senso, obbligatorio. E non a caso – vogliamo sottolinearlo – una pagina del lavoro è dedicata ai ringraziamenti fra l’altro di una sessantina di balie che hanno collaborato, mettendo a disposizione la maggior parte delle fotografie (che si sono aggiunte a quelle dell’Archivio comunale di Feltre, del Centro per la documentazione della cultura popolare di Feltre, delle Biblioteche civiche di Pedavena e di Fonzaso, della bellunese Foto De Santi) e con interviste realizzate da Ester Angelini, Annamaria Bagatella Seno, Sebastiana Balest, Loredana Corrà, Romana De Cia, Vito Fumarola, Lara Garlet, Daniele Gazzi, Italo Giopp, Cesare Lasen, Alina Nenz, Francesco Padovani, Daniela Perco, Roberto Poletti, Giuseppe Prospero, Paolo Santomaso, Leonardo Tessaro, Leandra Viel e Carlo Zoldan. Il libro sulle Balie da latte inizia con il contributo di Franca Modesti dal titolo: “Emigrazione femminile e baliatico nella provincia di Belluno fra ‘800 e ‘900” e prosegue con quelli della stessa Daniela Perco: “Balie da latte: note e testimonianze su alcune esperienze di lavoro”; Annamaria Bagatella Seno: “Criteri di selezione e canali di assunzione delle balie”; Loredana Corra: “Tra due lingue e due cultura: note sulla competenza linguistica delle balie”; Roberto Lionetti: “Donne al santuario. Il culto di San Mamante nel Bellunese”; e, in appendice: Antonio Maresio Bazolle. “Della emigrazione dei contadini bellunesi”; Il Tomitano, 1884 e 1886: “La baliomania delle nostre contadine” e “L’allattamento mercenario”; Fior d’Alpe, 1910: “La baliomania delle donne rurali”; Intervista del 1983 a Porcen di Seren del Grappa; intervista del 1983 a Quantin di Ponte nelle Alpi. NELLE FOTO (Riproduzioni dal libro stampato dalla “Beato Bernardino” di Feltre nel settembre 1984): la copertina della pubblicazione; ritratti di balie feltrine e bellunesi del 1906-20; balia da latte con i propri figli prima della partenza da Mugnai nel 1931; balie feltrine ai giardini pubblici di Milano nel 1933; balia feltrina con i signori a inizio ‘900; balia a Parma nel 1949; balia bellunese a Brescia nel 1913; visita del marito e dei figli alla balia a Treviso nel 1909; modulo da compilare dall’ufficiale sanitario prima della partenza della balia; abbigliamento ed ornamenti delle balie nel disegno di Patrizia Pizzolotto.