REDAZIONE In radio abbiamo conosciuto Bice Gallo molti anni fa, in una triste occasione. Erano i giorni in cui piangevamo Massimo, un giovane di Agordo che ha combattuto contro la fibrosi cistica. Un ragazzo buono, che ha lasciato un grande ricordo tra i suoi amici e un vuoto incolmabile nella sua famiglia. Bice ce lo ricordava ogni anno, quando puntualmente organizzava la raccolta fondi, per importanti progetti di ricerca, da Agordo alla valle del Biois e fin su nell’Alto Agordino. Ci teneva Bice, ad informare gli ascoltatori, a ribadire come poi quel denaro veniva investito nella ricerca. Con Bice se n’è andato un pezzo di storia, ma ha lasciato un’eredità importante. Chi ha conosciuto ed appoggiato le idee di Bice Gallo oggi si sta impegnando perché il suo sforzo decennale abbia un seguito. A guidare l’associazione oggi è Stefano Dal Paos che ha già messo in calendario i primi eventi per la raccolta primaverile in occasione della festa della mamma. Il fiore scelto per questa campagna è la dipladenia. Così verrà distribuita: SABATO 6 maggio a Santo Stefano di Cadore, Dosoledo, Agordo, Caviola, Falcade, Castion in Piazza I° Maggio (Alpini), Puos d’Alpago Piazza P. Luciani. DOMENICA 7 Maggio Parrocchie De Pol (Rivamonte, Tiser, Gosaldo, Frassenè e Voltago) Durante la settimana ci sarà la recapito porta a posta della “dipladenia” a Farra d’Alpago e Zoppè di Cadore
Un sogno veloce come la Ferrari, per un cambiamento lento come una bici in salita.
«Quando sono arrivata a Verona, 39 anni fa, erano i primi di luglio. Marco aveva sette anni. I bambini più grandi del reparto ne avevano dodici. “Almeno cinque anni li abbiamo davanti” ho pensato. Eravamo in mezzo a un tunnel in cui non si vedeva niente, noi genitori e anche i medici. Era tutto nebuloso. Vivevi giorno per giorno senza sapere quanto sarebbe vissuto tuo figlio. Degli otto bambini presenti la prima volta che siamo entrati in reparto, Marco è rimasto l’unico. Tutti gli altri sono morti nel giro di pochi anni.
In 40 anni sono stati fatti progressi impensabili. Ci sono stati decenni di disperazione e di lutti prima di arrivare qui. Abbiamo fatto da cavie per tutte le piccole innovazioni disponibili al momento e ogni minima conquista è stata festeggiata come una sorpresa. Le fèci per le analisi le raccoglievamo nei barattoli del caffè, su cui appiccicavano il nome del bambino e un numero. Ricordo la contentezza quando un signore regalò un congelatore per conservarle. Adesso si dà per scontato tutto, ma una volta non era così. Si pensi solo alla legge che ci ha concesso i medicinali gratuitamente. Noi spendevamo 150.000 lire al giorno per curare Marco. Il nebulizzatore ci costò due milioni e mezzo di lire quarant’anni fa. Per favore, smettete di lamentarvi. Non lamentatevi di niente.
Quando, nel 1989, venne scoperto il gene CFTR, chiesi al professor Mastella in quanto tempo si sarebbe giunti alla soluzione della fibrosi cistica. “Bice, voi andate con la Ferrari, ma noi ci spostiamo in bicicletta, con le ruote sgonfie e in salita” mi rispose. A fine anni Novanta, quando ci fu da scegliere come investire le nostre energie in campo associativo, scegliemmo la ricerca, la Fondazione e la prospettiva di una dimensione nazionale. “Tu vai avanti ché io ti vengo dietro” mi disse Dario Antoniazzi di Vicenza. Abbiamo continuato a spostare l’asticella. Oggi Marco ha 46 anni, prende 84-85 pastiglie al giorno, se sta bene, ma ne è valsa la pena, no?».
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