FELTRE In questo periodo di quarantena l’AIPD( Associazione Italiana Persone Down) della provincia di Belluno, mentre organizzava iniziative, col supporto tecnologico, per mantenere attenzione e relazioni sociali per le persone con sindrome di Down, delle varie classi di età, non aveva dimenticato iniziative e progetti sull’inserimento lavorativo, anch’essi bloccati dalla pandemia. Perciò ha aderito ben volentieri alla campagna ”Voglio lavorare”, promossa dall’AIPD nazionale, che, oltre a coinvolgere le proprie 55 sezioni provinciali, ha coinvolto anche analoghe Associazioni di altre cinque nazioni europee( Spagna, Portogallo, Ungheria, Germania, Turchia) unite nella rete “Valueable”, dedicata esplicitamente alla inclusione lavorativa delle persone con sindrome di Down ed altre disabilità intellettive. Oggi, nella rete AIPD, lavora il 13,5% delle persone adulte con sindrome di Down; esse svolgono lavori semplici, ma reali contribuendo, in modo significativo alla produttività delle aziende in cui operano. Nella maggioranza lavorano negli ambienti dell’accoglienza e della ristorazione; la percentuale di inserimenti lavorativi potrebbe aumentare, grazie ai progetti studiati, da un trentennio ormai, ed alle abilità raggiunte da molti giovani adulti con sindrome di Down. Come si ripartirà dal “dopo pandemia” ?.E’ per tale motivo che l’AIPD ha promosso la campagna, in Italia e nelle altre citate nazioni europee. Nelle sei nazioni, Italia compresa, dal 30 aprile al 3 maggio è stato diffuso il messaggio, attraverso la rete social, “Io voglio lavorare” “ I want to Work” per tenere desta l’attenzione sull’importanza del lavoro come promozione dell’autonomia sociale di queste persone. Nel suo comunicato l’AIPD nazionale dice “… ci candidiamo, grazie alla nostra esperienza ed alla nostra creatività, per individuare, in collaborazione con imprenditori ed Istituzioni, nuove figure professionali e mansioni lavorative. Esse nasceranno, per necessità, dall’attuale crisi, per esempio nell’ambito della ristorazione o del controllo delle aree verdi”. Il tutto perché, superato, come si spera, questo periodo critico, anche le persone con sindrome di Down mantengano compiutamente i loro diritti di cittadini, con pieno riconoscimento sociale. Rimanere senza impiego sarebbe una sconfitta per tutti, con il ritorno, anzi, la retrocessione da un possibile ruolo attivo a quello passivo di persone “assistite”.