Il termine dialettale “Pansèle” ha il significato di terrazzamenti che costituiscono dei ripiani ad uso agricolo ricavati sul versante della montagna. Essi sono una vera testimonianza del paesaggio rurale e della tenace opera dell’uomo, che negli anni , per una questione di sopravvivenza ha ricavato degli ambiti coltivabili da adibire a campi di patate,granoturco e cereali con la costruzione di muri a secco sulle pendici della montagna in un ambiente di notevole pendenza e poca terra vegetale superficiale,trasformando appunto quel terreno ripido in ripiani coltivabili per il sostentamento delle famiglie. Questi manufatti , costituiti da muri a secco di pietra locale di varie pezzature erano e sono un elemento integrante del paesaggio, vere e proprie opere d’arte eseguite senza leganti e senza l’ausilio di calcoli statici , ma solo con l’esperienza e la sapienza tramandata oralmente dai nostri avi. Le “Pansèle” sono collegate fra loro ,talvolta con gradini in pietra squadrata, abilmente lavorata dagli scalpellini locali, o con dei sentieri piuttosto stretti e ripidi, delimitati da “Masiere” , ovvero cumuli di sassi da ambo le parti che avevano la doppia funzione di dissodare il territorio e di tracciare la viabilità. Sicuramente anche la terra vegetale è stata riportata nei vari luoghi dal fondovalle per sottrarre alla montagna sterile degli appezzamenti praticabili e semipianeggianti. L’immane lavoro dell’uomo , sprovvisto all’epoca di adeguati mezzi,costituiva anche un effettivo rimedio contro le frane, la regimazione delle acque e la cura del territorio, costantemente monitorato e rispettato per permettere la pratica della agricoltura anche sui versanti più acclivi. La testimonianza di queste “Pansèle” è visibile nelle località sopra Forno di Val e Villanova , alle pendici della prima Pala di San Lucano ove si possono notare dei muri a secco in pietra ad opera incerta di notevoli dimensioni, realizzati con vera maestria nei secoli passati. E’ superfluo segnalare che in questi siti sarebbe opportuno avere la massima cura del territorio sia per rispetto dei nostri Avi, ma soprattutto per valorizzare quei luoghi mediante dei percorsi poco invasivi, attuando il recupero e la continuazione di quelli esistenti, poichè questi manufatti che si trasmettono da generazioni in generazioni sono delle opere naturali di mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. In particolare vorremmo segnalare un aneddoto del recupero estremo del territorio per scopi agricoli verificatosi nel secolo scorso: in Valle di San Lucano nella località denominata “ Prombianch”, c’è una antica casa , addossata ad un grande masso adiacente alla strada principale che conduce in Valle, dai ricordi degli abitanti del luogo , si dice che in passato sulla sommità del grande masso erratico, fu trasportato uno strato di terra vegetale tanto da realizzare un minuscolo appezzamento di terreno pianeggiante per coltivare degli ortaggi. Sul lato del sasso verso la casa furono scolpiti dei gradini nella roccia per agevolare l’accesso all’orto. Tutto questo dimostra la sagacia ed i sacrifici fatti per sfruttare al massimo l’arido territorio delle nastre zona di montagna .
NOTERELLE STORICHE E TOPONOMASTICHE
Il toponimo Prombianch , località appartenente alla antica Regola di Forno di Val, viene documentato nel lontano 1548 e denominato “Candaten de Job” dal suo possessore Job della Decima. Vi sono in Provincia di Belluno tre località chiamate Candaten , una a Tallandino di Mel , una in Comune di Sedico nelle vicinanze della Stanga, e la nostra in Comune di Taibon Agordino. Si può pensare pertanto che secondo le valutazioni etimologiche della provenienza del termine , esso possa risalire al celtico “Kando”, rilucente , chiaro, col senso di “pietra chiara” ovvero “ peron bianco” da cui il sinonimo di “Prombianch”.
( notizie pubblicate in occasione dell’inaugurazione del capitello di Prombianch in data 22.07.2006 toponimi di Taibon Tito DeNardin e Giovanni Tomasi)