di RENATO BONA
Concludiamo con questo servizio la “ricognizione” del capitolo “Case, stalle e fienili” del libro “Selva di Cadore come era” (in ladino: “Selva da nosakàn”), del prof. don Lorenzo Dell’Andrea il quale lo ha realizzato con l’Union de i Ladiñ de Selva e la bellunese tipografia Piave nel novembre 1993. L’autore giustamente aveva scritto che le fotografie, numerose e decisamente di pregio, molte scattate da lui stesso o comunque appartenenti alla sua raccolta, “sono molto interessanti perché mostrano alcuni edifici antichi, case e fienili, evidenziandone talune caratteristiche” ma forse – sottolineava – non è questo il motivo principale d’interesse. Per la gente di Selva queste case e questi fienili hanno un sapore particolare. Per gli anziani sono un richiamo e una rievocazione dei tempi in cui Selva… era Selva, quando le stalle e i fienili erano cosa ‘viva’, quando le’stue’ nelle lunghe serate d’inverno accoglievano nel loro tepore attorno al tavolo o sulla ‘kuba de l fornél’ tutta la famiglia. Oggi non è più così”. Infatti “gli edifici sorti in questi ultimi decenni sono quasi sempre ‘case costruite sul territorio di Selva’ ma non ‘case di Selva’; e in quanto alla ‘stua’ quasi tutti, purtroppo, negli scorsi decenni hanno fatto a gara per sostituire il ‘fornél’ con il termosifone o, peggio ancora, con la stufa a cherosene”. Per i giovani invece – concludeva Dell’Andrea – queste fotografie saranno un’occasione per conoscere alcune caratteristiche dell’architettura del proprio paese. E volesse il cielo che, per i giovai e per gli anziani, la ‘lettura’ di queste fotografie fosse anche un’occasione e uno stimolo per dare finalmente il via ad uno studio serio delle caratteristiche costruttive ‘classiche’ di Selva di Cadore e per applicarle rigorosamente (e anche ‘obbligatoriamente’) nella progettazione di nuovi edifici e nella ristrutturazione di quelli esistenti”. La prima immagine che proponiamo è quella del ‘tabie de l Nini’ a L’Aiva che “presenta la stalla e tutta la parte superiore della ‘zopa de l fen’ in muratura. E’ una soluzione spesso usata, mentre è invece un elemento anomalo la stanza da abitazione sul lato sinistro della’zopa’ (la stanza era usata per ospitare i ‘segàc’ foresti). Altro elemento fuori dell’ordinario il piccolo ‘palanzìn’ supplementare ricavato sull’ ‘aicèr’. Da notare, ai lati del ‘palanzìn’ superiore, le due aperture per la luce che si aggiungono alle tradizionali ‘barkonele’ in alto” (raccolta Museo di Selva di Cadore). Segue quella del ‘tabie de la Giustina’ a Toffol dove “la ‘zopa de l fen’ è tutta in muratura, con tre aperture sul davanti e aperture maggiori laterali. Il ‘palanzìn’ è interrotto in corrispondenza della ‘era’ che si apre in una ‘bifora’ con ampio davanzale. Davanzali erano posti anche davanti alle ‘barkonele’ che hanno la forma di anfora”. (foto e raccolta L. Dell’Andrea). Ed eccoci al ‘tabie de i postìn’ a Toffol: “E’ del tipo ladino recente. La grata della ‘zòpa’ è piacevolmente divisa in due parti. Davanti è appesa una scala. Era infatti usuale appendere alle pareti del fienile attrezzi vari (scale, erpici ecc.). A sinistra, in basso, ‘l stalòt del kuco’ e, subito sopra, il ‘tabedèl’, costruzione spesso aggiunta ai fienili per deposito di legna e attrezzi o anche per supplire alla limitata capienza della ‘zopa de l fèn’. Davanti alla stalla, a sinistra, la ‘zopa de l ledàm’. In primo piano il ‘travai’ dei Riz per la ferratura delle mucche”. Foto e raccolta di L. Dell’Andrea anche per “Alcuni tabie a Toffol, circa l’anno 1960. In alto il ‘tabie de la Giustina’, a sinistra il vecchio ‘tabie de i Deven’ poi divenuto ‘de i Piva e de i Pezuoi’; davanti il ‘tabie de i Tromba’. Si notano i ‘palanzìn con manóc’ posti a essiccare. In primo piano il ‘molìn de i Padre’”. La quinta immagine è accompagnata da una dicitura che ricorda come “Il lato settentrionale nei fienili è generalmente tutto chiuso, con grande uso di tavole affiancate… Elementi decorativi in tutti i fienili sono le ‘barkonele’: hanno forme geometriche oppure di animali e di fiori o di oggetti (frequenti i vasi) con interpretazioni spesso fantastiche. Servono sia per dare luce ed aria, sia per abbellimento. Normalmente le aperture non hanno vetro o altra protezione, talora però ci può essere all’interno un apposito sistema per chiudere l’apertura. La ricerca di abbellimento è presente dappertutto; si osservi, nella foto, il motivo ornamentale sopra la porta ‘de era’” (raccolta Museo di Selva di Cadore). E siamo così giunti al ‘palanzìn’ del ‘tabie de i Tromba’ a Toffol: un possente incastro di travature, complesso e molto elaborato, sostiene il ‘palanzìn’, la ‘era’ e le altre strutture superiori, scaricando in modo equilibrato il peso sul muro della ‘zopa’”. Foto e racolta L. Dell’Andrea come nel caso della vecchia stalla del ‘tabie de i Tromba’ sempre a Toffol, dove “Il soffitto è dotato di grosse travature per sostenere il peso del fieno della sovrastante ‘zopa’. Al centro una colonna di legno (‘kolonda de stala’) poggiante su un basamento in pietra, ha una duplice funzione di rinforzo della travatura e di servizio per appoggiare, sulla panca che gira attorno, secchie e altro materiale per il governo degli animali”. Segue, sempre dalla raccolta Dell’Andrea la foto di bellissimi tetti in scandole del ‘tabie de i Tronba e del Molin de i Padre” a Toffol che “non hanno nulla da spartire con le orribili (anche se più economiche lamiere zincate). E concludiamo con le ultime due immagini, stesso autore e medesima raccolta. Maria Chizzolin Dell’Andrea ‘Maria Parona’, nella ‘stua de i Tromba’ a Toffol nel 1972: alle pareti in legno sono appese immagini sacre (non mancano mai un Crocifisso e le candele benedette nel giorno della Candelora), quadri di familiari, i ricordi di parenti e compaesani deceduti. Il ‘fornél’ forniva calore per 24 ore. Per questo la ‘stua’ era al centro della casa, dove si lavorava (le donne filavano, facevano calza, ricamavano); nella ‘stua’ si pregava, si consumavano i pasti, ci si intratteneva chiacchierando o giocando a carte. Nella foto un particolare: il ‘fornél’ è dotato di un supporto in legno retrattile chiamato ‘pasèt’ che veniva estratto per appendervi il ‘laviéz’ con i ‘papazuói’ o la ‘menestra da orz’ preparati sul ‘larìn’ in cucina, ‘fuora inte ciesa’. Infine; la ‘kros de la kolm’ sulla ‘ciésa de ki de la kolm’ a Toffol dove: “Era usanza dei nostri avi porre in testa al travo del culmine del tetto una croce di ferro, la “kros de la kolm’. Un’usanza ladina cioè tipica della civiltà e della cultura della nostra gente. Un’usanza moto bella e ricchissima di significati”.
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