La Fondazione Think Tank Nord Est ritiene fondamentale il nuovo Piano di riordino territoriale della Regione Veneto: con l’aggregazione dei Comuni più risorse alle comunità locali e servizi migliori nei Municipi più piccoli.
VENEZIA Riparte in Veneto il Piano di riordino territoriale, che potrebbe rilanciare le aggregazioni tra i piccoli Comuni. I Municipi con meno di 5.000 abitanti in Veneto sono il 51% e otterrebbero ingenti contributi statali, erogati per 10 anni, nel caso in cui optassero per la fusione. Secondo l’ultimo studio della Fondazione Think Tank Nord Est, le fusioni di Comuni approvate in Veneto hanno finora beneficiato di importanti incentivi: tra il 2014 e il 2021 sono arrivati oltre 41 milioni di euro di contributi dallo Stato. A questi, poi, si aggiungono ulteriori risorse stanziate dalla Regione Veneto, pari a circa 7 milioni di euro, ed altre forme di premialità. A livello pro capite, il Comune più sovvenzionato è Val di Zoldo, con 239 euro all’anno per abitante. Valbrenta ha ottenuto 187 euro per cittadino, Longarone 185, Alpago 173. Il valore medio per le fusioni del Veneto è di 151 euro all’anno per abitante. Se invece consideriamo il contributo medio per anno, primeggia Borgo Valbelluna, la fusione più popolosa con 13.407 abitanti, cui va circa 1,9 milioni di euro. In valore assoluto, spiccano invece i numeri delle fusioni “più vecchie”: Longarone ha già ottenuto 7,6 milioni di euro, Alpago 5,8 milioni. Tuttavia, nonostante i cospicui incentivi statali, le fusioni dei Comuni faticano a decollare in Veneto, dove circa la metà dei referendum è stata bocciata. Nel complesso, si sono tenute 29 consultazioni: 14 sono state approvate (anche se in due casi solo parzialmente, perché un Comune non ha aderito alla fusione) e 15 sono state respinte. Nel Vicentino si registra il numero massimo di referendum, con 8 tentativi, di cui 5 andati a buon fine. 5 le consultazioni approvate anche in provincia di Belluno, su 7 tentativi. 2 successi e 3 fallimenti nel Padovano, una sola approvazione su 3 referendum nel Trevigiano e nel Rodigino. Nessuna fusione approvata in provincia di Verona, al cospetto di 3 rifiuti; mentre nel Veneziano non si è tenuto ancora alcun referendum.
“Oggi la fusione tra Municipi è una grande occasione per il rilancio dei piccoli Comuni – spiega Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est – perché permette di ricostruire dal basso la propria identità, allargando i tradizionali confini amministrativi per migliorare l’efficienza e fornire servizi di qualità ai cittadini. La rinuncia al “campanile” porta contributi e risparmi di costo: ciò consente la realizzazione di progetti per la collettività, ma anche l’organizzazione di uffici comunali più preparati nei confronti delle richieste di popolazione e imprese. In questa prospettiva, il nuovo Piano di riordino territoriale della Regione Veneto può dare la spinta decisiva ad una riforma fondamentale, evidenziando i vantaggi concreti per i cittadini. Considerando i benefici derivanti dalle aggregazioni – conclude Ferrarelli – auspichiamo che comunità e amministratori locali colgano questa opportunità: diversamente, non si può escludere che un provvedimento statale obblighi alla fusione tutti i Comuni al di sotto di una certa soglia demografica.”